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ITALIA

Inchiesta Mondo di mezzo

Mafia capitale, Marino: "Con noi gli affari sono finiti". Il prefetto: "Tre ipotesi per Roma"

Il sindaco: "Roma non è una città mafiosa. Ci costituiremo parte civile". Dalle indagini nuovi dettagli: l'organizzazione aveva un filo diretto con Cosa Nostra, tramite Diotallevi e De Carlo. Emergono anche un dossier contro un giudice scomodo e una maxi tangente a un deputato senza nome. Alcuni arrestati sarebbero pronti a parlare 

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Marino (LaPresse)
L'inchiesta su Mafia Capitale continua ad allargarsi. Dopo le novità sui conti in Svizzera e la maxitangente ad un deputato senza nome, dalle carte emergerebbe ora persino un filo diretto con Cosa Nostra, i cui referenti a Roma sarebbero stati il boss Ernesto Diotallevi e Giovanni De Carlo, entrambi indagati nell'inchiesta in corso. 

La politica rincorre i risvolti delle indagini. Il sindaco di Roma Ignazio Marino rigetta l'ipotesi di dimissioni, invocate da Berlusconi e M5S, e rilancia invece un giro di deleghe in Campidoglio nel nome della legalità e della trasparenza. "Per tutto ciò che è stato sottratto, il Comune si costituirà parte civile" afferma il sindaco, e ai microfoni di RaiNews24 sottolinea: "Roma non è una città mafiosa, spero che Pignatone metta queste persone in prigione e butti le chiavi". "Con noi gli affari sono finiti. Si vergognino e se ne vadano da questa città. Noi stiamo dall'altra parte". 

Roma parte civile
"Per quanto riguarda tutto ciò che è stato sottratto, il Comune si costituirà parte civile perchè vogliamo che quei soldi tornino indietro alla città" ha detto Marino. Il sindaco già la prossima settimana lavorerà ad un giro di deleghe per rafforzare l'impegno per la legalità. "Mi aiuterà il presidente Cantone a gestirla con la revisione di tutti gli appalti" assicura Marino, che sta anche pensando ad un vero e proprio assessorato alla Legalità. Una persona al di sopra di ogni sospetto, interna o esterna alla giunta. 

Il prefetto: "Tre ipotesi per Roma"
E sulla possibilità del commissariamento di Roma interviene il prefetto Giuseppe Pecoraro: "Potrebbero esserci tre ipotesi, dopo la valutazione delle carte dell'inchiesta: o un accesso agli atti, o lo scioglimento o una terza via che prevede di non intervenire essendo in corso l'attività giudiziaria".

Boschi: "Marino deve restare"
"Marino deve restare e governare bene" fa sapere il ministro ai Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. "È giusto individuare le responsabilità ma attenzione a tirare in mezzo il Comune di Roma, per arrivare al commissariamento ci vogliono estremi di legge precisi e qui non ci sono estremi" aggiunge il ministro.

I rapporti con Cosa Nostra
Riscontri sul ruolo di Diotallevi e di De Carlo, presunti referenti di Cosa Nostra, emergono anche da un'intercettazione del 2012. La circostanza si rileva in un decreto di autorizzazione di intercettazioni telefoniche nel quale Diotallevi, in passato accusato, ma poi assolto, di aver fatto parte della Banda della Magliana, viene indicato come appartenente a Cosa Nostra dal collaboratore Salvatore Cancemi che "riferisce anche in merito ai suoi rapporti con Pippo Calò". Degli stessi rapporti - si legge nella richiesta della procura nell'ambito dell'inchiesta Mafia Capitale - riferisce anche Francesco Marino Mannoia. 

Soldi in Svizzera
Secondo gli inquirenti, i soldi delle tangenti finivano in Svizzera o su conti di parenti e amici. In particolare, nelle carte si parla di un viaggio di alcuni collaboratori di Carminati in territorio elvetico nella scorsa primavera. Una trasferta “finalizzata al compimento di operazioni bancarie di significativo interesse per l’indagine”. Luca Odevaine, da quanto è emerso, per nascondere il denaro in Italia avrebbe utilizzato i conti correnti della madre e dei figli.

La maxi tangente al deputato senza nome
Dalle ricostruzioni spunta una maxi tangente da 700mila euro che la Breda Menarini avrebbe pagato per la fornitura di 45 filobus al Comune di Roma. Stando alle intercettazioni, l’ex amministratore delegato di Eur Spa Riccardo Mancini, vicino all’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, ne avrebbe girati buona parte a un politico ancora senza nome. “I soldi non se li è presi lui – dice Buzzi al telefono – L’ha dati  a un deputato. Noi sappiamo a chi l’ha dati. Lo sa tutta Roma a chi l’ha dati”.

Dossier contro un giudice per il Cara
Sul Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo emerge anche una specie di dossier per screditare il giudice del Tar che aveva firmato la sospensiva per la gara. Contro il magistrato si sarebbe mossa direttamente un’ex assessore della giunta Zingaretti, Paola Varvazzo, che avrebbe fornito documenti utili all’organizzazione.