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ITALIA

Secondo capitolo inchiesta "Mondo di mezzo"

Mafia Capitale, indagato il sottosegretario Castiglione per appalto gestione centro di Mineo

Uno dei fronti dell'indagine sono gli affari e gli appalti per le gestione dei centri di accoglienza; indagato il sottosegretario all'Agricoltura, il reato ipotizzato è turbativa d'asta. La replica: "Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia, vicenda assurda". Primi interrogatori degli arrestati 

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(Ansa)
Roma
C'è anche il sottosegretario all'Agricoltura, Giuseppe Castiglione, di Ncd, tra i sei indagati per turbativa d'asta nell'inchiesta della Procura di Catania sull'appalto per la gestione del Cara di Mineo. La gestione dei centri di accoglienza e del flusso dei migranti è uno dei filoni che emerge dal secondo capitolo dell'inchiesta "Mondo di mezzo". Nel decreto la Procura ipotizzerebbe che gli indagati "tubavano le gare di appalto per l'affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011, prorogavano reiteratamente l'affidamento e prevedevano gare idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014". Replica Castiglione: "Tutta questa vicenda è semplicemente assurda, già sei mesi fa quando venne pubblicata la notizia sull'inchiesta a mio carico caddi dalle nuvole ora ci risiamo. Ma di cosa stiamo parlando poi?". Ribadendo "con fermezza di non aver avuto notificato alcun avviso di garanzia" chiede alle Procure di Catania e Caltagirone di "fare luce nel più breve tempo possibile sulla mia posizione visto il ruolo istituzionale che ricopro".

Intanto sono iniziati i primi interrogatori di garanzia; sono stati sentiti dal gip Flavia Costantini tutti coloro che sono stati reclusi a Regina Coeli: tra questi Mirko Coratti, già presidente dell'Assemblea Comunale; Francesco Ferrara, dirigente della cooperativa "La Cascina"; il dirigente comunale Angelo Scossafava e l'ex assessore della giunta Marino, Daniele Ozzimo. Oggi sarà la volta di tutti gli indagati condotti ieri nel carcere di Rebibbia. 44 i provvedimenti di custodia cautelare, 21 gli indagati tra questi anche l'ex assessore all'Ambiente della giunta Alemanno, Marco Visconti.

Marino: "Non mi dimetto"
Il sindaco Marino difende la sua amministrazione. "Questa inchiesta è frutto anche del nostro lavoro di cambiamento. Il mio primo atto da sindaco è stato chiedere al ministero dell`Economia di poter utilizzare gli ispettori della Guardia di finanza in Campidoglio. E già lì in molti storsero il naso". Rigetta in un'intervista a Il Messaggero ogni ipotesi di dimissioni: "Lasciare il Campidoglio? Lo farò nel 2023, alla fine del mio secondo mandato". A chi gli chiede di lasciare la poltrona di sindaco risponde: "Se a chiedermi riflessioni fosse papa Francesco, mi fermerei a pensare seriamente alle mie azioni. Ma se le dimissioni me le propone Giorgia Meloni, leader di un partito che ha chiesto voti alla 'ndrangheta, rispondo che io voglio spianare come un rullo compressore tutte le persone che negli ultimi anni si sono messe sotto i piedi i diritti e i soldi dei romani". E punta quindi il dito contro la precedente amministrazione: "Questa per me è una giornata di festa: con la giunta Alemanno la criminalità organizzata si era infiltrata fino ai vertici dell'amministrazione. Oggi tutto questo è cambiato, Roma deve essere guida morale del Paese".

Renzi: "Chi ruba paghi tutto"
Tutto il Pd fa quadrato intorno al sindaco di Roma. "Un Paese solido è quello che combatte la corruzione come sta avvenendo in Italia con decisione e forza, mandando chi ruba in galera, perché è giusto che chi ha violato le regole paghi tutto e fino all'ultimo giorno". Anche Matteo Orfini, presidente dei Dem, nominato commissario straordinario del partito romano proprio dopo lo scandalo Mafia Capitale, sostiene l'amministrazione Marino. "Il Pd è il partito anti-Mafia Capitale", annunciando che tutti i consiglieri coinvolti saranno sospesi. Quanto al ritorno alle urne, Orfini è netto. "Non ci sono le condizioni" per lo scioglimento per mafia del comune di Roma, scandisce, rispondendo punto per punto alle accuse del M5S, di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni: "Marino e Zingaretti sono stati un baluardo contro il malaffare e quello che sta emergendo è anche dovuto alle loro denunce".

"La mucca deve mangiare per essere munta"
L'immagine simbolo di questo secondo capitolo della maxi inchiesta su Mafia Capitale la "regala" Salvatore Buzzi. "La mucca deve mangiare per essere munta": una metafora che racconta il sistema che il clan "capitolino" aveva creato per poter portare avanti i suoi affari, in primis quello sulla accoglienza dei migranti. Una mucca "munta tanto" fino a quando non si è mangiata tutto. Dalle carte dell'inchiesta emerge il 'modus' operandi nel clan che viveva sulla diarchia Carminati-Buzzi e il tipo di rapporto che il clan stabiliva con i suoi interlocutori istituzionali. Molti dei quali, secondo gli inquirenti, erano foraggiati con veri e propri stipendi 'paralleli' grazie ai quali Buzzi e soci riuscivano ad ottenere voti in commissioni, via libera per potere ramificare il loro giro d'affari che negli ultimi anni aveva registrato una impennata alla voce "entrate". 

Politici coinvolti
Tra gli arrestati l'ex minisindaco di Ostia, Andrea Tassone, dimessosi lo scorso marzo dopo la prima tranche dell'inchiesta "Mondo di Mezzo" ed oggi finito ai domiciliari. Poi l'ex assessore Pd alla Casa nella giunta Marino Daniele Ozzimo e 4 consiglieri comunali. Per il Pd l'ex presidente del consiglio comunale di Roma, Mirko Coratti, Massimo Caprari  e Pierpaolo Pedetti, e ancora il consigliere di Forza Italia Giordano Tredicine vicepresidente del consiglio comunale e vicecoordinatore del partito per il Lazio. "I consiglieri comunali devono stare ai nostri ordini". Dice Buzzi al telefono con Carminati. "Ma perchè dovrei stare agli ordini tuoi? Te pago!", replica Carminati dall'altro capo della cornetta, intercettato dai Ros. Il clan aveva una sorta di tariffario per ogni "tassello" da oliare.

Odevaine al centro del sistema
L'articolato meccanismo corruttivo faceva capo a Luca Odevaine (già in carcere a Torino da sei mesi) che, in qualità di appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull'accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, sarebbe "risultato in grado di ritagliarsi aree di influenza crescenti". Le indagini avrebbero accertato la sua capacità di "garantire consistenti benefici economici ad un 'cartello d'imprese', determinando l'esclusione di imprese concorrenti".