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ITALIA

Migranti

“La precarietà e l’insicurezza sono aumentate con il ‘decreto sicurezza’”. Intervista a Chiara Peri

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di Pierluigi Mele
Dopo la decisione del Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, a cui si è aggiunto, tra gli altri, il Sindaco di Napoli De Magistris, di non applicare nel suo Comune il cosiddetto “decreto sicurezza”, si è scatenato nel Paese una forte polemica sulla politica dell’immigrazione egemonizzata dal leader leghista Matteo Salvini. Molti sono i limiti della legge, e per alcuni esperti vi sono anche problemi di costituzionalità. Tanto che diversi Presidenti di Regione, di area di Centrosinistra, faranno ricorso alla Corte Costituzionale. Ma quali sono i limiti di questo provvedimento. Ne parliamo con Chiara Peri, responsabile della progettazione e dell'advocacy del Centro Astalli di Roma.

Lei fa parte di una importante struttura, il Centro Astalli legata alla Compagnia di Gesù, in prima linea sul fronte della immigrazione. Le chiedo, per iniziare, qual è “l’ideologia” che ispira la politica sull’immigrazione del ministro Salvini?
L’immigrazione è sempre di più nel nostro Paese materia di scontro ideologico e di costruzione di consenso e dissenso. Questo purtroppo ostacola l’attuazione di politiche organiche, funzionali e lungimiranti, che considerino gli effetti a medio e lungo termine di un fenomeno strutturale. L’immigrazione continua ad essere descritta e in una certa misura anche gestita come un’emergenza, a prescindere dai numeri reali. Come avviene per la sicurezza, molti provvedimenti  rispondono a una straordinarietà e urgenza percepita più che reale.

Veniamo al cosiddetto “decreto sicurezza” in questi giorni contestato da molti sindaci italiani e da alcuni governatori di regioni. Come sappiamo questo decreto cambia la politica nella gestione  dell’immigrazione. Fenomeno visto come problema di sicurezza, più che come problema di giustizia sociale e di opportunità di crescita. È questo il primo limite?
Abbinare immigrazione e sicurezza in un unico provvedimento costituisce certamente un messaggio forte: si tende a suggerire che le migrazioni costituiscano una novità, un’emergenza e un pericolo, focalizzando peraltro l’attenzione su un numero contenutissimo di migranti forzati (qualche decina di migliaia di persone che arrivano in Europa via mare), trascurando milioni di migranti che da decenni sono elemento costitutivo della società e dell’economia italiana.
 
Andiamo più a fondo, vediamo di cogliere altri elementi di criticità. Vi sono
articoli che sono in contrasto con la Costituzione. Quali, secondo lei, i più
rilevanti?
I possibili profili di contrasto sono diversi. Il più rilevante è l’abolizione della protezione umanitaria, che era uno strumento con cui poteva trovare attuazione concreta il diritto di asilo così come formulato nell’art.10, c.3 della Costituzione Italiana, cioè in una forma più ampia di quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra. Problematica rispetto al principio di non discriminazione è anche l’esclusione dei richiedenti asilo dall’iscrizione anagrafica, nonché il trattenimento – spropositato sia per lunghezza che per fattispecie di applicazione – dei richiedenti asilo ai meri fini di identificazione.

Oltre a questo vi sono gli elementi di criticità? Mi riferisco per esempio alla
lista dei Paesi sicuri”, oppure allo smantellamento del sistema SPRAR….

La nuova legge modifica il Testo Unico in molti importanti aspetti. Per brevità si potrebbe dire che molti cambiamenti sono volti a rendere più arduo l’;accesso alla protezione (si prevedono molti casi in cui una domanda di protezione internazionale può essere considerata di ufficio inammissibile, con meccanismi quasi automatici) e a rendere più lungo e arduo il processo di integrazione. In questo senso può essere letta l’esclusione dei richiedenti asilo dal sistema Sprar (con un drastico ridimensionamento del sistema stesso), ma anche l’allungamento dei tempi di esame delle domande di cittadinanza (che vanno a penalizzare non già i migranti
forzati di recente arrivo, ma i migranti che risiedono stabilmente sul territorio).

Uno degli effetti deleteri di queste norme è che nulla viene previsto in vista
dell’integrazione, insomma questo “decreto” vuole aumentare la “sicurezza”
in realtà aumenta la precarietà del migrante e l’insicurezza per i cittadini
italiani…. È così?

Come ho detto prima, non solo nulla è previsto per l’integrazione, ma la legge va
nella direzione di rimandare l’accesso alle misure di integrazione in un secondo
momento, dopo una fase di prima accoglienza in grandi strutture collettive o
addirittura in centri di trattenimento. Le nuove tipologia di permessi di soggiorno
che sostituiscono quello per motivi umanitari non prevedono, nella maggior parte
dei casi, la conversione in altra tipologia di titolo di soggiorno (per studio o per
lavoro), oppure pur prevedendola hanno una validità troppo breve perché sia
davvero realistico avviare un percorso in tal senso (massimo un anno). Inoltre il
percorso di conversione o rinnovo delle persone attualmente in possesso di
permesso di soggiorno per motivi umanitari è estremamente complesso e incerto.
Già da adesso la precarietà e l’insicurezza sono aumentate, molte persone hanno
già perso l’accesso ai servizi di accoglienza e la mancata iscrizione anagrafica non
permette alle amministrazioni locali di avere consapevolezza del numero e dei
bisogni di chi risiede sui territori.
Il forte ridimensionamento del sistema Sprar inoltre avrà delle importanti
ripercussioni sui territori che negli anni hanno sperimentato l’impatto positivo dei
progetti di accoglienza in termini di sviluppo, di ripopolamento e di creazione di
servizi e di posti di lavoro.

Trova legittima l’obiezione di coscienza a questa legge?
Per chi amministra un territorio si pone un conflitto di responsabilità, che è
certamente opportuno rappresentare nelle sedi competenti. Le audizioni fatte in
Parlamento, sia alla Camera che al Senato, in fase di conversione avevano fatto
emergere le criticità più evidenti (si veda in particolare i contributi in quella sede
dell’ANCI, ma anche dell’Istat e delle agenzie delle Nazioni Unite). Peccato che il
dibattito parlamentare sia stato sostanzialmente azzerato dalla doppia fiducia posta
sul provvedimento: è stata certamente un’occasione persa. Adesso resta la via dei
ricorsi, più lunga e accidentata.

Anche questa legge è figlia della logica del “muro” contro l’immigrazione..
Una logica perdente. Cosa fare concretamente per un cambio di
mentalità?

Le mistificazioni sull’immigrazione si contrastano solo attraverso l’esperienza diretta
delle persone. Chiunque abbia figli a scuola sa bene, senza che qualcuno debba
spiegarlo, che un bambino nato e cresciuto in Italia è italiano, a prescindere dal
rilascio di un passaporto. Vivere insieme, usare l’accoglienza dei migranti come
occasione per rendere i servizi più inclusivi per tutti i residenti, coltivare i luoghi e le
opportunità di esercitare una cittadinanza attiva sono tutte vie per costruire una
cultura meno estremista, meno provinciale, meno asfittica e strumentalizzabile.