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ECONOMIA

I dati del terzo trimestre 2016

Istat: in calo al 40,8% pressione fiscale, peggiora rapporto debito-Pil, famiglie risparmiano meno

+1,8% potere acquisto famiglie 3/o trimestre. Deficit terzo trimestre a 2,1%

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La pressione fiscale nel terzo trimestre del 2016 è stata pari al 40,8%, segnando una riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Lo rileva l'Istat.

Deficit terzo trimestre a 2,1%
Il rapporto tra il deficit e il Pil nel terzo trimestre è stato pari al 2,1%, in lieve peggioramento (+0,1 punti percentuali) rispetto allo stesso trimestre del 2015. Lo rileva l'Istat nei contri trimestrali delle amministrazioni pubbliche. Guardando il dato cumulato dei primi tre trimestri, l'indebitamento netto si è attestato al 2,3% del Pil, in calo a confronto con lo stesso periodo dell'anno precedente (era al 2,6%).

+1,8% potere acquisto famiglie 3/o trimestre
Il potere d'acquisto delle famiglie, ovvero il reddito reale, è aumentato nel terzo trimestre 2016 dello 0,1% sul trimestre precedente e dell'1,8% su base annua. L'Istat registra in termini tendenziali un aumento dell'1,9% del reddito disponibile delle famiglie. Il reddito disponibile rispetto al trimestre precedente, è aumentato dello 0,2% mentre i consumi sono cresciuti dello 0,3%.

Fermi profitti società
La quota di profitto delle società non finanziarie,pari al 41,7%, è risultata invariata rispetto al trimestre precedente. Il tasso di investimento, pari al 19,4%, è aumentato di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Gli investimenti fissi lordi hanno segnato una crescita del 2,2% in termini congiunturali e del 3,8% in termini tendenziali.

Su consumi, lieve calo propensione risparmio a 9,3%
La propensione al risparmio delle famiglie si attesta al 9,3% nel terzo trimestre 2016, in lieve calo (-0,1%) rispetto al trimestre precedente. L'Istat registra un aumento dello 0,6% rispetto allo stesso trimestre del 2015. La lievissima flessione congiunturale della propensione al risparmio rispetto al trimestre precedente, osserva l'istituto di statistica, deriva da una crescita dei consumi finali di poco superiore a quella del reddito disponibile delle famiglie consumatrici (rispettivamente 0,3% e 0,2%).