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SALUTE

Il sistema immunitario iper reagisce ad un attacco

Le allergie spiegate semplicemente: un eccesso di legittima difesa

La ipereazione in alcune persone scatena reazioni anche violente, quando il nostro organismo entra in contato con un allergene, l’elemento che fa partire la risposta allergica. L’intervista a Domenico Schiavino, direttore di allergologia all’Università Cattolica di Roma

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Domenico Schiavino, direttore di allergologia all’Università Cattolica di Roma
Professor Schiavino, perchè si scatena un attacco allergico? 
Innanzitutto quando il paziente ha una personale predisposizione a produrre degli anticorpi specifici che si chiamano IgE: il contatto di un allergene con queste IgE che si trovano sulle nostre mucose induce la liberazione di sostanze chimiche irritanti (istamina, serotonina) il cui effetto  è l'infiammazione della mucosa con la conseguente attivazione del sintomo: prurito, rinite, congiuntivite e asma.

Sembra quasi un impazzimento del sistema immunitario, che reagisce in modo sproporzionato e violento a quello che considera un "attacco" esterno: vuol dire che chi soffre di allergie ha un sistema immunitario che "si confonde", e potrebbe magari non reagire a veri attacchi di virus, batteri, persino non controllare i tumori? 
No, l'alterazione che si verifica non è indice di un difetto immunitario ma piuttosto di una iperreattività dello stesso; ci sono alcuni lavori infatti che dicono che l'incidenza dei tumori nei malati con allergia è inferiore alla popolazione generale; la reazione allergica si può quindi considerare un eccesso di legittima difesa considerando che gli allergeni sono innocui per la maggior parte della popolazione ma responsabili di reazioni anche gravi nei soggetti atopici, con predisposizione di tipo allergico.

C’è qualcosa durante la gestazione, dall'alimentazione della madre a sue esposizioni a fattori di rischio che possano facilitare l'insorgere di una allergia nel bambino? 
Per un lungo periodo di tempo si è creduto che il feto nella vita intrauterina potesse essere  sensibilizzato da quello che la mamma mangiava: adesso non c'è più questa certezza e sembra che solo durante l'allattamento possano avvenire alcune sensibilizzazioni. D'altra parte l'allattamento è importante per trasmettere al bambino gli anticorpi difensivi della madre per cui deve essere sempre sollecitato: il punto fondamentale è che il bambino diventa allergico se nasce con l'informazione che gli è data dai genitori di predisposizione all'allergia.

L'allattamento al seno davvero protegge contro le allergie? 
Attualmente si ritiene che l'allattamento al seno abbia il valore solo di ritardare l'introduzione di molecole allergizzanti come il latte vaccino, le uova, il pesce; questi alimenti infatti nei bambini figli di genitori allergici dovrebbero essere introdotti intorno all'anno di vita.
Queste nostre informazioni sono però recentemente state messe in discussione da alcune osservazioni che hanno rilevato come la precoce introduzione di questi allergeni alimentari possa indurre una tolleranza nel bambino atopico.

Come mai molti adulti diventano allergici a pollini o cibo senza averne mai sofferto prima? 
Per quel che riguarda l'instaurarsi delle manifestazioni allergiche è necessario come abbiamo detto che ci sia una predisposizione familiare ma è necessario anche una particolarmente elevata esposizione  all'allergene. Questa può avvenire nei primi anni di vita ma può essere anche ritardata e avvenire in età adulta: l'allergico però è comunque nato con la predisposizione all'allergia. 

E’ possibile ripristinare la naturale tolleranza a certi alimenti, in soggetti che invece ne siano intolleranti o allergici?
Nelle allergie alimentari la prima indicazione è l’allontanamento dell’alimento responsabile: semplicemente si evita che il soggetto venga a contatto con quel cibo. Ci sono pazienti però che hanno molteplici alimenti coinvolti o che hanno una tale sensibilità che anche l’ingestione di piccolissime quantità dell’alimento induce disturbi severi di tipo anafilattico: in questo caso, sotto il nostro diretto controllo, il paziente comincerà ad assumere dosi molto basse dell’allergene che subiranno progressivi e moderati aumenti che sono in genere ben tollerati e che nel giro di qualche mese portano ad assumere senza problemi l’alimento cui il paziente era sensibile. E’ una metodica efficace ma delicata, non è esente da rischi di reazioni avverse per cui deve essere eseguita in ambienti esperti in grado di combattere rapidamente il possibile instaurarsi di ogni tipo di reazione. I risultati sono favorevoli in circa l’80% dei pazienti.

In questo periodo di fioritura molti abusano di antistaminici e cortisonici per controllare i sintomi. Ci sono rischi per la salute?
No, i nuovi antistaminici (rupatadina, levocetirizina, bilastina) sono efficaci e non hanno effetti collaterali né sul nostro sistema nervoso né a livello epatico né a livello cardiaco; perciò chi è sintomatico è bene che li usi anche per periodi lunghi. Il problema è che questo trattamento ha solo un valore di contenimento dei sintomi ma non blocca l’instaurarsi di reazioni infiammatorie croniche delle mucose per cui non è indicato usare solo gli antistaminici per i pazienti con malattie allergiche importanti (asma bronchiale, gravi riniti): per queste patologie bisogna instaurare un trattamento desensibilizzante specifico, ovvero il vaccino.
Per quel che riguarda i cortisonici sono assolutamente sicuri e incapaci di dare effetti collaterali. Mi riferisco ai cortisonici inalatori (nasali, bronchiali) che vengono assorbiti solo in minima parte: diverso è il problema dei cortisonici orali o parenterali, quelli che si iniettano, il cui uso noi lo riserviamo alle manifestazioni particolarmente severe e per periodi brevi.

Una volta individuato l'allergene, se c'è il vaccino e decidendo di farselo: dura tutta la vita?
I trattamenti desensibilizzanti specifici vanno eseguiti per 3-5 anni; in generale otteniamo un soddisfacente risultato clinico, con un beneficio superiore al 70%, in circa l’80% dei pazienti. La metà di chi ha ottenuto beneficio clinico lo conserva per tutta la vita. Dell’altra metà, un 25 % sta bene alcuni anni e poi diventa di nuovo sintomatico e quindi necessita di un ulteriore ciclo di terapia, il rimanente 25 % si sensibilizza a nuovi allergeni che eventualmente bisognerà trattare.

Domenico Schiavino
Direttore di allergologia all’Università Cattolica di Roma