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ITALIA

Unione africana

La Guerra dell'acqua, svolta nelle trattative

Egitto, Etiopia e Sudan cercano un accordo sulla diga etiope 

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di Leonardo Sgura
C’è una svolta nello scontro tra Etiopia, Egitto e Sudan per il controllo dell’acqua del Nilo.

Un vertice organizzato con la mediazione del presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, ha convinto i contendenti a deporre i toni bellicosi per avviare una trattativa che permetta ad Addis Abeba di attivare la sua nuova centrale idroelettrica senza compromettere il fabbisogno idrico di egiziani e sudanesi.

Riuniti in teleconferenza, Abdullah Al Hamdouk, Primo Ministro del Sudan, Abiy Ahmed, primo Ministro dell'Etiopia e il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, hanno concordato che a trovare la soluzione sarà un comitato tecnico formato da fiduciari dei tre governi, delegati di Nazioni Unite e Unione Africana, nonchè giuristi esperti della materia. Nel frattempo, l’Etiopia si sarebbe impegnata a congelare il piano che prevedeva di interrompere già a luglio il flusso del Nilo Azzurro per riempire la Diga del Rinascimento, opera da cinque miliardi di dollari che, una volta a regime, alimenterà la più grande centrale idroelettrica del continente.
 
E’ l’ultimo tentativo, questa volta tutto africano, per concludere pacificamente una trattativa che si trascina ormai da nove anni senza risultati: neppure l’intervento degli Stati Uniti, che vantano buoni rapporti con tutti i paesi coinvolti, è riuscito a trovare un punto di equilibrio. L’ultimo accordo, raggiunto proprio a Washington, è stato poi ritrattato dall’Etiopia che adesso rivendica la totale sovranità sul Nilo Azzurro e denuncia i patti “truffaldini” con cui fu “ingiustamente” espropriata di questo diritto durante il periodo coloniale.
 
Oggi però la Diga del Rinascimento è un’opera praticamente finita, non c’è più spazio per le parole. Nelle ultime settimane, mentre l’Etiopia confermava di voler avviare subito il riempimento del bacino, Egitto e Sudan hanno alzato i toni, fino a sollevare la crisi dinanzi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, minacciando azioni “di qualunque tipo” per difendere il loro “diritto” all’acqua del Nilo.
 
 
Il vero nodo della contesa non è la diga in sé, ma i tempi con cui l’Etiopia dovrebbe riempirla per la prima volta. Addis Abeba vuole farlo in 4, massimo 7 anni.  L’Egitto e il Sudan si oppongono, sostenendo che in questo modo intere popolazioni patirebbero una crisi insostenibile, e chiedono che l’operazione duri almeno 11 anni. Tempo che Addis Abeba non intende aspettare, perché vuole rilanciare la propria economia proprio utilizzando l’energia elettrica prodotta dalla nuova struttura.
 
La Gerd, Grand Ethiopian Renaissance Dam, ha bisogno di 74 miliardi di metri cubi di acqua per iniziare a funzionare. Ma Egitto e Sudan prelevano dal fiume annualmente 80 miliardi di metri cubi e affermano di non poter rinunciare a più di 7 miliardi di metri cubi all’anno.
 
Il Nilo riceve l’84% dell’acqua e il 96% del Limo proprio dal Nilo Azzurro.

Fornisce a 100 milioni di egiziani il 90% del fabbisogno idrico, in particolare alle aziende agricole del delta, che valgono il 15% del pil. E rappresenta una risorsa cruciale anche per il Sudan, che rischia conseguenze catastrofiche per l’agricoltura e la zoootecnia, già messe in ginocchio da una gravissima siccità.