MONDO
La Corea del Sud abolisce la legge che punisce l'infedeltà coniugale
Promulgata nel 1953, prevedeva fino a due anni di carcere per i "traditori". Sorprendente la prima reazione alla notizia

La Corte Costituzionale della Corea del Sud, con sette voti a favore e due contrari, ha abolito la legge che puniva l'infedeltà coniugale con pene fino a due anni di reclusione.
La legge risaliva al 1953 ed aveva lo essenzialmente lo scopo di tutelare legalmente le donne, all’epoca economicamente dipendenti dal marito, che non avevano i mezzi per divorziare dallo sposo adultero. All'epoca la legge fu immaginata anche come un deterrente contro i divorzi. Grazie a quella norma, infatti, la donna vittima di infedeltà coniugale, poteva far rinchiudere il marito in carcere per ben due anni. Dal 1985 (primo anno di registrazione elettronica dei casi dell’infedeltà coniugale finiti in tribunale) in base a questa legge sono stati processati 53 mila sudcoreani, 35 mila dei quali condannati al carcere. L’anno scorso sotto processo sono finite 892 persone, ma nessuno è andato in prigione.
Finora la Corea del Sud era uno dei pochissimi stati non-musulmani in cui l’adulterio era considerato un crimine contro la persona. Nella Regione dell’Asia e del Pacifico soltanto Taiwan e le Filippine hanno una legislazione simile. Negli Stati Uniti 20 stati prevedono come opzione (procedimento civile o penale a scelta della parte lesa) anche la reclusione, ma l’applicazione di queste leggi sono rarissime. L'attuale è stato il quinto tentativo dal 1989 di abolire la legge: l'ultima volta è stato nel 2008, quando la motivazione con cui la Corte costituzionale la lasciò in vigore fu che la norma era importante “per la percezione legale che l’adulterio danneggia l’ordine sociale della società e viola i diritti di altre persone”.
Subito dopo l’abolizione della legge, la quotazione in borsa del più grande produttore nazionale di preservativi è salita del 15%.
La legge risaliva al 1953 ed aveva lo essenzialmente lo scopo di tutelare legalmente le donne, all’epoca economicamente dipendenti dal marito, che non avevano i mezzi per divorziare dallo sposo adultero. All'epoca la legge fu immaginata anche come un deterrente contro i divorzi. Grazie a quella norma, infatti, la donna vittima di infedeltà coniugale, poteva far rinchiudere il marito in carcere per ben due anni. Dal 1985 (primo anno di registrazione elettronica dei casi dell’infedeltà coniugale finiti in tribunale) in base a questa legge sono stati processati 53 mila sudcoreani, 35 mila dei quali condannati al carcere. L’anno scorso sotto processo sono finite 892 persone, ma nessuno è andato in prigione.
Finora la Corea del Sud era uno dei pochissimi stati non-musulmani in cui l’adulterio era considerato un crimine contro la persona. Nella Regione dell’Asia e del Pacifico soltanto Taiwan e le Filippine hanno una legislazione simile. Negli Stati Uniti 20 stati prevedono come opzione (procedimento civile o penale a scelta della parte lesa) anche la reclusione, ma l’applicazione di queste leggi sono rarissime. L'attuale è stato il quinto tentativo dal 1989 di abolire la legge: l'ultima volta è stato nel 2008, quando la motivazione con cui la Corte costituzionale la lasciò in vigore fu che la norma era importante “per la percezione legale che l’adulterio danneggia l’ordine sociale della società e viola i diritti di altre persone”.
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