MONDO
La tragedia dell'Airbus 320: le inquietanti similitudini con altri disastri aerei
L’ipotesi che il grosso Airbus potesse schiantarsi in un altro luogo

Non ci sono ancora conferme definitive ma se l’ipotesi del suicidio del co-pilota dell’Airbus 320 venisse confermata, non si tratterebbe del primo caso nell’aviazione commerciale. Anzi, sia pure con un’incidenza minima rispetto al numero totale dei voli, è sorprendente come alcuni casi avvenuti in passato presentino delle similitudini con la tragedia del Germanwings. Un paio di anni fa, la Federal Aviation Administration, stimò che erano stati ventiquattro, i piloti americani suicidatisi mentre erano al comando dei loro aerei, negli ultimi due decenni. Ventitré di essi hanno, intenzionalmente, fatto schiantare l’aereo che pilotavano mentre in un caso un allievo pilota riuscì a saltare fuori dal velivolo mentre era in volo. Erano tutti di sesso maschile. E se è vero che nessuno di loro si trovava ai comandi di aerei di grandi dimensioni ci sono alcuni casi, piuttosto recenti, che sembrano presentare delle inquietanti similitudini con quanto sarebbe accaduto durante il volo tra Barcellona e Dusseldorf.
I precedenti
Nel novembre del 2013, il jet Mozambique Airlines E-190 che trasportava trentatré persone si schiantò in Namibia. Anche in quel caso non ci furono sopravvissuti all’impatto e l’incidente fu oggetto di approfondite indagini. Il velivolo, infatti, aveva solo un anno di vita e ai comandi era seduto un pilota esperto in una tranquilla giornata di sole. Pure allora le registrazioni vocali del cockpit chiarirono ciò che avvenne a bordo. Secondo le conversazioni, riportate dall’International Business Times, il co-pilota si alzò dalla sua postazione per usare il bagno e quando tornò trovò la porta chiusa. All’interno, il suo collega aveva cambiato nelle impostazioni del pilota automatico la variazione di quota da 38 mila piedi al livello del suolo. Anche in quel caso le registrazioni evidenziarono che il pilota tentò, invano, di sfondare la porta della cabina di pilotaggio. Gli investigatori conclusero che l'aereo si era schiantato a causa di "azioni intenzionali da parte del pilota." Sembra che l’esperto comandante Herminio Dos Santos Fernandes avesse avuto dei dissapori in famiglia.
Non sappiamo invece cosa sia effettivamente accaduto a bordo del volo Malaysia Airlines 370 in servizio fra Kuala Lumpur, in Malesia, e l’aeroporto internazionale di Pechino. Venne dato per disperso l'8 marzo 2014. Inizialmente fu ipotizzato che l'aereo potesse essersi inabissato in mare ma successivamente non venne escluso che il volo potesse essere stato dirottato per motivi ignoti. Di certo la mano dei piloti, che nell’ultima conversazione con il Centro di controllo, apparivano normali – o di qualcun altro - agì materialmente sulla manopola di impostazione della rotta del pilota automatico modificando la direzione del velivolo. Come noto, dopo aver trasmesso una serie di dati automatici dall’Oceano indiano, l’enorme 777 non è stato mai ritrovato.
Nell'ottobre del 1999, il volo 990 della EgyptAir, partito da New York e diretto al Cairo con 217 persone a bordo, si schiantò nell'Oceano Atlantico, subito dopo il decollo. L'inchiesta della Ntsb (National transportation security board, l'agenzia federale Usa che indaga sui disastri aerei) stabilì che il volo fu intenzionalmente sabotato da Gameel El-Batouty, il co-pilota il quale, secondo gli americani aveva manifestato propositi suicidi. Una tesi che però non venne mai accolta dal Cairo. Cinque anni prima, nell'agosto del 1994, l'Atr-42 della Royal Air Maroc, con 44 persone a bordo, tra cui 8 italiani, precipitò vicino Agadir. L'aereo era diretto a Casablanca. Il 'cockpit voice recorder', il registratore delle conversazioni di cabina, rivelò che fu il comandante, Younis Khayati, a causare l'incidente nonostante i tentativi disperati della co-pilota, Sofia Figuiqui, la quale dopo aver lanciato per ben tre volte il 'mayday', cercò inutilmente di bloccare il comandante.
Un altro precedente, più indietro negli anni, si verificò il 9 febbraio del 1982. Un DC-8 della Japan Airlines precipitò in mare poco prima di atterrare a Tokyo per colpa di una manovra errata fatta deliberatamente dal comandante, Seiji Katagiri. La commissione d'inchiesta appurò che l'uomo - il quale, soffriva di disturbi nervosi - nonostante un tentativo di intervento di altri due membri dell'equipaggio, aveva invertito la spinta dei motori a 300 metri dalla pista, facendo precipitare l'aereo in mare. Nell'incidente morirono 24 persone e 150 rimasero ferite.
Sliding doors
Nel caso dell’aereo della Germanwings alcuni testimoni vicini al luogo dell’impatto hanno raccontato di aver visto il velivolo planare a forte velocità ma in silenzio, come se avesse avuto i motori spenti. E chissà se Andreas Lubitz nel dirigere l’aereo verso il suolo – sempre che lo abbia fatto volontariamente - non abbia anche spento i due motori dell’Airbus. Anche se il suo collega fosse riuscito ad entrare in cabina non avrebbe avuto il tempo per riaccendere le turbine. Solo le memorie della seconda scatola nera, se ancora integre, potrebbero fare luce anche su quest’aspetto.
Ci sono poi un paio di circostanze che potrebbero avrebbero potuto spostare, nel bene e nel male, il destino di molte persone. Se il pilota avesse veramente aspettato che il suo collega si alzasse per andare in bagno, non poteva certamente sapere se e quando ciò sarebbe avvenuto. Quindi, forse, poteva accadere anche durante il tragitto di andata, tra Dusseldorf e Barcellona. E questo – visto che l’equipaggio non può più raccontarlo – solo i passeggeri di quel volo potrebbero raccontarlo. Contenti dello scampato pericolo. La tragedia inoltre avrebbe potuto avere connotati ancora peggiori. Nel momento in cui Lubitz ha azionato il selettore dell’altezza dell’autopilota, il velivolo aveva appena lasciato il mare per la costa francese. Da quel momento l’aereo è sceso, in maniera costante ma ‘dolcemente’. Fino al punto di impatto che il co-pilota non avrebbe potuto predeterminare al momento dell’impostazione. E che avrebbe potuto far terminare il volo del grosso Airbus320, per esempio, su uno dei tanti, tranquilli, paesini dell’Alta Provenza.
I precedenti
Nel novembre del 2013, il jet Mozambique Airlines E-190 che trasportava trentatré persone si schiantò in Namibia. Anche in quel caso non ci furono sopravvissuti all’impatto e l’incidente fu oggetto di approfondite indagini. Il velivolo, infatti, aveva solo un anno di vita e ai comandi era seduto un pilota esperto in una tranquilla giornata di sole. Pure allora le registrazioni vocali del cockpit chiarirono ciò che avvenne a bordo. Secondo le conversazioni, riportate dall’International Business Times, il co-pilota si alzò dalla sua postazione per usare il bagno e quando tornò trovò la porta chiusa. All’interno, il suo collega aveva cambiato nelle impostazioni del pilota automatico la variazione di quota da 38 mila piedi al livello del suolo. Anche in quel caso le registrazioni evidenziarono che il pilota tentò, invano, di sfondare la porta della cabina di pilotaggio. Gli investigatori conclusero che l'aereo si era schiantato a causa di "azioni intenzionali da parte del pilota." Sembra che l’esperto comandante Herminio Dos Santos Fernandes avesse avuto dei dissapori in famiglia.
Non sappiamo invece cosa sia effettivamente accaduto a bordo del volo Malaysia Airlines 370 in servizio fra Kuala Lumpur, in Malesia, e l’aeroporto internazionale di Pechino. Venne dato per disperso l'8 marzo 2014. Inizialmente fu ipotizzato che l'aereo potesse essersi inabissato in mare ma successivamente non venne escluso che il volo potesse essere stato dirottato per motivi ignoti. Di certo la mano dei piloti, che nell’ultima conversazione con il Centro di controllo, apparivano normali – o di qualcun altro - agì materialmente sulla manopola di impostazione della rotta del pilota automatico modificando la direzione del velivolo. Come noto, dopo aver trasmesso una serie di dati automatici dall’Oceano indiano, l’enorme 777 non è stato mai ritrovato.
Nell'ottobre del 1999, il volo 990 della EgyptAir, partito da New York e diretto al Cairo con 217 persone a bordo, si schiantò nell'Oceano Atlantico, subito dopo il decollo. L'inchiesta della Ntsb (National transportation security board, l'agenzia federale Usa che indaga sui disastri aerei) stabilì che il volo fu intenzionalmente sabotato da Gameel El-Batouty, il co-pilota il quale, secondo gli americani aveva manifestato propositi suicidi. Una tesi che però non venne mai accolta dal Cairo. Cinque anni prima, nell'agosto del 1994, l'Atr-42 della Royal Air Maroc, con 44 persone a bordo, tra cui 8 italiani, precipitò vicino Agadir. L'aereo era diretto a Casablanca. Il 'cockpit voice recorder', il registratore delle conversazioni di cabina, rivelò che fu il comandante, Younis Khayati, a causare l'incidente nonostante i tentativi disperati della co-pilota, Sofia Figuiqui, la quale dopo aver lanciato per ben tre volte il 'mayday', cercò inutilmente di bloccare il comandante.
Un altro precedente, più indietro negli anni, si verificò il 9 febbraio del 1982. Un DC-8 della Japan Airlines precipitò in mare poco prima di atterrare a Tokyo per colpa di una manovra errata fatta deliberatamente dal comandante, Seiji Katagiri. La commissione d'inchiesta appurò che l'uomo - il quale, soffriva di disturbi nervosi - nonostante un tentativo di intervento di altri due membri dell'equipaggio, aveva invertito la spinta dei motori a 300 metri dalla pista, facendo precipitare l'aereo in mare. Nell'incidente morirono 24 persone e 150 rimasero ferite.
Sliding doors
Nel caso dell’aereo della Germanwings alcuni testimoni vicini al luogo dell’impatto hanno raccontato di aver visto il velivolo planare a forte velocità ma in silenzio, come se avesse avuto i motori spenti. E chissà se Andreas Lubitz nel dirigere l’aereo verso il suolo – sempre che lo abbia fatto volontariamente - non abbia anche spento i due motori dell’Airbus. Anche se il suo collega fosse riuscito ad entrare in cabina non avrebbe avuto il tempo per riaccendere le turbine. Solo le memorie della seconda scatola nera, se ancora integre, potrebbero fare luce anche su quest’aspetto.
Ci sono poi un paio di circostanze che potrebbero avrebbero potuto spostare, nel bene e nel male, il destino di molte persone. Se il pilota avesse veramente aspettato che il suo collega si alzasse per andare in bagno, non poteva certamente sapere se e quando ciò sarebbe avvenuto. Quindi, forse, poteva accadere anche durante il tragitto di andata, tra Dusseldorf e Barcellona. E questo – visto che l’equipaggio non può più raccontarlo – solo i passeggeri di quel volo potrebbero raccontarlo. Contenti dello scampato pericolo. La tragedia inoltre avrebbe potuto avere connotati ancora peggiori. Nel momento in cui Lubitz ha azionato il selettore dell’altezza dell’autopilota, il velivolo aveva appena lasciato il mare per la costa francese. Da quel momento l’aereo è sceso, in maniera costante ma ‘dolcemente’. Fino al punto di impatto che il co-pilota non avrebbe potuto predeterminare al momento dell’impostazione. E che avrebbe potuto far terminare il volo del grosso Airbus320, per esempio, su uno dei tanti, tranquilli, paesini dell’Alta Provenza.