ITALIA
Le prime reazioni alla sentenza sul caso Uva
La sorella di Giuseppe Uva, Lucia: "La giustizia è vergognosa". Sap: "Finita la gogna mediatica"
Non si arrende Lucia Uva: "Continueremo la nostra battaglia". Indignato il senatore Pd, Manconi: "Un processo condizionato da un'indagine condotta in maniera pedestre". Per Amnesty International Italia si è trattato "di una brutta pagina di storia giudiziaria". Soddisfatti invece il Sindacato autonomo di polizia e i partiti d'opposizione Forza Italia e Lega Nord

Prime reazioni a caldo subito dopo la lettura della sentenza emessa dalla corte d'assise di Varese che ha assolto i due carabinieri e i sei poliziotti dall'accusa di omicidio preterintenzionale nel processo per la morte di Giuseppe Uva. Determinata ed amareggiata la sorella di Uva, Lucia: "La giustizia è vergognosa", "Continueremo la nostra battaglia".
Ha espresso profonda insoddisfazione Amnesty International Italia. In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, che arriva quasi otto anni dopo i fatti, quel che rimane è un percorso giudiziario a dir poco tortuoso, caratterizzato da mancati approfondimenti in fase di indagine preliminare, lacune nelle ipotesi accusatorie tali da portare all'avocazione del caso e da una costante stigmatizzazione dei familiari di Uva. "Si tratta di una brutta pagina di storia giudiziaria - ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia - che richiama ancora una volta la necessità e l'urgenza di prevedere strumenti più adeguati di prevenzione e punizione delle morti in custodia".
Molto dura e articolata la critica espressa dal presidente della Commissione Bicamerale per i Diritti Umani e senatore Pd Luigi Manconi. "Un processo - ha detto - condizionato da un'indagine condotta in maniera pedestre, fino all'altro ieri, dal pubblico ministero Agostino Abate, si è concluso com'era fatale che si concludesse". Secondo il parlamentare "Abate ha dominato l'intera vicenda giudiziaria dal 2008 ad oggi con un comportamento del tutto simile a quello che lo ha portato a trattenere, per oltre 27 anni, il fascicolo relativo all'assassinio di Lidia Macchi, prima che gli venisse tolto di autorità. Per quest'ultimo comportamento Abate è stato infine trasferito. Per quello tenuto nei confronti della vicenda giudiziaria relativa alla morte di Giuseppe Uva è stato sottoposto a una incolpazione da parte della Procura generale presso la Cassazione, che tra l'altro gli attribuiva la violazione di diritti fondamentali della persona. Con queste premesse, - continua Manconi - con una conduzione dell'indagine oscillante tra improntitudine e negligenza gravissima, tra abusi e illegalità, la sorte del processo era in qualche misura segnata. Resta il fatto, incancellabile, che della morte di Giuseppe Uva, di cui è certa l'illegalità del fermo e del trattenimento per ore in una caserma dei carabinieri, non conosciamo una plausibile ricostruzione. Ora - conclude - la verità si fa ancora più lontana.
Di tenore opposto, invece, la dichiarazione del Sindacato autonomo di polizia (Sap): "Oggi finalmente è stata emessa dalla Corte d'Assise di Varese la sentenza sul caso Uva. Per sette anni le forze dell'ordine sono state sottoposte ingiustamente e vigliaccamente ad una gogna mediatica infinita, nonostante fosse scritto sulla roccia fin dalle prime battute che i colleghi della polizia e dei carabinieri fossero innocenti".
Anche l'opposizione parlamentare si è schierata dalla parte delle forze dell'ordine con il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri che ha affermato: "L'assoluzione dei carabinieri e dei poliziotti del caso Uva induca tutti a maggior rispetto di chi indossa una divisa. Basta criminalizzazioni".
Anche il segretario della Lega nord, Matteo Salvini, esprime soddisfazione per l'esito processuale: "Felice per assoluzione di poliziotti e carabinieri, troppo fango su chi indossa una divisa".
Ha espresso profonda insoddisfazione Amnesty International Italia. In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, che arriva quasi otto anni dopo i fatti, quel che rimane è un percorso giudiziario a dir poco tortuoso, caratterizzato da mancati approfondimenti in fase di indagine preliminare, lacune nelle ipotesi accusatorie tali da portare all'avocazione del caso e da una costante stigmatizzazione dei familiari di Uva. "Si tratta di una brutta pagina di storia giudiziaria - ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia - che richiama ancora una volta la necessità e l'urgenza di prevedere strumenti più adeguati di prevenzione e punizione delle morti in custodia".
Molto dura e articolata la critica espressa dal presidente della Commissione Bicamerale per i Diritti Umani e senatore Pd Luigi Manconi. "Un processo - ha detto - condizionato da un'indagine condotta in maniera pedestre, fino all'altro ieri, dal pubblico ministero Agostino Abate, si è concluso com'era fatale che si concludesse". Secondo il parlamentare "Abate ha dominato l'intera vicenda giudiziaria dal 2008 ad oggi con un comportamento del tutto simile a quello che lo ha portato a trattenere, per oltre 27 anni, il fascicolo relativo all'assassinio di Lidia Macchi, prima che gli venisse tolto di autorità. Per quest'ultimo comportamento Abate è stato infine trasferito. Per quello tenuto nei confronti della vicenda giudiziaria relativa alla morte di Giuseppe Uva è stato sottoposto a una incolpazione da parte della Procura generale presso la Cassazione, che tra l'altro gli attribuiva la violazione di diritti fondamentali della persona. Con queste premesse, - continua Manconi - con una conduzione dell'indagine oscillante tra improntitudine e negligenza gravissima, tra abusi e illegalità, la sorte del processo era in qualche misura segnata. Resta il fatto, incancellabile, che della morte di Giuseppe Uva, di cui è certa l'illegalità del fermo e del trattenimento per ore in una caserma dei carabinieri, non conosciamo una plausibile ricostruzione. Ora - conclude - la verità si fa ancora più lontana.
Di tenore opposto, invece, la dichiarazione del Sindacato autonomo di polizia (Sap): "Oggi finalmente è stata emessa dalla Corte d'Assise di Varese la sentenza sul caso Uva. Per sette anni le forze dell'ordine sono state sottoposte ingiustamente e vigliaccamente ad una gogna mediatica infinita, nonostante fosse scritto sulla roccia fin dalle prime battute che i colleghi della polizia e dei carabinieri fossero innocenti".
Anche l'opposizione parlamentare si è schierata dalla parte delle forze dell'ordine con il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri che ha affermato: "L'assoluzione dei carabinieri e dei poliziotti del caso Uva induca tutti a maggior rispetto di chi indossa una divisa. Basta criminalizzazioni".
Anche il segretario della Lega nord, Matteo Salvini, esprime soddisfazione per l'esito processuale: "Felice per assoluzione di poliziotti e carabinieri, troppo fango su chi indossa una divisa".