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ITALIA

I punti fermi e i quelli ancora oscuri

Le tre inchieste su appalti e petrolio. La ricostruzione

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di Paolo Poggio
Petrolio, sviluppo, lavoro, inquinamento, corruzione e interessi lobbystici. E’ in questo dedalo di parole chiave che si inserisce l’inchiesta della Procura Antimafia di Potenza. Se ne occupa l’Antimafia non perché dietro i reati su cui si indaga ci siano le mafie tradizionali, ma perché – come ha detto il procuratore nazionale Franco Roberti - quella individuata è “criminalità organizzata, su base imprenditoriale”. Attualmente le inchieste sono due, più un possibile terzo filone che porterebbe addirittura in Sicilia. In tutti e tre i casi la pista investigativa è la stessa: quella sulla gestione dell’oro nero.

Il centro oli di Viggiano
Partiamo dalla prima indagine. Impianto Eni di Viggiano Eni di Viggiano, in provincia di Potenza. Qui viene lavorato tuto il petrolio estratto in Val D’Agri. I Carabinieri del nucleo operativo ecologico hanno documentato un  traffico di smaltimento illecito di rifiuti e la Procura ipotizza il reato di disastro ambientale. In queste ore sono in corso verifiche tecniche sugli effetti dello smaltimento degli scarti di produzione nei terreni, a Viggiano e presso gli impianti di Tecnoparco, in Valbasento, e di altre ditte. Gli accertamenti riguardano anche lo sforamento dei limiti di inquinamento e la possibile manomissione dei sensori che fornivano questi dati, proiettati fuori dalla centrale per tranquillizzare la popolazione. Per questo sono finiti in carcere 5 dirigenti locali dell’Eni, compreso Luca Bagatti, responsabile della produzione meridionale della Spa). Gli indagati complessivamente sono 37.

Tempa rossa
La seconda inchiesta. A 35 km da Viggiano, sempre in provincia di Potenza, c’è l’impianto di estrazione di Tempa Rossa. Il comune è quello di Corleto Perticara. La concessione è affidata alla francese Total. Costruito a tempo di record ha una produttività di circa 50mila barili al giorno. Il via libera all’impianto era arrivato nel 2014 grazie a questo emendamento alla legge di stabilità, voluto dal Governo e in particolare dalla ministra dello sviluppo economico Federica Guidi. Una norma che classificava la costruzione di impianti per l’estrazione del greggio come “opera strategica” per il Paese. Meno burocrazia e autorizzazione rilasciate direttamente del ministero dello sviluppo. Ed è in questo contesto che si inserisce l’intercettazione tra Federica Guidi e il suo compagno Gianluca Gemelli. Gemelli ha uno studio di ingegneria e ha interesse a collaborare alla costruzione dell’impianto. Ricevuta la notizia dalla compagna, si attribuisce il merito dell’operazione con i dirigenti della Total, ottenendo il lavoro sperato. Per Gemelli,  accusato di illecito traffico di influenze, i Pm avevano chiesto l’arresto. Provvedimento respinto dal giudice per le indagini preliminari, contro cui la Procura ha annunciato ricorso. Intanto ai domiciliari è finita l’ex sindaca PD di Corleto Perticara Rosaria Vicino. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti alcuni amministratori locali avrebbero chiesto e ottenuto dalle società impegnate nel progetto Tempa Rossa assunzioni e altri tipi di utilità.  Per questa parte dell’inchiesta della Procura Antimafia di Potenza, sono indagate 23 persone. Tra loro non c’è Marcello Pittella, presidente della Regione Basilicata, che però viene intercettato mentre parla al telefono con Gianluca Gemelli che lo rassicura sulla salubrità del business del petrolio: «Guarda, non ti preoccupare, perché tanto non inquina...». Parole che, secondo gli inquirenti, sarebbero state seguite da una risata.

Augusta
Ultimo filone dell’inchiesta è quello che giunge fino al Porto di Augusta, Siracusa. Il focus è sull’autorità portuale e sui traffici dello scalo marittimo. E proprio di Confindustria Siracusa, fino alle dimissioni, Gianluca Gemelli era il commissario straordinario. In questa indagine sarebbe indagato per associazione a delinquere e influenze illecite e abuso d’ufficio il Capo di stato Maggiore della Marina Militare Giuseppe De Giorgi.