SCIENZA
Carta antica e segni inesorabili del tempo
Leonardo da Vinci, l'autoritratto che svanisce
Un team italo-polacco di ricercatori ha messo a punto una nuova tecnica per valutare lo stato di conservazione dei disegni più antichi

Quando si parla di Leonardo da Vinci la nostra immaginazione è libera (e prigioniera) di mille suggestioni diverse. Le macchine strabilianti, la Gioconda del Louvre, la Vergine delle rocce... Ma il suo volto, quello del vecchio canuto e calvo con la barba fluente e lo sguardo imbronciato, il volto del genio poliedrico del Rinascimento fu proprio lui a lasciarlo in eredità a noi posteri.
Leonardo ritrasse se stesso in un disegno celeberrimo, tracciato a sanguigna su carta intorno al 1515, consegnando alla storia le proprie fattezze, eternate dal tratto inimitabile dell'artista toscano.
Ebbene, quel disegno - un foglio di carta di 33 cm x 21, oggi custodito nella Bilbioteca Reale di Torino - si sta scolorendo irreparabilmente, anno dopo anno. Un destino crudele per quello sguardo austero e profondo, che il tempo pone sul piano inclinato che conduce all'oblio.
Un destino - che è lo stesso di migliaia e migliaia di altri disegni forse meno celebri ma altrettanto belli e preziosi - al quale alcuni ricercatori non vogliono rassegnarsi.
Per questa ragione un'équipe italo-polacca ha profuso ogni energia per capire come salvare l'opera, studiando la composizione della pigmentazione colorata, quella della cellulosa e anche la varietà degli agenti che, nel corso dei secoli, hanno attaccato il disegno. I risultati (Visual degradation in Leonardo da Vinci's iconic self-portrait: A nanoscale study) sono pubblicati da "Applied Physics Letters".
I "cromofori"
A tale scopo il team ha sviluppato un approccio non distruttivo per identificare e quantificare la concentrazione delle molecole della pigmentazione colorata, quelle che assorbono la luce e che gli scienziati chiamano "cromofori". Sono l'effetto dell'azione combinata di luce, calore, umidità, gas inquinanti e impurità: così si provoca l'ingiallimento della cellulosa nei documenti antichi e nelle opere d'arte.
I cromofori sono la chiave per comprendere il processo di degrado visivo delle opere su carta, perché sono i prodotti chimici sviluppati dall'ossidazione durante l'invecchiamento.
Per determinare la velocità di degradazione dell'autoritratto di Leonardo, i ricercatori hanno utilizzato un nuovo approccio, non distruttivo, che ha permesso di identificare e quantificare la concentrazione di cromofori all'interno della carta usata da Leonardo cinquecento anni fa.
Lo strumento utilizzato è stato un perfezionatissimo spettroscopio che ha permesso di analizzare tutti gli spettri di riflettanza ottica dei campioni di carta presi in esame. L'analisi speciale dei dati spettroscopici, confrontati con i risultati ottenuti dall'osservazione di esemplari cartacei coevi al disegno di Leonardo, ha permesso di ricostruire la storia della conservazione dell'autoritratto. Una storia - dice oggi la scienza - trascorsa in ambienti chiusi e pieni di umidità: una conferma di quanto la storia documentale dell'autoritratto racconta.
Misurare il degrado
Una delle implicazioni più significative del lavoro dell'équipe italo-polacca - sottolinea Adriano Mosca Conte, uno dei protagonisti della ricerca - è che ora le condizioni di degrado della carta antica possono essere misurate e valutate con certezza mediante la valutazione delle concentrazioni di cromofori all'interno delle fibre di cellulosa.
Leonardo ritrasse se stesso in un disegno celeberrimo, tracciato a sanguigna su carta intorno al 1515, consegnando alla storia le proprie fattezze, eternate dal tratto inimitabile dell'artista toscano.
Ebbene, quel disegno - un foglio di carta di 33 cm x 21, oggi custodito nella Bilbioteca Reale di Torino - si sta scolorendo irreparabilmente, anno dopo anno. Un destino crudele per quello sguardo austero e profondo, che il tempo pone sul piano inclinato che conduce all'oblio.
Un destino - che è lo stesso di migliaia e migliaia di altri disegni forse meno celebri ma altrettanto belli e preziosi - al quale alcuni ricercatori non vogliono rassegnarsi.
Per questa ragione un'équipe italo-polacca ha profuso ogni energia per capire come salvare l'opera, studiando la composizione della pigmentazione colorata, quella della cellulosa e anche la varietà degli agenti che, nel corso dei secoli, hanno attaccato il disegno. I risultati (Visual degradation in Leonardo da Vinci's iconic self-portrait: A nanoscale study) sono pubblicati da "Applied Physics Letters".
I "cromofori"
A tale scopo il team ha sviluppato un approccio non distruttivo per identificare e quantificare la concentrazione delle molecole della pigmentazione colorata, quelle che assorbono la luce e che gli scienziati chiamano "cromofori". Sono l'effetto dell'azione combinata di luce, calore, umidità, gas inquinanti e impurità: così si provoca l'ingiallimento della cellulosa nei documenti antichi e nelle opere d'arte.
I cromofori sono la chiave per comprendere il processo di degrado visivo delle opere su carta, perché sono i prodotti chimici sviluppati dall'ossidazione durante l'invecchiamento.
Per determinare la velocità di degradazione dell'autoritratto di Leonardo, i ricercatori hanno utilizzato un nuovo approccio, non distruttivo, che ha permesso di identificare e quantificare la concentrazione di cromofori all'interno della carta usata da Leonardo cinquecento anni fa.
Lo strumento utilizzato è stato un perfezionatissimo spettroscopio che ha permesso di analizzare tutti gli spettri di riflettanza ottica dei campioni di carta presi in esame. L'analisi speciale dei dati spettroscopici, confrontati con i risultati ottenuti dall'osservazione di esemplari cartacei coevi al disegno di Leonardo, ha permesso di ricostruire la storia della conservazione dell'autoritratto. Una storia - dice oggi la scienza - trascorsa in ambienti chiusi e pieni di umidità: una conferma di quanto la storia documentale dell'autoritratto racconta.
Misurare il degrado
Una delle implicazioni più significative del lavoro dell'équipe italo-polacca - sottolinea Adriano Mosca Conte, uno dei protagonisti della ricerca - è che ora le condizioni di degrado della carta antica possono essere misurate e valutate con certezza mediante la valutazione delle concentrazioni di cromofori all'interno delle fibre di cellulosa.