Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/Libia-Conte-Rischio-crisi-umanitaria-Lunedi-bilaterale-a-Roma-con-il-vicepremier-del-Qatar-91f3ea58-edea-4303-80d6-e7c3c8f4d911.html | rainews/live/ | true
MONDO

Libia, Conte: "Rischio crisi umanitaria". Lunedì bilaterale a Roma con il vicepremier del Qatar

Infuria la battaglia per Tripoli. Le forze di Haftar sfondano a sud, poi la controffensiva lealista

Condividi

L'Italia rilancia la sua azione diplomatica 'chiamando' uno dei più potenti sponsor arabi del governo di Fayez Serraj, il Qatar. E' infatti in arrivo in Italia il vicepremier e ministro degli Esteri qatarino Mohammed Al Thani, influente membro della famiglia reale dell'emiro Tamim Al Thani. Il premier Giuseppe Conte lo incontrerà lunedì insieme al titolare della Farnesina Enzo Moavero e non è escluso che sempre lunedì atterri nella capitale anche il vicepresidente del Consiglio presidenziale del governo di Tripoli, Ahmed Maitig, uno degli uomini forti del presidente Serraj, esponente di Misurata, la città libica più potente a livello militare. Ma con l'intensificarsi degli sforzi diplomatici resta alta la tensione tra Roma e Parigi. Mentre si rincorrono sempre più frequenti le voci sulla presenza di esperti militari francesi tra le fila dell'esercito del generale Haftar, oggi sia Matteo Salvini che Luigi Di Maio hanno alzato la voce, tornando a denunciare le ambiguità di Macron sulla Libia. A dare fuoco alle polveri è stato il ministro dell'Interno: "Stiamo lavorando affinché in Libia le cose non peggiorino. Speriamo che tutti i Paesi occidentali facciano lo stesso e non ci sia qualcuno che, come in passato, gioca alla guerra per interessi economici. In passato la Francia lo fece e speriamo che non stia ripetendo lo stesso scherzetto perché poi ne pagano le conseguenze tutti". Meno diretto il vicepremier Luigi Di Maio: "Già nel 2011, quando l'Ue non è stata compatta, abbiamo pagato lo scotto di azioni singole in Libia. Allora la Libia è stata destabilizzata e l'Italia ha pagato per 5-6 anni lo scotto più grande di decisioni autonome singole di Stati europei che hanno interferito con le azioni che si stavano portando avanti in Libia. Mi auguro che non ci siano altre influenze europee nello scenario libico".

Anche dall'opposizione si guarda con sospetto alla diplomazia francese tanto che Carlo Calenda ritiene addirittura giunto il momento di richiamare l'ambasciatore italiano: "Se la Francia sta giocando una partita diversa da quelle che sono le posizioni ufficiali dell'Ue noi dobbiamo andare fino in fondo, fino a ritirare l'ambasciatore". Navigando in questo mare in tempesta e con il tempo che stringe, il premier Giuseppe Conte cerca di rimanere positivo e allargare gli spazi di mediazione: "L'Italia vuole avere un ruolo in Libia come lo ha sempre avuto. Che è quello di un Paese facilitatore per il processo di stabilizzazione e pacificazione dell'intero territorio. È la ragione per cui, pur dialogando con tutti, ovviamente sosteniamo quella che è l'azione delle Nazioni Unite". Ma è difficile capire come si possa riallacciare un rapporto con Haftar, che non ha mai avuto un debole per l'Italia. Comunque, Conte non nasconde quale sia la principale preoccupazione del governo rispetto alla guerra civile libica: la riapertura di flussi massicci d'immigrazione. "C'è un serio rischio, un concreto rischio, di una crisi umanitaria che vogliamo scongiurare", ha ammesso oggi, assicurando, però, che "se ci sarà una crisi umanitaria l'Italia saprà affrontarla". La cabina di regia sulla Libia è aperta h 24 a Palazzo Chigi.

Infuria la battaglia per Tripoli, civili intrappolati
Attacchi e controffensive, avanzate e ritirate, morti, feriti e centinaia di civili intrappolati: si fa sempre più cruenta la battaglia alle porte di Tripoli, che si combatte furiosamente tra le forze fedeli al governo internazionalmente riconosciuto di Fayez al Sarraj e quelle di Khalifa Haftar.   Il decimo giorno della guerra proclamata dal maresciallo è stato segnato da violenti scontri lungo l'asse a sudovest della capitale. Dopo una notte di combattimenti, i soldati dell'uomo forte della Cirenaica hanno sfondato le linee avversarie, avanzando a colpi di artiglieria, missili Grad e sostenuti dai raid aerei. Due le zone conquistate per diverse ore: quella di Suani ben Adem, 25 km a sudovest di Tripoli, e quella di Aziziya, una trentina di chilometri più a sud, lungo la direttrice che conduce a Zintan e Gharyan.   Dopo ore di battaglia, lanci di razzi e vittime, soprattutto civili - almeno cinque gli uccisi, tra i quali una donna incinta- le milizie di Tripoli hanno lanciato il contrattacco e respinto i nemici a Suani ben Adem. Nel primo pomeriggio dal centro della cittadina si levavano dense colonne di fumo nero.

Le truppe di Haftar sono state costrette alla ritirata, lasciando diverse unità di fanteria lungo la linea di un fronte frastagliato, lontane dalle retrovie. I soldati, a corto di munizioni, sparavano contro i tuwar nel tentativo di aprirsi una via di fuga. I soldati che difendono la capitale sono poi avanzati anche su Aziziya, strappando parte della città agli avversari. Sul campo, hanno riferito fonti attendibili, sono arrivate anche le temibili milizie di Zintan, protagoniste della cacciata di Muammar Gheddafi da Tripoli nel corso della rivoluzione del 2011 e pronte ora a combattere per la difesa della capitale.

Almeno 100 morti, 28 i bambini. Decine e decine di famiglie bloccate tra due fuochi
Il bilancio dall'inizio dell'offensiva, il 4 aprile, è di almeno 100 morti, tra i quali 28 bambini, hanno fatto sapere fonti mediche. Decine e decine di famiglie sono bloccate tra due fuochi: moltissime le telefonate strazianti dalle zone di combattimento che arrivano ogni giorno al centro di emergenza di Tripoli. Soprattutto donne, che chiedono cibo, acqua oppure "qualcuno che ci venga a prendere".   Ad Ain Zara, altro fronte caldo a soli 15 km a sudest della capitale, una scuola elementare deserta è stata centrata da un raid di Haftar. Non ci sono state vittime, ma le bombe piovute dal cielo hanno terrorizzato i tanti rifugiati presenti nell'area, che nei giorni scorsi hanno trovato riparo proprio in edifici pubblici attualmente chiusi. 

I militari di Tripoli hanno l'ordine di limitare la potenza di fuoco, evitare vittime e distruzioni. "Combattiamo per la nostra terra, per tutti i libici. Per questo fino a oggi siamo ancora rimasti sulla difensiva: anche i soldati di Haftar sono nostri compatrioti", ha detto all'Ansa il generale Abuseid Shwashli, al comando della regione del distretto sudovest. "Quelli di Haftar hanno armi più moderne, ma non le sanno usare. Sono soprattutto reclute, meno del 20% delle loro forze ha esperienza, e combattono per lo stipendio oppure perché sono costretti", ha sottolineato Shwashli, mentre nel suo quartier generale pezzi di artiglieria pesante vengono tirati a lucido, pronti all'uso se da Tripoli partisse l'ordine di un attacco massiccio. "Se dovesse arrivare quell'ordine, saremmo costretti a fare terra bruciata", ha detto ancora il comandante. Nel centro di Tripoli, per il momento, arrivano solo gli echi delle battaglie che si combattono alle sue porte. Il sole al tramonto illumina le lunghe code di auto ai distributori a caccia di benzina: l'unica vera immagine di guerra nella capitale in queste ore cruciali per il destino della città, e di tutta la Libia.