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MONDO

La missione militare

Libia, al Hafar: "Mandateci armi e dottori, non soldati"

Il vicepremier del governo di Tripoli in un'intervista al Corriere della Sera: "Noi libici abbiamo i soldati necessari e la volontà per combattere l'Isis. Ma ci servono armi, munizioni e sostegno logistico. Abbiamo visto come gli americani e i loro alleati hanno sprecato tante forze per cercare di battere Isis ed estremismo islamico in Iraq, Siria e Afghanistan. Non vorremmo che da noi si ripetessero gli stessi errori"

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"Cinquemila soldati italiani? Preferiremmo tecnici, dottori, ingegneri. Ci servono civili per ricostruire la Libia, non soldati per distruggerla. Noi libici abbiamo i soldati necessari e la volontà per combattere l'Isis. Ma ci servono armi, munizioni e sostegno logistico. Abbiamo visto come gli americani e i loro alleati hanno sprecato tante forze per cercare di battere Isis e l'estremismo islamico in Iraq, Siria e Afghanistan. Non vorremmo che da noi si ripetessero gli stessi errori". Lo afferma, in un'intervista al Corriere della Sera, il vicepremier del governo di Tripoli, Ahmed Amhimid al Hafar, che sulle salme di Fausto Piano e Salvatore Failla dichiara: "I corpi stanno per essere spediti a Roma. Mancano alcune procedure burocratiche e mediche. Questione di ore". Sull'autopsia, "la questione è in mano al procuratore generale dello Stato. I due stranieri andavano riconosciuti e occorreva verificare che non vi fossero errori d'identità", spiega al Hafar, che ai familiari di Piano e Failla dice: "sono addolorato per la morte dei loro cari. E allo stesso tempo sollevato per il fatto che due italiani siano vivi. Spero si capisca che abbiamo fatto del nostro meglio per liberarli tutti".

In merito a un possibile intervento militare in Libia, "occorre cooperare al meglio. Qualsiasi contributo della comunità internazionale deve essere concordato con il governo di Tripoli, che è l'unico legittimo in Libia. Ma non servono soldati stranieri - sottolinea al Hafar - piuttosto sostegno logistico alle nostre forze militari, che sono ben determinate a battere Isis".

"Il 95% dei libici odia Isis. La sua forza sta nei volontari jihadisti stranieri che arrivano dall'estero", spiega al Hafar. "I miei parenti a Sirte raccontano che sono in maggioranza giovani tunisini, egiziani, sudanesi, marocchini, vengono dal Ciad e dal Mali. Non è un caso che liberando gli italiani a Sabrata i nostri uomini abbiano scoperto che i loro rapitori erano tunisini".