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MONDO

Il rapimento

Agguato all'alba nel deserto: così sono stati rapiti i tecnici italiani in Libia

L'episodio nei pressi di Ghat, al confine con l'Algeria. "L'autista che accompagnava i tre e' stato trovato con le mani legate in una zona desertica", raccontano le fonti locali. Che escludono che ci sia Al Qaeda dietro il sequestro

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Torna l'incubo dei rapimenti di cittadini italiani in Libia. Ieri la notizia del sequestro di 2 tecnici italiani e di un cittadino canades, rapiti da sconosciuti armati e mascherati, nel sud del Paese al confine con l'Algeria .  Gli aggressori hanno bloccato la loro auto e hanno aperto prima di costringerli a salire su un fuoristrada.

Chi sono i rapiti
Sono Bruno Cacace, 56enne residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), che vive in Libia da 15 anni, e Danilo Calonego, 66enne della provincia di Belluno, come hanno confermato i carabinieri di Cuneo. Il sequestro - che non e' stato rivendicato - e' stato confermato ieri sera dalla Farnesina, informata gia' da ieri mattina ma che sta seguendo la vicenda e lavorando con il massimo riserbo su una situazione che si presenta estremamente delicata. Il caso viene seguito direttamente dal premier Matteo Renzi, in contatto con il ministro degli esteri Paolo Gentiloni e l'autorita' delegata ai Servizi, il sottosegretario Marco Minniti.  

Con loro un canadese. Tutti dipendenti di una ditta piemontese
 Assieme ai due italiani e' stato rapito un cittadino canadese. Tutti e tre lavorano per la Con.I.Cos, societa' di Mondovi' (Cuneo) che si sta occupando della manutenzione dell'aeroporto di Ghat, citta' sotto il controllo del governo di unita' nazionale di Tripoli, internazionalmente riconosciuto.    I tre "sono stati prelevati da un gruppo di uomini che erano a bordo di due auto. I rapitori hanno aperto il fuoco contro di loro e poi li hanno prelevati", ha riferito al sito Masrawy.com un membro del consiglio municipale di Ghat. La stessa fonte ha aggiunto che "l'autista che accompagnava i tre e' stato trovato con le mani legate in una zona desertica" e ha rivelato che a fornire tali particolari sulla dinamica del sequestro sarebbe stato proprio l'autista abbandonato dai sequestratori. Il sindaco di Ghat, Komani Mohamed Saleh, aveva detto in precedenza al sito arabo Tuniscope che "Sconosciuti hanno sequestrato all'alba un canadese e due italiani" e che "si sta lavorando per conoscere il gruppo dei rapitori e il luogo dove sono stati portati i tre".  


 Altre fonti libiche hanno dichiarato al sito arabo 218.tv.net che "uomini mascherati che si trovavano a bordo di una vettura 4x4, hanno fermato vicino alla cava di El-Gnoun un'auto dove si trovavano degli stranieri che stavano viaggiando verso il loro posto di lavoro vicino all'aeroporto di Ghat, prima di sequestrarli". Nessun riferimento al movente ne' alla possibile affiliazione dei rapitori, anche se in Libia sono comuni i sequestri a scopo di estorsione.  

Ore di angoscia a Cuneo e Belluno
 Ore di angoscia a Borgo San Dalmazzo, il Comune cuneese di cui e' originario Bruno Cacace, e a Sedico, nel Bellunese, dove e' nato Danilo Calonego, si attendono con trepidazione notizie da Ghat, nel sud del paese africano, dove sono stati sequestrati.    Entrambi lavorano per la Con.I.Cos., una multinazionale con numerose commesse di ingegneria civile fondata nel '77 a Mondovi' (Cuneo) e che da decenni opera in Libia. La notizia si e' diffusa subito a Mondovi'. "Abbiamo cercato di metterci in contatto con i responsabili dell'azienda, ma finora non abbiamo trovato nessuno, ne' a Mondovi' ne' in Libia", dice il sindaco Stefano Viglione. "Abbiamo contattato la Farnesina - prosegue il primo cittadino monregalese - e ci hanno spiegato che la situazione e' delicata ed e' opportuno usare la massima discrezione".    C'e' preoccupazione anche a Borgo San Dalmazzo, il comune della Valle Stura dove vivono l'anziana mamma e il fratello gemello di Cacace. "E' un brutto colpo per la nostra comunita'. Conosco personalmente Bruno e anche se vive in Libia da 15 anni e' una persona molto nota nel nostro paese", afferma all'ANSA il sindaco Giampaolo Beretta. "Ho parlato con la famiglia - aggiunge il primo cittadino - che in questo momento chiede pero' di essere lasciata tranquilla. Sono ore molto delicate".    Cacace e' sposato e separato e ha due figlie che vivono in Francia, una a Saint Tropez e l'altra a Parigi. Torna un paio di volte all'anno in paese.    Squilla a vuoto il telefono di Giorgio Vinai, cofondatore della Con.I.Cos. e memoria storica dei costruttori italiani impegnati nel Nord Africa: "Tornero' presto in Libia a tutelare i miei interessi", aveva detto nei mesi scorsi l'imprenditore cuneese, in occasione del rapimento dei tecnici della Bonatti.    "E' ipocrisia cercare di tenere lontani gli italiani dalle proprie imprese in Libia", sottolineava ancora Vinai, alle prese con i cantieri e le commesse della Con.I.Cos. da rispettare e con gli ingenti crediti accumulati negli anni nei confronti della Libia. Ora questa nuova pagina nella storia della sua azienda, probabilmente la piu' difficile per Vinai. 

Indaga la Procura di Roma
Sara' la procura di Roma ad indagare sul rapimento. L'apertura del fascicolo processuale e' subordinata ad una prima informativa dei Ros che arrivera' a breve a piazzale Clodio e, come per episodi analoghi, si procedera' per sequestro di persona con finalita' di terrorismo.


Salgono cosi' a tre i rapiti italiani nel mondo: da tre anni e' in mano ai sequestratori padre Paolo Dall'Oglio, sparito a Raqqa, in Siria, nel luglio 2013.    Si e' attivato anche il Copasir, che oggi riunira' l'ufficio di presidenza che potrebbe decidere di convocare presto in audizione il direttore dell'Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), Alberto Manenti.

Gli apparati di sicurezza ritengono "non ad alto rischio" la zona della Libia dove sono stati rapiti gli italiani e il canadese, che e' abitata da tribu' tuareg alleate di Tripoli. Ma l'intera area, al confine con il sud dell'Algeria e il Niger, e' zona di passaggio di cellule islamiste legate ad Al Qaida e tutt'altro che immune da infiltrazioni dell'Isis.

Ma dopo il tragico esito del sequestro dei quattro lavoratori della Bonatti (due dei quali rimasti uccisi in circostanze ancora non chiarite a Sabratha, nel marzo scorso, dopo un sequestro durato 8 mesi), c'e' stata un'ulteriore 'stretta' per evitare che civili italiani si trovino in un Paese dove infuriano gli scontri tra milizie rivali e dove la minaccia dell'Isis e' una realta'.