CULTURA
Mostra dedicata al grande poeta al Palazzo delle Esposizioni di Roma
La gente vera di Pasolini
Un legame forte di amore e di odio, quello che unisce Pier Paolo Pasolini a Roma

Un legame forte di amore e di odio, quello che unisce Pier Paolo Pasolini a Roma, nato da subito quando nel 1950, accompagnato da sua madre, scende dal treno lasciandosi alle spalle il Friuli e una vicenda amara che lo aveva coinvolto per la sua omosessualità.
La mostra “Pasolini Roma” dal 14 aprile al 20 luglio 2014 presso il Palazzo delle Esposizioni mette in evidenza il rapporto di amore e di odio del cineasta, artista, scrittore e uomo con la Roma delle periferie ma anche quella intellettuale che si sarebbe formata negli anni ‘60 con Moravia, Maraini, Morante e il gruppo degli scrittori romani.
“Povero fra i poveri” Pasolini non era lontano dalla gente del Mandrione, del Quarticciolo o di Testaccio dove si viveva in baracche, senza acqua, in estrema povertà e dove parlando il loro linguaggio sapeva tirare fuori l’anima vera del ladro, della prostituita, di quella gente emarginata che per Pasolini era la gente reale. Il suo sguardo lucido, privo di pregiudizi che è quello di “Ragazzi di vita” o di “Mamma Roma” è lo stesso che emerge lungo il percorso della mostra che segue un itinerario cronologico in cui si aprono come squarci documentari, interviste, raccolte fotografiche con in sottofondo la sua voce.
Ad accompagnarci per un breve tratto, Ninetto Davoli, uno di quei ragazzini che Pasolini incontrò nel 1963 e che insieme ai fratelli Sergio e Franco Citti lo hanno seguito in tanti film. “Nove ne ho fatti con Pier Paolo”, ci racconta Davoli, testa piena di capelli candidi e sorriso smagliante mentre alle nostre spalle vanno a parete le immagini di “Uccellacci e uccellini” con il grande Totò. Un rapporto speciale quello con il cineasta che cadde in depressione quando Davoli nel 1971 gli annunciò le sue nozze. Tracce di quel periodo sono nelle lettere che è possibile leggere negli spazi dedicati a quegli anni.
“Pasolini era un uomo affabile che sapeva parlare con semplicità a noi attori “non attori” perché venivamo per la maggior parte dalla strada. Sapeva raccontare la scena e ci lasciava tranquilli. Non c’era soggezione”.
Nel grande spazio centrale della mostra, troneggia una Millecento nera.
“La lunga strada di sabbia. Il cuore mi batte di gioia, di impazienza, di orgasmo. Solo con la mia Millecento e tutto il Sud davanti a me. L’avventura comincia”. Era il 1959, Pasolini fa il giornalista reporter per una rivista.
Alle pareti gli appunti ordinati, dattiloscritti e corretti a penna con una scrittura minuta. E poi le foto del film “Il Vangelo secondo Matteo “. Fra gli apostoli si scopre un Enzo Siciliano che interpreta Simone e un Alfonso Gatti che fa Andrea. E ancora il dietro alle quinte di ogni film che ha diretto. Ma Pasolini è anche l’uomo che dice la verità. Dalle pagine del Corriere della Sera, tuona contro stragi e governo. Trentadue sono i processi che dovrà affrontare, ma mai da solo. Dietro la comunità culturale che era stato capace di radunare. Pasolini è l’ intellettuale scomodo, non piace alla destra ma neanche alla sinistra, il PCI lo caccia nel ‘49, e non attira le simpatie degli studenti quando dopo gli scontri a Valle Giulia, si schiera dalla parte dei poliziotti, padri di famiglia. E’ l’uomo lungimirante che vede oltre e che critica il potere e scrive: “Io so chi è l’autore delle stragi”, riferendosi al periodo nero della nostra storia da Piazza Fontana , all’Italicus fino a piazzale della Loggia. Non ama la televisione e lo dice e la diserta.
“A Pasolini –dice Davoli – la mostra sarebbe piaciuta ma se fosse stato vivo non sarebbe rimasto a Roma. Negli anni ’70 era già cambiata questa città:
progettavamo di andare a vivere in Marocco. Gli piaceva quella gente, gli ricordava quella della Roma anni ‘60”.
La mostra è l’ultima curata da Gianni Borgna, ed è anche un omaggio alla sua vita dedicata interamente alla cultura. Questa iniziativa ha avuto la collaborazione del Centre de Cultura contemporanea di Barcellona e della Cinématèque Parigi dove ha già avuto un grande successo Dopo Roma, sarà esposta a Berlino dall’11 settembre 2014 al 5 gennaio 2015.
La mostra “Pasolini Roma” dal 14 aprile al 20 luglio 2014 presso il Palazzo delle Esposizioni mette in evidenza il rapporto di amore e di odio del cineasta, artista, scrittore e uomo con la Roma delle periferie ma anche quella intellettuale che si sarebbe formata negli anni ‘60 con Moravia, Maraini, Morante e il gruppo degli scrittori romani.
“Povero fra i poveri” Pasolini non era lontano dalla gente del Mandrione, del Quarticciolo o di Testaccio dove si viveva in baracche, senza acqua, in estrema povertà e dove parlando il loro linguaggio sapeva tirare fuori l’anima vera del ladro, della prostituita, di quella gente emarginata che per Pasolini era la gente reale. Il suo sguardo lucido, privo di pregiudizi che è quello di “Ragazzi di vita” o di “Mamma Roma” è lo stesso che emerge lungo il percorso della mostra che segue un itinerario cronologico in cui si aprono come squarci documentari, interviste, raccolte fotografiche con in sottofondo la sua voce.
Ad accompagnarci per un breve tratto, Ninetto Davoli, uno di quei ragazzini che Pasolini incontrò nel 1963 e che insieme ai fratelli Sergio e Franco Citti lo hanno seguito in tanti film. “Nove ne ho fatti con Pier Paolo”, ci racconta Davoli, testa piena di capelli candidi e sorriso smagliante mentre alle nostre spalle vanno a parete le immagini di “Uccellacci e uccellini” con il grande Totò. Un rapporto speciale quello con il cineasta che cadde in depressione quando Davoli nel 1971 gli annunciò le sue nozze. Tracce di quel periodo sono nelle lettere che è possibile leggere negli spazi dedicati a quegli anni.
“Pasolini era un uomo affabile che sapeva parlare con semplicità a noi attori “non attori” perché venivamo per la maggior parte dalla strada. Sapeva raccontare la scena e ci lasciava tranquilli. Non c’era soggezione”.
Nel grande spazio centrale della mostra, troneggia una Millecento nera.
“La lunga strada di sabbia. Il cuore mi batte di gioia, di impazienza, di orgasmo. Solo con la mia Millecento e tutto il Sud davanti a me. L’avventura comincia”. Era il 1959, Pasolini fa il giornalista reporter per una rivista.
Alle pareti gli appunti ordinati, dattiloscritti e corretti a penna con una scrittura minuta. E poi le foto del film “Il Vangelo secondo Matteo “. Fra gli apostoli si scopre un Enzo Siciliano che interpreta Simone e un Alfonso Gatti che fa Andrea. E ancora il dietro alle quinte di ogni film che ha diretto. Ma Pasolini è anche l’uomo che dice la verità. Dalle pagine del Corriere della Sera, tuona contro stragi e governo. Trentadue sono i processi che dovrà affrontare, ma mai da solo. Dietro la comunità culturale che era stato capace di radunare. Pasolini è l’ intellettuale scomodo, non piace alla destra ma neanche alla sinistra, il PCI lo caccia nel ‘49, e non attira le simpatie degli studenti quando dopo gli scontri a Valle Giulia, si schiera dalla parte dei poliziotti, padri di famiglia. E’ l’uomo lungimirante che vede oltre e che critica il potere e scrive: “Io so chi è l’autore delle stragi”, riferendosi al periodo nero della nostra storia da Piazza Fontana , all’Italicus fino a piazzale della Loggia. Non ama la televisione e lo dice e la diserta.
“A Pasolini –dice Davoli – la mostra sarebbe piaciuta ma se fosse stato vivo non sarebbe rimasto a Roma. Negli anni ’70 era già cambiata questa città:
progettavamo di andare a vivere in Marocco. Gli piaceva quella gente, gli ricordava quella della Roma anni ‘60”.
La mostra è l’ultima curata da Gianni Borgna, ed è anche un omaggio alla sua vita dedicata interamente alla cultura. Questa iniziativa ha avuto la collaborazione del Centre de Cultura contemporanea di Barcellona e della Cinématèque Parigi dove ha già avuto un grande successo Dopo Roma, sarà esposta a Berlino dall’11 settembre 2014 al 5 gennaio 2015.