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ITALIA

Roma

Mafia Capitale, proteste in Campidoglio. Buzzi: se parlo cade il governo. Marino: non lascio

Cinque arresti. Si dimette il capogruppo Pd in Regione. I manifestanti tentano di irrompere in Comune. Grillo: "Va disinfestato". E Marino non lascia il Campidoglio

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Non vuole lasciare il timone del Campidoglio, colpito dalla seconda ondata dello 'tsunami' Mafia Capitale. "Dimissioni? Sembrerebbe il mondo al contrario" afferma Ignazio Marino proprio nel giorno in cui Palazzo Senatorio è stato 'assediato' dalla protesta del M5S che ha chiesto un suo passo indietro. E a distanza di qualche anno si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa, puntando il dito contro il Pd romano dei 'capibastone': erano un "ostacolo ma con me non hanno toccato palla".

Nessun congedo per il primo cittadino che scongiura anche l'arrivo dello spettro del commissariamento e dello scioglimento del Comune per mafia. "Mi sembrerebbe davvero il mondo all' incontrario - spiega mentre è ospite della trasmissione 'Di Martedi". Ora è il momento di andare avanti, perché finalmente in Campidoglio "si sta cambiando tutto". 



Marino allontana qualsiasi ombra della Cupola mafiosa di Carminati&Co dal suo esecutivo - "Quelli di cui non mi fido non li frequento. Sulla mia giunta io garantisco. Ho degli assessori straordinari" chiosa. E a chi gli chiede se non avesse paura di essere ricordato come il 'sindaco di Mafia Capitale' risponde: "Nessuno tra 30 anni si ricorderà di noi ma tutti si ricorderanno di come è cambiata una città abituata a scambiare favori e dove c'erano privilegi e illegalità che duravano da decine di anni".

Gli arresti
La bufera è seguita agli arresti da parte della Guardia di Finanza di 5 persone in un'operazione disposta dalla Procura della Repubblica capitolina nel settore degli appalti pubblici e di contrasto alle frodi fiscali. L'ordinanza di custodia cautelare è stata emessa dal gip di Roma nei confronti di sei persone, di cui una recentemente deceduta, tra cui un alto dirigente in servizio alla Sovrintendenza dei beni culturali di Roma Capitale che avrebbe favorito un imprenditore nell'iter procedurale per l'aggiudicazione di gare pubbliche.

I reati contestati
Tra le gare "truccate" ci sarebbe anche quella relativa al restauro dell'aula Giulio Cesare del palazzo Senatorio dove si riunisce il consiglio comunale, affidata a trattativa privata a un imprenditore, coinvolto anche nell'inchiesta. Tra i reati contestati agli arrestati, associazione a delinquere, truffa aggravata e continuata a danno del Comune di Roma, falso, turbativa d'asta, emissione e utilizzo di fatture false, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte con l'aggravante del reato transnazionale, commesso a Roma, Lussemburgo e altrove. 

Buzzi: ho finanziato lecitamente tutti, anche a Renzi
Salvatore Buzzi li cita tutti. Tutti, secondo il presunto braccio destro di Massimo Carminati, avrebbero ricevuto finanziamenti regolari e leciti dalle sue cooperative. Da Alemanno a Marino, da Zingaretti a Renzi. Il ras delle cooperative, figura-chiave della maxinchiesta della Procura di Roma su Mafia Capitale, lo mette nero su bianco in una missiva inviata il 18 dicembre scorso, pochi giorni il suo arresto, in una lettera inviata alle sue collaboratrici dal carcere.  

"Il vero scopo di questa inchiesta - scrive - è costringermi a cedere raccontando la corruzione a Roma nell'ultimo decennio ma non posso inventarmi le cose che non so. Noi non abbiamo mai finanziato illegalmente la politica, ma tutto legalmente: Rutelli, Veltroni, Alemanno, Marino, Zingaretti, Badaloni, Marrazzo, tutti praticamente, anche Renzi: tutti contributi dichiarati in bilancio". Buzzi torna a parlare di finanziamenti al 'palazzo' alcuni mesi dopo, nel corso di un interrogatorio davanti ai pm il 31 marzo scorso.

Le carte delle indagini
Nelle carte delle indagini, il verbale del colloquio. "Sostenevamo attraverso contributi diretti alcuni candidati, e altri invece li abbiamo sostenuti, come si dice, attraverso la campagna elettorale diretta - ha detto - Abbiamo finanziato sia Alemanno, poi abbiamo dato un contributo anche a Ozzimo (che è stato scarcerato dal gip), sostenevamo Coratti, sostenevamo Nieri". E ancora: "Abbiamo dato altri soldi, sempre legalmente, alle fondazioni. Abbiamo dato, credo 15.000 euro a Patanè. Ti chiamavano - prosegue Buzzi - per le famose cene, come posso dire 'c'è una cena con Alemanno, 1000 euro a persona', tu prendevi un tavolo e ovviamente erano 10.000 euro. Ma noi ne abbiamo fatte, noi l'abbiamo fatta pure con Renzi la cena eh? Quindi le abbiamo fatte con tutti le cene, con Zingaretti, la nostra è una grande cooperativa. A me se non mi chiamavano ero più contento eh? Se non mi chiamavano era meglio per noi, risparmiavamo".

Dalle carte allegate agli ultimi arresti spunta fuori anche una lettera che sempre Buzzi scrive dal carcere di Nuoro al pm Paolo Ielo, uno dei titolari del procedimento. "Non riesco a capacitarmi - scrive - della violenza giudiziaria e di quella mediatica che ha fatto strame di quelle minime garanzie previste per l'indagato: sono già stato condannato a mezzo stampa e oggetto di un linciaggio mediatico senza precedenti". Ma Buzzi secondo il Ros poteva contare su 'informatori eccellenti' tra cui anche un appuntato dei carabinieri di stanza al Quirinale che lo aggiornava sullo stato delle indagini.