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POLITICA

Il documento

Jobs Act, la minoranza dem: "L'impianto del provvedimento rimane non convincente"

Tra i firmatari Bindi, Bray, Cuperlo e Fassina. Non c'è Pippo Civati che rimane in Aula e vota 'no'

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Gianni Cuperlo
Partito Democratico forse non spaccato ma certamente diviso sul Jobs Act. Su un ‘blocco’ di 307 deputati sono circa 40 quelli che non hanno votato la riforma. Tra questi, 4 civatiani, Pippo Civati compreso, che al momento del voto sono rimasti in Aula votando contro, in 2, e astenendosi, altri 2.
 
A loro, oltre alle assenza ‘naturali’ che sarebbero 6 (Marco Di Stefano, Francantonio Genovese, Simonetta Rubinato, Rosa Villecco Calipari, Francesca La Marca, Enrico Letta), vanno aggiunti i 29 firmatari di un documento sottoscritto pochi minuti del voto in cui si spiegano le ragioni del dissenso: nonostante le modifiche apportate alla Camera, spiegano, l'impianto della delega sul lavoro, viene spiegato, non è soddisfacente. Tra i firmatari figurano Cuperlo, Bindi, Boccia, Zoggia, D'Attorre.
 
Il documento: “Perché non votiamo il Jobs act”
"L'impianto complessivo del provvedimento rimane non convincente e riteniamo non ci siano le condizioni per un nostro voto favorevole e non parteciperemo al voto finale sul provvedimento". Comincia così il documento firmato dai 29, che spiegano: "Abbiamo apprezzato l'impegno della Commissione lavoro della Camera e riconosciuto i passi avanti compiuti su singole norme", ma l'impianto della delega "resta non convincente".
 
"Si cancella la possibilità del reintegro per chi viene licenziato senza giustificato motivo mentre si prevede un canale per specifiche e ancora indefinite, fattispecie di violazioni disciplinari", spiegano.
 
"Una soluzione che penalizza i nuovi assunti, in una logica dove la mancanza a una scadenza certa, dopo ad esempio tre anni, di una tutela piena è in contraddizione con il concetto stesso di 'tutela crescente'".
 
"Ci preoccupa il cedimento culturale dall'idea che la libertà di impresa coincida con i vincoli da abolire per consentire finalmente il 'diritto di licenziare'".
 
E ancora: incertezza del contenuto dei decreti attuativi , è la denuncia, mentre è generica e senza risorse la parte che dovrebbe allargare diritti e tutele. Alla riforma delle politiche attive e passive per il lavoro, l'avvio degli ammortizzatori sociali per gli 'esclusi', "cardine del provvedimento, si dedicano solo 200 milioni di euro di fronte alla promessa dote iniziale di 1,5 miliardi per il 2015”.
 
I firmatari
Agostini, Albini, Argentin, Bindi, Bray, Boccia, Carra, Capodicasa, Cenni, Cimbro, Cuperlo, D'Attorre, Farina, Fassina, Fontanelli, Fossati, Galli, Gregori, Iacono, Laforgia, Malisani, Miotto, Marzano, Mognato, Pollastrini, Rocchi, Terrosi, Zappulla, Zoggia.