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Coronavirus

L'epidemia in Italia

Lettera aperta imprese a Governo: "Vogliamo misure". Cgia: crolla artigianato, in mese persi 7 mld

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"La crisi senza precedenti che il nostro paese e gran parte del mondo intero stanno vivendo obbliga tutti ad elaborare idee di sopravvivenza. Noi facciamo impresa". Inizia così la lettera aperta al presidente del consiglio, al Mise e al Mes che occupa un'intera pagina di avviso a pagamento del 'Corriere della sera' firmata da oltre 50 imprese e sottoscritta da Federdistribuzione e Confimprese.

Si tratta di "Proposte per affrontare l'emergenza" coronavirus - come recita il titolo dell'iniziativa congiunta - da parte degli "esclusi dal decreto Cura Italia". "Non chiediamo soldi a pioggia. Chiediamo misure", affermano le aziende del retail non food firmatarie (da Coin a Calzedonia, passando per Ovs, Pinko, Kiko,Rinascente, Carpisa, Douglas e Alcott per citarne solo alcune), che ricordano come si tratti di un settore che "da solo rappresenta 10 miliardi di fatturato, un milione di lavoratori, quasi 5 miliardi di contributi versati ogni anno.Oltre 20 miliardi di Iva. Almeno 15 miliardi di affitti. Categorie "considerate meno colpite rispetto ad altre -scrivono - quando in realtà lo siamo maggiormente". 

Da qui le 10 proposte avanzate: sei per la fase di emergenza e quattro per quella della ripresa. La prima è la richiesta di essere "assimilate alle filiere in crisi" che compaiono nel decreto Cura Italia. E poi il blocco degli obblighi di pagamento; la revisione contrattuale degli affitti, anche post apertura; lo slittamento almeno fino a settembre del pagamento dell'Iva; la depenalizzazione dei reati tributari per dichiarazioni regolari ma mancati versamenti; l'immediata immissione di liquidità. Per la ripresa le proposte sono: sgravi contributivi del 50% sino al 2021; detrazioni fiscali maggiorate sugli investimenti e spese di marketing; facilitazione del credito al consumo; detrazioni d'imposta e voucher a favore di persone fisiche per acquisti di bene e servizi delle aziende operanti nei settori in crisi. 

Cgia, crolla artigianato, in un mese persi 7 mld
Almeno 7 miliardi di euro. A tanto ammonta la stima della perdita di fatturato che a livello nazionale le imprese artigiane subiranno in questo mese di chiusura a causa del Coronavirus (dal 12 marzo al 13 aprile 2020). A fare i conti è stato l’Ufficio studi della CGIA.
 
I comparti più colpiti sono anche quelli più rappresentativi di tutto il settore: le costruzioni, ad esempio,  vedranno una flessione del fatturato di 3,2 miliardi (edili, dipintori, finitori di edifici, etc.) la manifattura di 2,8 miliardi (metalmeccanici, legno, chimica, plastica, tessile-abbigliamento, calzature, etc.) e i servizi alla persona di 650 milioni di euro (acconciatori, estetiste, calzolai, etc.).
 
“L’artigianato rischia di estinguersi, o quasi, in particolar modo nelle piccole città e nei paesi di periferia, molte attività - segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – a fronte dell’azzeramento degli incassi, degli affitti insostenibili e di una pressione fiscale eccessiva, non reggeranno il colpo e saranno costrette a chiudere. Se la situazione non migliorerà entro la fine del prossimo mese di maggio, è verosimile che entro quest’anno il numero complessivo delle aziende artigiane scenderà di almeno 300 mila unità: vale a dire che il 25 per cento delle imprese artigiane presenti in Italia chiuderà i battenti”.