ITALIA
Il Dossier sull’inquinamento atmosferico e acustico
Legambiente. Mal'aria, 48 città oltre il limite di pm10 nel 2015. Maglia nera a Frosinone Scalo
Situazione critica in Pianura Padana, ma anche nelle grandi e piccole città dell’intera Penisola. Legambiente: "Per contrastare lo smog serve una strategia nazionale per la qualità dell’aria e un piano per la mobilità nuova"

L'aria che respiriamo è sempre più "Mal'aria". Nel 2015 nelle città italiane è stato un anno da “codice rosso”, segnato da un’emergenza smog sempre più cronica. In 48 centri urbani il livello di Pm10 è salito alle stelle. A Frosinone Scalo gli sforamenti sono stati 115. "Non basta appellarsi all’assenza di vento e pioggia per intere settimane, l’aria diventa sempre più irrespirabile a causa delle elevate concentrazioni delle polveri sottili, dell’ozono e del biossido di azoto che causano, tra l’altro, danni alla salute dei cittadini e all’ambiente circostante" si legge nel Dossier annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico e acustico nelle città italiane, Mal’Aria di città 2016.
I dati
Su 90 città monitorate dall’associazione ambientalista lo scorso anno ben 48 (il 53%), hanno superato il limite dei 35 giorni di sforamento consentiti di Pm10. Le situazioni più critiche si sono registrate a Frosinone, maglia nera nella classifica dei capoluoghi di provincia dove i giorni di superamento nel 2015 sono stati 115, seguita da Pavia con 114 giorni, Vicenza con 110, Milano con 101 e Torino con 99. Dei 48 capoluoghi fuori legge il 6% (Frosinone, Pavia e Vicenza) ha superato il limite delle 35 giornate più del triplo delle volte, andando oltre i 105 giorni totali; il 33% lo ha superato di almeno due volte e il 25% ha superato il limite legale una volta e mezza.
A livello regionale, in Veneto il 92% delle centraline urbane monitorate ha superato il limite dei 35 giorni consentiti; (in particolare quelle di Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza), in Lombardia l’84% delle centraline urbane (tutte quelle di Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Como e Monza), in Piemonte l’82% delle stazioni di città (en plein per le centraline di Alessandria, Asti, Novara, Torino e Vercelli), il 75% delle centraline sia in Emilia-Romagna (Ferrara, Modena, Piacenza, Parma, Ravenna e Rimini) sia in Campania (Avellino, Benevento, Caserta e Salerno).
Per quanto riguarda gli altri inquinanti, PM2,5, ozono troposferico, e ossidi di Azoto, il bilancio è relativo al 2014. Per il PM2,5 i capoluoghi di provincia Monza, Milano e Cremona hanno superato il limite del valore obiettivo di 25 µg/m3 di PM2,5 (erano 11 le città nel 2013 e 15 nel 2012). Dati poco rassicuranti riguardano invece dall’Ozono: un terzo dei capoluoghi di provincia monitorati (28 su 86) ha superato il limite dei 25 giorni (dati 2014). Prime in classifica Genova e Rimini con 64 giorni di superamento, seguono Bologna (50), Mantova (49) e Siracusa (48). Particolarmente critica la situazione nell’area padana per le elevate concentrazioni di questo inquinante. Per gli ossidi di Azoto, sempre nel 2014, sono 11 i capoluoghi di provincia sui 93 monitorati (il 12%) che hanno superato il limite normativo (La Spezia, Torino, Roma, Milano, Trieste, Palermo, Como, Bologna, Napoli, Salerno, Novara).
Confrontando poi i dati del 2015 con quelli raccolti da Legambiente negli ultimi anni, emerge come per il Pm10 il numero di città che ha superato il limite dei 35 giorni di sforamento consentiti (48 nel 2015) sia in linea con la media del numero di città fuorilegge degli ultimi sette anni (48 di media dal 2009 ad oggi). Inoltre le città coinvolte sono quasi sempre le stesse: ben 66 infatti compaiono almeno una volta nella classifica dei capoluoghi che hanno superato i 35 giorni ammessi e di queste ben 27 (il 41%) lo ha fatto sistematicamente 7 anni su 7.

Legambiente: "Ci vuole un cambio di passo nelle politiche della mobilità sostenibile"
Potenziare il trasporto sul ferro, l’uso dei mezzi pubblici e la mobilità nuova, e rendere le auto l’ultima delle soluzioni possibili per gli spostamenti dei cittadini: sono le proposte di Legambiente per una politica di mobilità sostenibile. Oggi l’Italia continua ad avere il record per numero di auto per abitante: il tasso di motorizzazione arriva a 62 auto ogni 100 abitanti della città di Roma o ai 67 di Catania, contro le 25 auto ogni 100 abitanti di Amsterdam e Parigi o le 31 di Londra. Per l’associazione ambientalista è perciò indispensabile una strategia nazionale per la qualità dell’aria e un piano per la mobilità in città, accompagnato da studi accurati sulle fonti di emissione, eseguiti a scala locale e urbana, per pianificare le giuste politiche di intervento. "L’emergenza smog - dichiara Rossella Muroni, la presidente nazionale di Legambiente - difficilmente si potrà risolvere con interventi sporadici che di solito le amministrazioni propongono in fase d’emergenza tra targhe alterne, blocchi del traffico, mezzi pubblici gratis, come avviene attualmente in gran parte delle città italiane, e senza nessuna politica concreta e lungimirante". Ci vogliono "normative stringenti e vincolanti, abbandonando una volta per tutte le fonti fossili e replicando quelle esperienze anti-smog virtuose messe già in atto in molti comuni italiani in termini di mobilità sostenibile, efficienza energetica e verde urbano”.
I rischi su salute e ambiente
Ogni anno, si legge nel Dossier, l’inquinamento dell’aria causa oltre 400.000 morti premature nei paesi dell’Unione Europea. Fra questi, l’Italia ha uno dei peggiori bilanci in Europa: la Penisola detiene il record di morti per smog con 59.500 decessi prematuri per il Pm2,5 – 3.300 per l’Ozono e 21.600 per gli NOx nel solo 2012 (Dati Agenzia Europea dell’ambiente). Stime che potrebbero crescere esponenzialmente se come valori limite di riferimento per gli inquinanti si prendessero quelli consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità; in base a questi valori dell’OMS, la percentuale di popolazione in ambiente urbano esposta a concentrazioni di polveri sottili dannose per la salute salirebbe dall’attuale 12% a circa il 90%; per l’Ozono si passerebbe dall’attuale 14-15% al 97-98%.
Legambiente ricorda poi che i danni alla salute della popolazione si traducono in costi economici dovuti alle cure sanitarie, che nella Penisola si stimano tra i 47 e 142 miliardi l’anno (dati riferiti al 2010). Ci sono poi i danni economici legati al mancato rispetto delle norme italiane ed europee sulla qualità dell’aria. Sono due le procedure d’infrazione contro il Belpaese, entrambe nella fase di messa in mora. La prima, la 2014_2047, avviata nel luglio 2014 riguarda la “cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e il superamento dei valori limite di PM10 in Italia”; mentre la seconda, la 2015_2043, avviata nel maggio 2015 riguarda “l’applicazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria ambiente ed in particolare obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2)”.
Città sempre più rumorose
Legambiente ricorda che in Italia sono quasi sei milioni (il 10% della popolazione) i cittadini esposti, negli ambiti considerati, al rumore prodotto dal traffico stradale a livelli giornalieri inaccettabili secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le persone esposte, invece, ad elevati livelli di inquiamento acustico durante la notte sono quasi cinque milioni. La risposta a questa situazione è però ancora del tutto insufficiente. Non per nulla l’Italia è in procedura d’infrazione, in stato di messa in mora, per il mancato rispetto della normativa comunitaria relativa ai livelli di inquinamento acustico, la Direttiva 2002/49/CE.
I dati
Su 90 città monitorate dall’associazione ambientalista lo scorso anno ben 48 (il 53%), hanno superato il limite dei 35 giorni di sforamento consentiti di Pm10. Le situazioni più critiche si sono registrate a Frosinone, maglia nera nella classifica dei capoluoghi di provincia dove i giorni di superamento nel 2015 sono stati 115, seguita da Pavia con 114 giorni, Vicenza con 110, Milano con 101 e Torino con 99. Dei 48 capoluoghi fuori legge il 6% (Frosinone, Pavia e Vicenza) ha superato il limite delle 35 giornate più del triplo delle volte, andando oltre i 105 giorni totali; il 33% lo ha superato di almeno due volte e il 25% ha superato il limite legale una volta e mezza.
A livello regionale, in Veneto il 92% delle centraline urbane monitorate ha superato il limite dei 35 giorni consentiti; (in particolare quelle di Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza), in Lombardia l’84% delle centraline urbane (tutte quelle di Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Como e Monza), in Piemonte l’82% delle stazioni di città (en plein per le centraline di Alessandria, Asti, Novara, Torino e Vercelli), il 75% delle centraline sia in Emilia-Romagna (Ferrara, Modena, Piacenza, Parma, Ravenna e Rimini) sia in Campania (Avellino, Benevento, Caserta e Salerno).
Per quanto riguarda gli altri inquinanti, PM2,5, ozono troposferico, e ossidi di Azoto, il bilancio è relativo al 2014. Per il PM2,5 i capoluoghi di provincia Monza, Milano e Cremona hanno superato il limite del valore obiettivo di 25 µg/m3 di PM2,5 (erano 11 le città nel 2013 e 15 nel 2012). Dati poco rassicuranti riguardano invece dall’Ozono: un terzo dei capoluoghi di provincia monitorati (28 su 86) ha superato il limite dei 25 giorni (dati 2014). Prime in classifica Genova e Rimini con 64 giorni di superamento, seguono Bologna (50), Mantova (49) e Siracusa (48). Particolarmente critica la situazione nell’area padana per le elevate concentrazioni di questo inquinante. Per gli ossidi di Azoto, sempre nel 2014, sono 11 i capoluoghi di provincia sui 93 monitorati (il 12%) che hanno superato il limite normativo (La Spezia, Torino, Roma, Milano, Trieste, Palermo, Como, Bologna, Napoli, Salerno, Novara).
Confrontando poi i dati del 2015 con quelli raccolti da Legambiente negli ultimi anni, emerge come per il Pm10 il numero di città che ha superato il limite dei 35 giorni di sforamento consentiti (48 nel 2015) sia in linea con la media del numero di città fuorilegge degli ultimi sette anni (48 di media dal 2009 ad oggi). Inoltre le città coinvolte sono quasi sempre le stesse: ben 66 infatti compaiono almeno una volta nella classifica dei capoluoghi che hanno superato i 35 giorni ammessi e di queste ben 27 (il 41%) lo ha fatto sistematicamente 7 anni su 7.

Legambiente: "Ci vuole un cambio di passo nelle politiche della mobilità sostenibile"
Potenziare il trasporto sul ferro, l’uso dei mezzi pubblici e la mobilità nuova, e rendere le auto l’ultima delle soluzioni possibili per gli spostamenti dei cittadini: sono le proposte di Legambiente per una politica di mobilità sostenibile. Oggi l’Italia continua ad avere il record per numero di auto per abitante: il tasso di motorizzazione arriva a 62 auto ogni 100 abitanti della città di Roma o ai 67 di Catania, contro le 25 auto ogni 100 abitanti di Amsterdam e Parigi o le 31 di Londra. Per l’associazione ambientalista è perciò indispensabile una strategia nazionale per la qualità dell’aria e un piano per la mobilità in città, accompagnato da studi accurati sulle fonti di emissione, eseguiti a scala locale e urbana, per pianificare le giuste politiche di intervento. "L’emergenza smog - dichiara Rossella Muroni, la presidente nazionale di Legambiente - difficilmente si potrà risolvere con interventi sporadici che di solito le amministrazioni propongono in fase d’emergenza tra targhe alterne, blocchi del traffico, mezzi pubblici gratis, come avviene attualmente in gran parte delle città italiane, e senza nessuna politica concreta e lungimirante". Ci vogliono "normative stringenti e vincolanti, abbandonando una volta per tutte le fonti fossili e replicando quelle esperienze anti-smog virtuose messe già in atto in molti comuni italiani in termini di mobilità sostenibile, efficienza energetica e verde urbano”.
I rischi su salute e ambiente
Ogni anno, si legge nel Dossier, l’inquinamento dell’aria causa oltre 400.000 morti premature nei paesi dell’Unione Europea. Fra questi, l’Italia ha uno dei peggiori bilanci in Europa: la Penisola detiene il record di morti per smog con 59.500 decessi prematuri per il Pm2,5 – 3.300 per l’Ozono e 21.600 per gli NOx nel solo 2012 (Dati Agenzia Europea dell’ambiente). Stime che potrebbero crescere esponenzialmente se come valori limite di riferimento per gli inquinanti si prendessero quelli consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità; in base a questi valori dell’OMS, la percentuale di popolazione in ambiente urbano esposta a concentrazioni di polveri sottili dannose per la salute salirebbe dall’attuale 12% a circa il 90%; per l’Ozono si passerebbe dall’attuale 14-15% al 97-98%.
Legambiente ricorda poi che i danni alla salute della popolazione si traducono in costi economici dovuti alle cure sanitarie, che nella Penisola si stimano tra i 47 e 142 miliardi l’anno (dati riferiti al 2010). Ci sono poi i danni economici legati al mancato rispetto delle norme italiane ed europee sulla qualità dell’aria. Sono due le procedure d’infrazione contro il Belpaese, entrambe nella fase di messa in mora. La prima, la 2014_2047, avviata nel luglio 2014 riguarda la “cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e il superamento dei valori limite di PM10 in Italia”; mentre la seconda, la 2015_2043, avviata nel maggio 2015 riguarda “l’applicazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria ambiente ed in particolare obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2)”.
Città sempre più rumorose
Legambiente ricorda che in Italia sono quasi sei milioni (il 10% della popolazione) i cittadini esposti, negli ambiti considerati, al rumore prodotto dal traffico stradale a livelli giornalieri inaccettabili secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le persone esposte, invece, ad elevati livelli di inquiamento acustico durante la notte sono quasi cinque milioni. La risposta a questa situazione è però ancora del tutto insufficiente. Non per nulla l’Italia è in procedura d’infrazione, in stato di messa in mora, per il mancato rispetto della normativa comunitaria relativa ai livelli di inquinamento acustico, la Direttiva 2002/49/CE.