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ECONOMIA

Lavoro, Consulta: incostituzionale l'articolo 18 come modificato dalla 'riforma Fornero'

Uguaglianza violata sui licenziamenti economici. Ecco perché la Corte ha reso obbligatoria la reintegra

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Non si giustifica la diversità di trattamento tra il licenziamento economico e quello per giusta causa, quando il fatto è manifestamente insussistente. Lo sottolinea la Corte Costituzionale nelle motivazioni della sentenza con la quale ha dichiarato incostituzionale l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - nel testo modificato dalla "riforma Fornero" - con riferimento all'articolo 3 della Costituzione, cioè al principio di uguaglianza. Sentenza che ha reso obbligatoria la reintegra, anche nel caso del licenziamento economico, se il fatto è manifestamente insussistente. Per giusta causa basta la inesistenza del fatto.

A sollevare l'incostituzionalità dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, là dove prevede la facoltà e non il dovere del giudice di reintegrare il lavoratore arbitrariamente licenziato in mancanza di giustificato motivo oggettivo, era stato il tribunale di Ravenna.

Secondo la Consulta, in un sistema che, per scelta consapevole del legislatore, attribuisce rilievo al presupposto comune dell'insussistenza del fatto e a questo  presupposto collega l'applicazione della tutela reintegratoria del lavoratore, si rivela "disarmonico e lesivo del principio di eguaglianza" il carattere facoltativo  del rimedio della reintegrazione per i soli licenziamenti economici, a fronte dell'inconsistenza della giustificazione addotta e della presenza di un vizio ben più grave rispetto alla pura e semplice insussistenza del fatto, si legge nella sentenza della Consulta.

In particolare, la Corte con la sentenza 59 (redattrice la giudice Silvana Sciarra) ha stabilito che il principio di eguaglianza risulta violato se la reintegrazione, in caso di licenziamenti economici, è prevista come facoltativa - mentre è obbligatoria nei licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo - quando il fatto che li ha determinati è manifestamente insussistente. E ha sancito che non si giustifica un diverso trattamento riservato ai licenziamenti economici,nonostante la più incisiva connotazione della inesistenza del fatto, indicata dal legislatore come ''manifesta''.   Alla violazione del principio di eguaglianza si associa l'irragionevolezza intrinseca del criterio distintivo adottato, che conduce a ulteriori e ingiustificate disparità di trattamento.

Per i licenziamenti economici, infatti, il legislatore rende facoltativa la reintegrazione senza offrire all'interprete un chiaro criterio direttivo. La scelta tra due forme di tutela profondamente diverse - quella reintegratoria, pur nella forma attenuata, e quella meramente indennitaria - è rimessa a una valutazione del giudice, disancorata da precisi punti di riferimento.Resta fermo che al giudice si riconosce una discrezionalità che non deve ''sconfinare in un sindacato di congruità e di opportunità'' dunque non può né deve lambire le scelte imprenditoriali. ''Il vaglio della genuinità della decisione imprenditoriale garantisce che il licenziamento rappresenti pur sempre una extrema ratio e non il frutto di un insindacabile arbitrio''