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Coronavirus

I dati

Istat: a marzo 2020 +49,4% decessi rispetto al 2019

Rapporto Istat sull'impatto dell'epidemia sulla mortalità, redatto insieme all'Istituto Superiore di Sanità. Bergamo (568%), Cremona (391%)

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Nel mese di marzo 2020 si registra in Italia il 49,4% di decessi in più rispetto al marzo 2019. E' quanto rivela il Rapporto Istat sull'impatto dell'epidemia sulla mortalità, redatto insieme all'Istituto Superiore di Sanità, su un campione di 6.866 comuni (87% dei 7.904 complessivi).

Considerando il mese di marzo, si legge nel report, si osserva a livello medio nazionale una crescita dei decessi per il complesso delle cause del 49,4%. Se si assume come riferimento il periodo che va dal primo decesso Covid-19 riportato al Sistema di Sorveglianza Integrata (20 febbraio) fino al 31 marzo, i decessi passano da 65.592 (media periodo 2015-2019) a 90.946 nel 2020.

L'eccesso dei decessi è di 25.354 unità, di questi il 54% è costituito dai morti diagnosticati Covid-19 (13.710).

A causa della forte concentrazione del fenomeno in alcune aree del Paese i dati riferiti a livello medio nazionale "appiattiscono" la dimensione dell'impatto della epidemia di Covid-19 sulla mortalità totale.

Da sottolineare, infatti, che la grande maggioranza dei decessi si registra nelle province definite a diffusione alta (89%), laddove è dell'8% nelle aree a diffusione media e del 3% in quelle a diffusione bassa.

Il 32% dei decessi totali ha coinvolto il genere femminile, questa proporzione resta invariata all'interno della classe definita a diffusione alta mentre è leggermente più elevata nelle altre due classi (34% per diffusione media, 35% per quella bassa).

Le "tre Italie"
Per leggere correttamente i dati sui casi positivi e sui decessi per il Covid bisognerebbe parlare di "tre Italie", in base alla diffusione del virus. Lo sottolinea l'Istat. "La diffusione geografica dell'epidemia di Covid-19 è eterogenea", si legge nel report.

"Nelle Regioni del Sud e nelle isole, la diffusione delle infezioni è stata molto contenuta, in quelle del Centro, è stata mediamente più elevata rispetto al Mezzogiorno mentre in quelle del Nord la circolazione del virus è stata molto elevata. Per valutare la diffusione all'interno delle Province ed eliminare l'eterogeneità dovuta alle diverse strutture per età delle corrispondenti popolazioni, sono stati calcolati i tassi standardizzati di incidenza cumulata al 31 marzo dei casi confermati positivi all'infezione. La distribuzione di questi tassi è stata divisa in tre classi: la prima, definita a diffusione" bassa", comprende le province con valori del tasso inferiore a 40 casi per 100mila residenti; la seconda, definita a diffusione "media", comprende le province con valori del tasso tra i 40 e i 100 casi ogni 100mila residenti; la terza classe, definita a diffusione "alta", include le province con valori superiori ai 100 casi ogni 100mila residenti".  

Sostanzialmente, tranne qualche "enclave", la divisione è abbastanza omogenea tra Nord (con una parte di Centro), Centro e Sud.

Nelle aree a media e in quelle a bassa incidenza il numero dei casi inizia ad aumentare dalla metà di marzo raggiungendo il picco, rispettivamente, tra il 24 e il 25 marzo 2020. "Per tali aree, dopo il raggiungimento del picco - sottolinea il rapporto - non si è assistito a una diminuzione costante, segno evidente che l'epidemia, anche se in maniera rallentata, è ancora corso. Va comunque sottolineato che la curva dei casi diagnosticati ha subito il rallentamento osservato soprattutto per le misure di "lockdown" intraprese prima in alcune aree del Nord e quindi su tutto il territorio nazionale dall'11 marzo".

La grande maggioranza dei decessi si registra nelle province definite a diffusione alta (89%), laddove è dell'8% nelle aree a diffusione media e del 3% in quelle a diffusione bassa. Il 32% dei decessi totali ha coinvolto il genere femminile, questa proporzione resta invariata all'interno della classe definita a diffusione alta mentre è leggermente più elevata nelle altre due classi (34% per diffusione media, 35% per quella bassa).

In 38 province la mortalità raddoppia
Il coronavirus ha colpito, e ucciso, in particolare in 38 province, 37 del Nord più Pesaro-Urbino. Il 91% dell'eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020, si legge nel report, si concentra nelle aree ad alta diffusione dell'epidemia: 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino.

Nell'insieme di queste province i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mese di marzo.

Se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, i decessi sono passati da  26.218 a 49.351 (+ 23.133 ); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 (12.156).

All'interno di questo raggruppamento le province più colpite dall'epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020 rispetto al marzo 2015-2019 a tre cifre:  Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).

Il centrosud: in alcune province addirittura meno morti
In diverse aree d'Italia, quelle meno colpite dal virus (in larga prevalenza al Centrosud) nel marzo 2020 si registrano addirittura meno morti rispetto alla media degli anni scorsi: nel complesso, si legge nel report Istat/Iss sull'impatto del Covid-19 sulla mortalità, nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell'1,8% alla media del quinquennio precedente.

A spiccare è il dato di Roma, che a marzo fa segnare un -9,4% rispetto alla mortalità media degli ultimi 5 anni: 3.757 morti quest'anno, 4.121 in media. Giù anche Napoli, che registra un -0,9% di mortalità.