Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/La-kaoya-pechinese-simbolo-di-una-Cina-nota-e-sconosciuta-f33f6e6e-850c-4e49-8549-79315ad4f0b4.html | rainews/live/ | true
FOOD

Tradizioni

La kaoya pechinese: simbolo di una Cina sconosciuta

La tradizionale ricetta dell'anatra laccata è in realtà un errore di traduzione. La scoperta della Cina a Expo passa anche per la cucina

Condividi
A occidente la kaoya è conosciuta con il nome di anatra laccata, perché la carne cotta nel forno si riveste di uno strato rosso fiammante. Ma se volessimo fare un complimento ad uno chef cinese dicendo che ha preparato un'ottima anatra, probabilemente si metterebbe a ridere. Perché la kaoya è sì ottima e fiammante, ma non è un anatra. E' un'oca arrosto.

E chissà che oggi ai festeggiamenti per il National Day della Cina qualcuno non sia caduto nell'inganno dell'anatra. Di certo l'errore di traduzione è sintomatico di un certo atteggiamento nei confronti del Dragone cinese, la cui cultura, fuori dall'Asia, è tanto nota quanto poco conosciuta. Innanzitutto a tavola. 

La cucina cinese da noi è per lo più ridotta a quattro o cinque piatti, tipici dei ristorantini tipici che pullulano nelle grandi città. Ma la storia millenaria della Cina registra un numero doppio di grandi centri culinari. Sono le famose (in patria) otto scuole di cucina, distribuite su tutto il territorio della Repubblica. 

Riconducono in unità la moltitudine di tradizioni, ricette, gusti locali delle 56 diverse etnie del paese. E così accanto alla kaoya, tipica di Pechino, troviamo la caratteristica pentola mongola, l'huoguo, una mescolanza di carni della steppa, maiale, agnello, pecora messe a cuocere su diversi strati per uniformare i tempi di cottura.

Ma la giornata del padiglione cinese va oltre alle eccellenze in cucina e investe il mondo della politica. In occasione dei festeggiamenti di oggi è intervenuto infatti il vice primo ministro Wang Yang che, affiancato dal ministro dell'Istruzione Stefania Giannini, ha espresso in un discorso il significato profondo che la Cina ha voluto dare alla propria partecipazioe all'esposizione universale: "Abbiamo il dovere - queste le parole del vice primo ministro - di proteggere il pianeta e di non chiedere troppo alla natura".

Il richiamo alla custodia della Terra non suona casuale nel giorno in cui, a poche centinaia di km di distanza, i rappresentanti del G7 si sono accordati per limitare l'innalzamento di temperatura del pianeta. Anche la Cina, che non fa parte del G7, vuole fare la sua parte nel quadro degli sforzi per migliorare la vivibilità sul nostro pianeta. "“Il mio Paese sta accelerando le riforme per rendere la nostra agricoltura più sostenibile" ha dichiarato ancora Wang Yang.

Ma perchè l'Occidente e l'Oriente possano incontrarsi nella costruzione di un mondo più armonioso è necessario per prima cosa che si riuniscano ad un tavolo e imparino a conoscersi. Un buon modo è senza dubbio farlo a tavola, come a Expo, e magari di fronte ad una kaoya rossa fimmante.