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ITALIA

Un decreto legge regolerà il lavoro da casa

Legge di Stabilità: il "telelavoro" viene regolamentato, 9 articoli sullo 'smart working'

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Roma

Tazzone di caffè, tutona, pantofole e computer: spesso la giornata di chi lavora da casa inizia così, giacca e cravatta rimangono appese nell'armadio. Con la Legge di Stabilità potrebbe presto passare un disegno di legge che riguarda chi pratica quello che in inglese è chiamato "smart working", il cosiddetto "lavoro agile". Nove articoli che giurisdizionano un aspetto sempre più importante del lavoro moderno, fino ad oggi regolato da un accordo europeo del 2002 sul telelavoro, che l'Italia per prima ha applicato e che ora trova piena esistenza in questa proposta.

Il lavoro agile è una prestazione effettuata dai lavoratori dipendenti, e quindi non da partite Iva, fuori dai locali aziendali. Nel 75% dei casi vuol dire lavoro da casa e interessa in egual misura uomini e donne. Il vecchio "telelavoro" spesso considerato degradante e una forma di ripiego per chi non aveva la possibilità di spostarsi, avrà regole e tutele precise. «Con questo nuovo pezzo si colma un vuoto e si creano le premesse per una organizzazione del lavoro più moderna che offre più libertà di nella gestione dei tempi di vita e di lavoro», ha detto il professor Maurizio Del Conte, consigliere giuridico di palazzo Chigi, che ha predisposto il decreto. 

La normativa ricalca quella europea
L'articolo 1 è sul tipo di prestazione: "incrementare la produttività e la conciliazione dei tempi di vita e lavoro". Il requisito per definirsi smart working è l'esecuzione della prestazione fuori dalle mura aziendali anche per un solo giorno a settimana. Il lavoro da casa deve essere definito da un accordo scritto tra le parti in cui vengono stabiliti i modi in cui lavoro da casa va fatto: utilizzo di devices esterni e apparecchi tecnologici che appiattiscano le differenze tra casa e azienda. Ad occuparsi di fornire la strumentazione necessaria per svolgere l'attività lavorativa è il datore di lavoro che di regola "è responsabile della fornitura, dell’istallazione e della manutenzione degli strumenti necessari ad un telelavoro svolto regolarmente, salvo che il telelavoratore non faccia uso di strumenti propri". 

Il contratto deve anche indicare gli orari di lavoro e quelli di pausa. La retribuzione non deve essere inferiore a quella dei colleghi che il lavoro lo svolgono in azienda. Mentre in termini di sicurezza, grazie a un accordo con Inail, gli infortuni saranno coperti sia che avvengano fuori dal lavoro, sia durante i tragitti ad esempio per raggiungere uno spazio di coworking. Sono riconosciuti gli incentivi fiscali e le contribuzioni che la legge di Stabilità prevede per la contrattazione di secondo livello. Lo smart working può essere per un tempo determinato o indeterminato e si può recedere solo per una giusta causa e con un preavviso non inferiore ai 30 giorni. 

Fenomeno in crescita, ma con rischi
Solo tra i Millenials, i giovani nati tra gli anni ottanta e duemila, sono 1,8 milioni quelli che lavorano a distanza, da casa o comunque lontano dal posto di lavoro. Praticano una forma di lavoro che li tiene costantemente connessi, in modalità remota, dilatando tempi e luoghi di lavono. Sono la fetta della società più interessata per la predisposizione alla mobilità. I rischi sono noti da tempo: il tempo del lavoro sconfina in quello libero, rendendo la giornata spesso un unico eterno turno di lavoro. 

Da un lato si risparmia la corsa all'autobus e le code di ore in macchina, dall'altro si rischia di perdere il senso stesso del lavoro. In molti credono che il non dirigersi in un posto fisico, renda il lavoro più evanescente. Ad esempio i lavoratori di Google sono spinti a utilizzare il 20% del proprio tempo a lavorare su progetti diversi da quelli lavorativi. E limitare al minimo il tempo di lavoro a casa. 

Diversi studi hanno dimostrato negli anni che il lavoro da casa ha più di un aspetto negativo, non solo per gli interessati, che spesso si sentono isolati, perennemente divisi tra il tempo dedicato al lavoro e quello dedicato alla loro vita, ma anche nella qualità del lavoro stesso. Se da un lato molti non rigettano il lavoro solitario, che al contrario li rende più autonomi, è stato studiato che condividere uno spazio di lavoro aumenti la qualità del lavoro stesso: si scambiano idee e stimoli, lavorando in gruppo ci si contamina a vicenda. 

Al senso di isolamento provato dai molti che praticano lo smart working, da anni esistono gli spazi di coworking: uffici o appartamenti affittati in gruppo, anche tra chi pratica professioni diverse, dove svolgere il proprio lavoro. I risultati sono spesso positivi, in molti trovano che avere a che fare anche con persone che non svolgono il nostro stesso lavoro, porta a un arricchimento personale. 

Le aziende dalla loro si dimostrano sempre più interesse a questa forma di lavoro: il 37% per le grandi aziende e il 29% per le piccole e medie imprese credono sia interessante e che potrebbe attuarlo in futuro. Novità che vanno di pari passo ad altri concetti come l'introduzione di devices esterni che facilitino il lavoro da casa, la flessibilità dell'orario e la social collaboration.