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MONDO

UE: Italia a "Rischio non conformità" ma per Roma nessuna misura aggiuntiva

Legge di stabilità. Perché l'Europa ci rinvia a primavera e quali sono le conseguenze?

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Pierre Moscovici, commissario Affari Economici UE
di Luca Gaballo
La Commissione europea prende tempo. La legge di stabilità italiana passa l’esame d’autunno, il parlamento italiano la voterà così com’è ma i conti saranno riesaminati a Primavera. L’Italia ottiene dunque un voto di “rischio di non conformità”;  non è una bocciatura ma neppure una promozione piena. Il commissario agli affari economici Pierre Moscovici, in conferenza stampa, appare rassicurante, ricorda che nessun paese europeo presenta deviazioni gravi, che i conti sono in linea con le previsioni, e aggiunge che l’Italia è l’unico paese che ha via libera a sfruttare la clausola per esentare dal deficit gli investimenti, che le riforme sono apprezzate anche se bisogna lavorare ancora sull’attuazione, e che tutto questo complesso di variabili saranno meglio giudicate in Primavera.

Il contesto politico non consente, del resto, giudizi severi che apparirebbero fuori dalla realtà , soprattutto dopo che la Francia, colpita al cuore dagli attentati di Parigi, ha dichiarato che non rispetterà il patto di stabilità, che espanderà la spesa nel campo della sicurezza e della difesa nella misura che riterrà necessaria, è difficile bocciare qualcun altro per presunte deviazioni di molto minore entità.

Ma qual è il punto? Perché la Commissione non da un via libera pieno già ora alla legge di stabilità? Cosa può cambiare da qui alla primavera?
La variabile che i burocrati di Bruxelles giudicano non sotto controllo è il cosiddetto “deficit strutturale” che scaturisce da un calcolo complesso in cui entrano molte variabili, diverse da paese a paese. Tiene conto del deficit vero e proprio ma anche di un numeretto esoterico chiamato  “crescita potenziale” che scaturisce a sua volta dalle previsioni di crescita del pil, dall’andamento dell’occupazione e da altri fattori. Insomma è un parametro fissato dalla Commissione per ogni paese, che dovrebbe garantire  che, nel medio periodo, nell’orizzonte dei 3 anni, l’Italia arrivi al pareggio di bilancio, a quel deficit strutturale 0 fissato dagli accordi europei che metterebbe il debito in una traiettoria coerente con il fiscal compact. Purtroppo la crescita potenziale per l’Italia, il cosiddetto output gap, in questo momento è negativo, per l’andamento ancora poco entusiasmante dell’occupazione e per i timori di rallentamento internazionale; l’effetto perverso è quello di un ulteriore giro di vite dove si richiede al paese di conformarsi ad un deficit strutturale inferiore a quello scritto nero su bianco  dal governo nella legge di stabilità. E’ una questione convenzionale, bizantina se si vuole, proiettata in futuro imponderabile, che è oggetto di trattativa costante tra la commissione e i ministeri economici dei paesi membri.

In questo quadro il governo italiano è fermamente convinto che il paese abbia afferrato la ripresa, e che, le turbolenze internazionali, semmai, potranno solo rallentarne il ritmo. Bruxelles accorda il beneficio del dubbio e si riserva di giudicare “quali sono le riforme strutturali che l’Italia ancora realizzerà per giustificare una flessibilità superiore a quella già richiesta” come spiega il commissario Dombrovskis, nonché di valutare se le previsioni di crescita saranno confermate dai dati di Primavera e quali prospettive di crescita globale saranno determinate dal contesto internazionale oggi così incerto.

Non solo: la commissione intende anche valutare se la maggiore spesa pubblica, nella misura in cui si discosta dagli obiettivi di medio termine sarà realmente utilizzate per finanziare investimenti e non spesa corrente, se alcune riforme iniziate, come quella fiscale o come la revisione del catasto daranno portate a compimento e se l’Italia presenterà un piano credibile per riportare i conti in linea con l’obiettivo di medio termine negli anni successivi. Nelle 44 pagine che riguardano l’Italia, la commissione europea trova peraltro  il modo di sottolineare  i più noti punti di dissenso con il governo italiano: l’abolizione della TASI sulla prima casa infatti proprio non piace a Bruxelles, che avrebbe preferito  vedere investire quelle risorse in una riduzione stabile e coerente del costo del lavoro. Tra le righe, viene anche ribadito l’invito a moltiplicare gli sforzi per rendere la spending review parte integrante del processo di bilancio, e si bacchetta il al governo italiano per il ritardo della riforma del catasto e quella delle tasse ambientali.

In conclusione si può dire che il governo di Matteo Renzi supera l’esame. La Commissione europea, nonostante la non promozione piena, non chiede all'Italia, per il momento alcuna misura aggiuntiva. La legge di stabilità seguirà il suo corso, gli sforzi del governo italiano per modernizzare la nostra economia sono apprezzati ma la Commissione non mollerà il dossier Italia, paese sempre sorvegliato speciale per il suo grande debito pubblico. Molto dipenderà dalle robustezza della crescita e dalle condizioni internazionali da qui a 6 mesi. Secondo le stime della Commissione Europea il rapporto debito PIl dovrebbe finalmente tornare a scendere il prossimo anno, per la prima volta dall’inizio della crisi, ed il ministro Pier Carlo Padoan sceglie di commentare così il rinvio del giudizio della Commissione “Ha lo scopo di incentivare investimenti e riforme strutturali e l’Italia sta cogliendo questa opportunità per realizzare un programma di riforme strutturali senza precedenti insieme ad investimenti orientati a migliorare la capacità produttiva del paese”