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SALUTE

La prossima epidemia. La lezione dell'ebola

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Se c’è una cosa che la tragedia dell’ebola ci ha insegnato  è che dobbiamo prepararci ad eventuali epidemie future. Ci sono buone probabilità che nei prossimi venti anni si scatenino una o più pandemie, siano esse causate da agenti naturali o dal bioterrorismo. D’altronde anche il ventesimo secolo non ci ha risparmiato, basta pensare alla febbre spagnola del 1918.  L’ebola non è tra le malattie più letali, ce ne sono altre, i cui agenti patogeni si diffondono attraverso l’aria, senza nemmeno bisogno del contatto fisico. Ora che l’epidemia non è più sotto i riflettori rischiamo di lasciarci sfuggire l’occasione di imparare una lezione importante: come metterci al riparo da future pandemie. Potremmo paragonare la preparazione ad un’epidemia con la preparazione ad una guerra. La NATO ha delle unità pronte in caso di conflitto, che sanno a quali infrastrutture logistiche appoggiarsi, quali radio frequenze usare e che lingua parlare. Nel campo della prevenzione delle malattie infettive non esiste niente del genere. Dal momento che non c’erano protocolli globali da applicare, nel caso dell’ebola si è perso moltissimo tempo a cercare anche le risposte più semplici, se dovesse succedere di nuovo e se non saremo pronti le conseguenze potrebbero essere disastrose. Il problema non è questa o quell’altra istituzione, ma la mancanza di un’azione di concerto preferibilmente coordinata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le proposte che seguono potrebbero essere un punto di partenza. In primo luogo bisognerebbe rafforzare i sistemi sanitari nazionali, soprattutto quelli dei paesi indeboliti da anni di conflitti armati. Inoltre bisognerebbe attivare un meccanismo globale di monitoraggio delle malattie. Un altro punto fondamentale è il personale medico competente. Nel caso dell’ebola troppo a lungo si è fatto affidamento su semplici volontari, mentre sarebbe stato necessario avere medici debitamente formati. Ancora, sono di vitale importanza i trasporti, la possibilità di allestire ospedali da campo e la disponibilità immediata di attrezzature mediche e di farmaci. Anche la tecnologia può avere un ruolo importante con dei database aggiornati e dei modelli di calcolo matematici che permettano di prevedere l’andamento di una malattia. Infine, da un punto di vista più strettamente medico, bisognerebbe cominciare ad investire su vaccini polivalenti, o comunque che possano agire contro più agenti patogeni , il che implica anche la possibilità di poter prelevare e analizzare in modo rapido e accurato dei campioni di sangue.  Infine, non possiamo dimenticare il ruolo della comunità e delle istituzioni internazionali. Nel caso dell’ebola pochi paesi si sono mobilitati, Stati Uniti in testa, forse perché gli altri non avevano ben chiaro cosa fare. C’è bisogno di un coordinamento a livello mondiale, che potrebbe essere gestito dalle agenzie dell’ONU, perché un’epidemia potrebbe seriamente mettere in pericolo il futuro dell’umanità e la prevenzione e il monitoraggio sono gli unici strumenti che abbiamo per difenderci.

La notizia è apparsa su The New England Journal of Medicine.