SALUTE
La testimonianza
La terapia dell'ape regina
Il racconto di Paolo Colonnello, giornalista, che su Facebook ha parlato della sua malattia, dell'umanità che ha incontrato nel centro oncologico, vite spezzate dal male, vite accompagnate alla guarigione con i farmaci e tanto amore di una infermiera molto particolare (ma non l'unica: grazie per quello che fanno centinaia di migliaia di professionisti mal pagati e sottoposti a forti stress per turni e contatto costante col dolore)

Oggi ho conosciuto ”la Madre regina”: una donna massiccia capace di sganassoni e languide carezze, probabilmente. La Madre Regina si chiama Roberta e regna sovrana nella mia stanza per circa 1500 euro al mese, dipende dagli straordinari e dai riposi saltati...È un'infermiera del reparto "rari e stravaganti", come lo chiamo io, una perla di anarchia in un luogo dove a ogni parte del corpo corrisponde una patologia e un reparto, un protocollo e una cura precisa: qui no, si sta sul vago.
I protocolli per i "rari e stravaganti" si devono inventare ad hoc e non sempre si seguono fino in fondo perché la bestia dove ti becca ti becca e lo può fare in milioni di modi: con cellule rotonde, esagonali, aggressive, tenui, informi. Può colpire i muscoli come il naso, il collo come la testa, la pancia come i polmoni. Se ne frega dei protocolli. E se ne frega anche di quello che hai fatto: hai fumato? E io ti prendo nella pancia. Hai bevuto come una spugna? E io ti prendo un seno nasale! Oppure l'osso di un polso, o magari l'orecchio. Non hai mai fumato? Male, ti prendo i polmoni e la gola...«Tumori rari e mesenchimali dell'adulto» c'è scritto all'ingresso. Ma non rende l'idea di questa simpatica canaglia che colpisce dove vuole e ci lascia tutti atterriti. Gli stravaganti, ovviamente, sono i pazienti ma anche i medici e il personale. I rari, sono i tumori. La definizione chiaramente è ben diversa e molto più scientifica, ma noi "sar-comici", come dice la parola, abbiamo il gusto del cazzeggio. E poi dopo un po', a furia di leggere che il tuo è un tumore "raro", finisci per sentirti una rarità. La Madre Regina comunque sa sempre come rimetterti a posto: «Siamo tutti rari, perché nessuno è uguale all'altro. Oh, va che io la so lunga perché in famiglia siamo tutti tumorati. Chi ti credi d'essere?».
Certo, non sempre finisce bene, ma fa parte del gioco che qui, incredibilmente, tutti accettano in silenzio e con una dose di umiltà che non ho mai visto altrove.
La Madre Regina si è autoproclamata così dopo il divorzio e i tre figli a carico che mi ha mostrato orgogliosissima: il più grande, un diciottenne, porta il 46 e mezzo di scarpe, e ho detto tutto. La Regina, ovviamente è un tipo tosto («so fare poche cose ma le so fare bene. Allora signor coso, ci diamo del tu o del lei?») ma ha una mano per le iniezioni e le operazioni, diciamo così, invasive, che nessuna al mondo. Mi ha accordato molta fiducia, spedendomi da solo a fare lastre ed elettrocardiogrammi in giro per l'ospedale. «Oh, va che se non torni attivo il bracciale con il microchip! Si scatena l'inferno!». Si difende con dei tatuaggi e un distacco professionale che durano di solito lo spazio di un minuto. Le sua mura cedono in fretta (succede a tutti qua dentro) e si apre con piacere. E allora sono foto dei tre figli maschi (il più piccolo ne ha 10 "e ha già il 38") e pensieri sulla vita e le sue lacerazioni: la separazione da un partenr, una brutta malattia (indovinate quale?). La Madre Regina mentre mi prova la pressione e dichiara che ho dei valori da mezza pippa, improvvisamente diventa seria: «lo vuoi vedere un libro fatto qua dentro?» Ma certo. Corre a prenderlo, è un libro fotografico e s'intitola «i live», io vivo, lo ha scritto e fotografato un ragazzo di 25 anni che aveva un tumore, ovviamente rarissimo. German Lissidini, era biondo e bellissimo e mi rendo conto che abitava nel mio quartiere, che frequentava il campo sportivo dei miei figli e le loro stesse scuole. Ha combattuto un anno e mezzo, poi non ce l'ha fatta.
Il suo libro è uscito postumo ed è un inno alla vita e all'allegria (difficile crederlo, eh?) che regna in questo posto: mi rendo conto, sfogliandolo, che ha fotografato gli stessi uomini e le donne che mi curano quotidianamente, con gli stessi sorrisi che conosco, la stessa umanitá: ci sono quasi tutti, medici, direttori e primari, fino ai semplici infermieri. La "Madre Regina" non c'è o forse è sfocata in una foto, in lontananza, ma si capisce che il ragazzo le era entrato nel cuore. «Io sono la Madre regina anche dei miei pazienti» mi dice mentre si asciuga una lacrima. Mi lascia tra le mani questo libro, prezioso come un talismano.
German è morto pochi mesi fa, non ci siamo mai incontrati. Era il tipo che mentre stava ricoverato era capace di ordinare una cena etnica da portare in ospedale, facendo bisboccia con pazienti e infermieri. Ma mi ha colpito una foto di un suo compagno di stanza che si è fatto riprendere al Giuriati mentre correva. Ve lo detto, qui regna l'anarchia: a volte vince la morte a volte trionfa la vita. Ma alla fine, come mi dice la Madre Regina e come scrive anche German nel suo commovente libro, in realtà la morte non vince mai. Qui vince solo la vita, anche se per pochi mesi, anche se per un istante. Perché non conta il tempo, conta la qualità, la pienezza, la profonditá. E conta la comprpensione della interdipendenza della nostra vita con quella degli altri. Conta la compassione o, come direbbe Papa Francesco, la Misericordia. E non c'è nemmeno un passato o un futuro c'è solo un presente-passato e un presente-futuro. Insomma c'è solo il presente, sulla stessa linea del tempo. Questo in verità è un luogo magico e bellissimo, dove si versa una lacrima e poi si sorride, dove si parla con gli occhi e la gentilezza è una religione. E tutti, davvero tutti, ci sentiamo guarire.
La Madre Regina mi strizza un occhio: «Fieü, l'è propri inscì, dái, per sti giorni farò la madre anche per te. Regina però, eh?». E ha dieci anni meno di me...
Ps: sono alla penultima chemioterapia, poi dovrei aver finito ed essere guarito. Mi dicono....
I protocolli per i "rari e stravaganti" si devono inventare ad hoc e non sempre si seguono fino in fondo perché la bestia dove ti becca ti becca e lo può fare in milioni di modi: con cellule rotonde, esagonali, aggressive, tenui, informi. Può colpire i muscoli come il naso, il collo come la testa, la pancia come i polmoni. Se ne frega dei protocolli. E se ne frega anche di quello che hai fatto: hai fumato? E io ti prendo nella pancia. Hai bevuto come una spugna? E io ti prendo un seno nasale! Oppure l'osso di un polso, o magari l'orecchio. Non hai mai fumato? Male, ti prendo i polmoni e la gola...«Tumori rari e mesenchimali dell'adulto» c'è scritto all'ingresso. Ma non rende l'idea di questa simpatica canaglia che colpisce dove vuole e ci lascia tutti atterriti. Gli stravaganti, ovviamente, sono i pazienti ma anche i medici e il personale. I rari, sono i tumori. La definizione chiaramente è ben diversa e molto più scientifica, ma noi "sar-comici", come dice la parola, abbiamo il gusto del cazzeggio. E poi dopo un po', a furia di leggere che il tuo è un tumore "raro", finisci per sentirti una rarità. La Madre Regina comunque sa sempre come rimetterti a posto: «Siamo tutti rari, perché nessuno è uguale all'altro. Oh, va che io la so lunga perché in famiglia siamo tutti tumorati. Chi ti credi d'essere?».
Certo, non sempre finisce bene, ma fa parte del gioco che qui, incredibilmente, tutti accettano in silenzio e con una dose di umiltà che non ho mai visto altrove.
La Madre Regina si è autoproclamata così dopo il divorzio e i tre figli a carico che mi ha mostrato orgogliosissima: il più grande, un diciottenne, porta il 46 e mezzo di scarpe, e ho detto tutto. La Regina, ovviamente è un tipo tosto («so fare poche cose ma le so fare bene. Allora signor coso, ci diamo del tu o del lei?») ma ha una mano per le iniezioni e le operazioni, diciamo così, invasive, che nessuna al mondo. Mi ha accordato molta fiducia, spedendomi da solo a fare lastre ed elettrocardiogrammi in giro per l'ospedale. «Oh, va che se non torni attivo il bracciale con il microchip! Si scatena l'inferno!». Si difende con dei tatuaggi e un distacco professionale che durano di solito lo spazio di un minuto. Le sua mura cedono in fretta (succede a tutti qua dentro) e si apre con piacere. E allora sono foto dei tre figli maschi (il più piccolo ne ha 10 "e ha già il 38") e pensieri sulla vita e le sue lacerazioni: la separazione da un partenr, una brutta malattia (indovinate quale?). La Madre Regina mentre mi prova la pressione e dichiara che ho dei valori da mezza pippa, improvvisamente diventa seria: «lo vuoi vedere un libro fatto qua dentro?» Ma certo. Corre a prenderlo, è un libro fotografico e s'intitola «i live», io vivo, lo ha scritto e fotografato un ragazzo di 25 anni che aveva un tumore, ovviamente rarissimo. German Lissidini, era biondo e bellissimo e mi rendo conto che abitava nel mio quartiere, che frequentava il campo sportivo dei miei figli e le loro stesse scuole. Ha combattuto un anno e mezzo, poi non ce l'ha fatta.
Il suo libro è uscito postumo ed è un inno alla vita e all'allegria (difficile crederlo, eh?) che regna in questo posto: mi rendo conto, sfogliandolo, che ha fotografato gli stessi uomini e le donne che mi curano quotidianamente, con gli stessi sorrisi che conosco, la stessa umanitá: ci sono quasi tutti, medici, direttori e primari, fino ai semplici infermieri. La "Madre Regina" non c'è o forse è sfocata in una foto, in lontananza, ma si capisce che il ragazzo le era entrato nel cuore. «Io sono la Madre regina anche dei miei pazienti» mi dice mentre si asciuga una lacrima. Mi lascia tra le mani questo libro, prezioso come un talismano.
German è morto pochi mesi fa, non ci siamo mai incontrati. Era il tipo che mentre stava ricoverato era capace di ordinare una cena etnica da portare in ospedale, facendo bisboccia con pazienti e infermieri. Ma mi ha colpito una foto di un suo compagno di stanza che si è fatto riprendere al Giuriati mentre correva. Ve lo detto, qui regna l'anarchia: a volte vince la morte a volte trionfa la vita. Ma alla fine, come mi dice la Madre Regina e come scrive anche German nel suo commovente libro, in realtà la morte non vince mai. Qui vince solo la vita, anche se per pochi mesi, anche se per un istante. Perché non conta il tempo, conta la qualità, la pienezza, la profonditá. E conta la comprpensione della interdipendenza della nostra vita con quella degli altri. Conta la compassione o, come direbbe Papa Francesco, la Misericordia. E non c'è nemmeno un passato o un futuro c'è solo un presente-passato e un presente-futuro. Insomma c'è solo il presente, sulla stessa linea del tempo. Questo in verità è un luogo magico e bellissimo, dove si versa una lacrima e poi si sorride, dove si parla con gli occhi e la gentilezza è una religione. E tutti, davvero tutti, ci sentiamo guarire.
La Madre Regina mi strizza un occhio: «Fieü, l'è propri inscì, dái, per sti giorni farò la madre anche per te. Regina però, eh?». E ha dieci anni meno di me...
Ps: sono alla penultima chemioterapia, poi dovrei aver finito ed essere guarito. Mi dicono....