SALUTE
L'editing genetico e i bambini geneticamente modificati
Si chiama CRISPR/cas 9 la tecnica per modificare il codice genetico dell'embrione: una stringa di RNA capace di "tagliare" la doppia elica del DNA anche umano in un punto prestabilito, ed eliminare ( o aggiungere) geni. Una tecnica molto semplice e non costosa, a portata di tutti i laboratori, che aveva spinto un gruppo di premi Nobel a chiedere pubblicamente una moratoria e comunque un codice internazionale nella sua applicazione, per evitare l'eugenetica, ovvero la creazione in laboratorio di esseri umani manipolati capaci di trasmettere caratteristiche alla loro discendenza. Una rivista scientifica, Protein and Cell, ha pubblicato gli esperimenti fatti in 5 laboratori cinesi su embrioni di scarto (erano stati fecondati da due spermatozoi contemporaneamente): lo scopo era eliminare il gene che provoca la beta talassemia, una malattia genetica. Il risultato è stato fallimentare (al momento) perchè il bisturi chimico ha tagliato anche altre zone di Dna compromettendo altre funzioni del patrimonio genetico. Ne ha dato notizia Nature, evitando però di pubblicare la ricerca. Si è dimostrato che il cosiddetto editing genetico si può fare, anche sugli esseri umani. Ecco l'opinione del genetista Giuseppe Novelli, Rettore dell'università di Tor Vergata a Roma

Un gruppo di ricercatori e di bioeticisti ha recentemente aperto un dibattito sulla modificazione di geni umani e sulle conseguenze di questi interventi sull’essere umano e sulle nuove generazioni.
Il dibattito è scaturito dalla disponibilità oggi di tecnologie innovative per manipolare geni umani (editing genetico o correzione genica) e quindi hanno chiesto nel loro articolo una moratoria per riflettere ancora sulla tecnica e sulle sue conseguenze in modo simile a quanto già fatto agli albori della tecnologia del DNA ricombinante verso la metà degli anni 70’ (conferenza di Asilomar).
Il genetic editing o gene targeting è una tecnica di terapia genica in cui una specifica sequenza del DNA cellulare, definita “target”, è direttamente modificata. L’evento di modificazione si ottiene sostanzialmente introducendo all’interno delle cellule una sequenza esogena di DNA, in grado di riconoscere in maniera specifica la sequenza target e apportare una specifica conversione. Il segmento di DNA esogeno ha una sequenza omologa alla sequenza bersaglio e differisce solo per l’alterazione genica (inserzione, delezione, sostituzione) da “introdurre” o da “correggere”.
Lo scambio tra la sequenza genomica bersaglio e il “costrutto” targeting è stato dimostrato avvenire tramite meccanismi di ricombinazione omologa cellulare (scambio di frammenti di DNA). Questa tecnica inizialmente applicata per la manipolazione e costruzione di topi transgenici, è stata in seguito adattata per protocolli di terapia genica di malattie ereditarie, quindi per ristabilire un “fenotipo selvatico”, alterato in seguito alla presenza di un gene difettoso. In questo modo si fornisce alle cellule l’esatta informazione genica, ristabilendo la normale struttura e il corretto funzionamento della proteina nelle cellule mutate.
I vantaggi del gene targeting in protocolli di terapia genica sono diversi. La correzione del difetto genico avviene in modo specifico al locus genomico difettoso, quindi può essere applicato sia nella cura di tutte le malattie genetiche, indipendentemente dalle dimensioni del gene. La correzione è permanente, e permette di conservare l’integrità del gene, cioè mantiene invariate gli “interruttori” del gene stesso lasciando perciò inalterati i meccanismi di regolazione.
La preoccupazione consiste nel fatto che queste tecniche certamente più semplici da quelle fino ad oggi utilizzate, consentirebbero la correzione del DNA anche nelle cellule embrionali o nelle cellule uovo e quindi dare origine a neonati geneticamente modificati soprattutto in Paesi dove i controlli e le autorizzazioni per esperimenti di ingegneria genetica sono facili da superare.
La tecnologia del gene editing è stata con successo utilizzata su numerosi modelli animali e su modelli sperimentali di scimmia e più recentemente su cellule staminali embrionali e gameti come lo spermatozoo e l’ovocita. Proprio questi ultimi esperimenti hanno suscitato i timori segnalati dai ricercatori autori della richiesta di moratoria.
Numerosi altri ricercatori invece suggeriscono di andare avanti sebbene con le dovute cautele nell’interesse dei circa venti milioni di pazienti affetti da malattie rare nella sola Europa che potrebbero guarire definitivamente sottoponendosi alla tecnica del gene editing.
Queste discussioni potrebbero conciliarsi limitando l’applicazione del gene editing solo alla terapia delle cellule somatiche (cioè sulle cellule dei pazienti affetti da malattie genetiche) e non alle cellule germinali (spermatozoi o ovociti) oppure alle cellule embrionali e quindi a embrioni potenziali.
A mio parere, una possibile applicazione del gene editing accettata eticamente è quella della terapia cellulare in utero. La diagnosi prenatale precoce, ha permesso, infatti, negli ultimi anni di diagnosticare patologie in utero dalle prime settimane di vita. E’ oggi possibile prelevare le cellule malate dei feti, correggerle in provetta con il gene editing e quindi trasferirle nuovamente al feto che potrà nascere sano con enormi vantaggi rispetto all’impiego di queste tecnologie dopo la nascita o durante la vita adulta.
Nel loro editoriale, i ricercatori suggeriscono discussioni aperte su questi temi attraverso conferenze e forum di specialisti e chiedono nel frattempo di astenersi dal fare esperimenti su embrioni che potrebbero portare alla nascita di bambini geneticamente modificati.
Giuseppe Novelli
Università di Roma Tor Vergata
Il dibattito è scaturito dalla disponibilità oggi di tecnologie innovative per manipolare geni umani (editing genetico o correzione genica) e quindi hanno chiesto nel loro articolo una moratoria per riflettere ancora sulla tecnica e sulle sue conseguenze in modo simile a quanto già fatto agli albori della tecnologia del DNA ricombinante verso la metà degli anni 70’ (conferenza di Asilomar).
Il genetic editing o gene targeting è una tecnica di terapia genica in cui una specifica sequenza del DNA cellulare, definita “target”, è direttamente modificata. L’evento di modificazione si ottiene sostanzialmente introducendo all’interno delle cellule una sequenza esogena di DNA, in grado di riconoscere in maniera specifica la sequenza target e apportare una specifica conversione. Il segmento di DNA esogeno ha una sequenza omologa alla sequenza bersaglio e differisce solo per l’alterazione genica (inserzione, delezione, sostituzione) da “introdurre” o da “correggere”.
Lo scambio tra la sequenza genomica bersaglio e il “costrutto” targeting è stato dimostrato avvenire tramite meccanismi di ricombinazione omologa cellulare (scambio di frammenti di DNA). Questa tecnica inizialmente applicata per la manipolazione e costruzione di topi transgenici, è stata in seguito adattata per protocolli di terapia genica di malattie ereditarie, quindi per ristabilire un “fenotipo selvatico”, alterato in seguito alla presenza di un gene difettoso. In questo modo si fornisce alle cellule l’esatta informazione genica, ristabilendo la normale struttura e il corretto funzionamento della proteina nelle cellule mutate.
I vantaggi del gene targeting in protocolli di terapia genica sono diversi. La correzione del difetto genico avviene in modo specifico al locus genomico difettoso, quindi può essere applicato sia nella cura di tutte le malattie genetiche, indipendentemente dalle dimensioni del gene. La correzione è permanente, e permette di conservare l’integrità del gene, cioè mantiene invariate gli “interruttori” del gene stesso lasciando perciò inalterati i meccanismi di regolazione.
La preoccupazione consiste nel fatto che queste tecniche certamente più semplici da quelle fino ad oggi utilizzate, consentirebbero la correzione del DNA anche nelle cellule embrionali o nelle cellule uovo e quindi dare origine a neonati geneticamente modificati soprattutto in Paesi dove i controlli e le autorizzazioni per esperimenti di ingegneria genetica sono facili da superare.
La tecnologia del gene editing è stata con successo utilizzata su numerosi modelli animali e su modelli sperimentali di scimmia e più recentemente su cellule staminali embrionali e gameti come lo spermatozoo e l’ovocita. Proprio questi ultimi esperimenti hanno suscitato i timori segnalati dai ricercatori autori della richiesta di moratoria.
Numerosi altri ricercatori invece suggeriscono di andare avanti sebbene con le dovute cautele nell’interesse dei circa venti milioni di pazienti affetti da malattie rare nella sola Europa che potrebbero guarire definitivamente sottoponendosi alla tecnica del gene editing.
Queste discussioni potrebbero conciliarsi limitando l’applicazione del gene editing solo alla terapia delle cellule somatiche (cioè sulle cellule dei pazienti affetti da malattie genetiche) e non alle cellule germinali (spermatozoi o ovociti) oppure alle cellule embrionali e quindi a embrioni potenziali.
A mio parere, una possibile applicazione del gene editing accettata eticamente è quella della terapia cellulare in utero. La diagnosi prenatale precoce, ha permesso, infatti, negli ultimi anni di diagnosticare patologie in utero dalle prime settimane di vita. E’ oggi possibile prelevare le cellule malate dei feti, correggerle in provetta con il gene editing e quindi trasferirle nuovamente al feto che potrà nascere sano con enormi vantaggi rispetto all’impiego di queste tecnologie dopo la nascita o durante la vita adulta.
Nel loro editoriale, i ricercatori suggeriscono discussioni aperte su questi temi attraverso conferenze e forum di specialisti e chiedono nel frattempo di astenersi dal fare esperimenti su embrioni che potrebbero portare alla nascita di bambini geneticamente modificati.
Giuseppe Novelli
Università di Roma Tor Vergata