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SALUTE

Lorenzo Marone, scrittore

La felicità ci sfugge, se non dipende da noi

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Napoli
Il suo ultimo libro edito da Longanesi si titola “La tentazione di essere felici”: perché è così seducente, da tutti fortemente voluta eppure tanto sfuggente, la felicità?
Può essere sfuggente se la leghiamo a qualcosa che non dipende da noi, tipo un obiettivo da perseguire. Perché poi, raggiunto lo scopo, è facile farsi prendere la mano e spostare l'obiettivo sempre un po' più in là. Il classico modo per essere infelici. Io credo che tendere alla felicità, invece, significhi cercare di essere il più possibile in sintonia con i propri bisogni reali, con l'Io più profondo. Si è felici quando si mette se stessi al centro della propria vita, della quotidianità, quando si inseguono le passioni, quelle vere. Bisogna imparare ad amarsi e a essere un po' egoisti, nel senso buono del termine.

Lei racconta le avventure condominiali di un vedovo settantenne: nel suo ultimo libro è lui, che è tentato dalla felicità. C’è secondo lei una età, per essere felici? E, realisticamente, la vecchiaia con tutti gli acciacchi fisici e per molte persone anche economici, offre la possibilità di restare felici?
Ogni età ha la sua felicità. Ciò che ci rende felici a venti anni non avrà la forza di farlo a quaranta. La felicità cambia e si modella insieme con noi, col passare del tempo. Nella terza età immagino che la felicità sia il poter dire: "Ho fatto quel che potevo, quel che era nelle mie corde". Durante tutta la vita siamo percorsi da una specie di fiamma che ci spinge a migliorarci di continuo, a spostare l'ostacolo sempre più in là appunto, per cercare di ottenere l'ammirazione degli altri, per essere accettati dal mondo. Tutto questo genera ansia e ci allontana da noi stessi. A un certa età, invece, ti liberi di tutto questo e puoi, almeno immagino, vivere un po' più "leggero".

Che cos’è invece la Grande Felicità? Esiste? E dove si trova?
Non ho la presunzione di spiegare cosa sia la felicità, però credo di non sbagliare nel dire che abbia a che fare più col termine "piccolo" che "grande". La felicità è un'emozione che si brucia in poco tempo, una spruzzata di profumo che evapora in fretta, eppure ti resta appiccicata addosso. Basti pensare alla pelle d'oca: in un attimo ti riempi di piccoli rilievi, e l'istante dopo è già tutto svanito. La felicità, sembrerà banale, è nelle piccole grandi cose quotidiane che ci circondano, nella bellezza che ci avvolge ogni giorno e che neanche notiamo.

Lei faceva l’avvocato, poi ha deciso di fare del suo hobby il suo lavoro principale: anche lei è stato tentato dalla felicità?
Pur avendo fatto molti sbagli, sono sempre stato mosso da una grande spinta interiore che, a mia insaputa, faceva di tutto per emergere e "obbligarmi" a spendere le energie in modo migliore, così da inseguire quello che davvero serviva a farmi stare bene. Dentro di noi esiste una forza nascosta che ogni volta tende a rimetterci in equilibrio. Bisogna solo prestare ascolto e affidarsi a lei.

Lei vive in una città, Napoli, che della gioia, del sole, del mandolino ha fatto una iconografia. Ma quanta felicità c’è nei bassi, nella disoccupazione, nella difficoltà del quotidiano, della sua città?
Non credo Napoli sia una città felice, è una città, semmai, che ha imparato a convivere con le difficoltà e che, come dice Cesare Annunziata, "rispetta il dolore altrui perché sa bene di cosa si parla." Se crediamo che il dolore aiuti a guardare il mondo con occhi diversi, allora Napoli ha uno sguardo più profondo rispetto a tante altre realtà. La sofferenza spesso plasma anime più meritevoli.