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ITALIA

Depositati al termine della prima udienza

Mafia capitale, ecco la relazione del prefetto su Roma

La "parabola" di Marino agli occhi del sodalizio. Prima lo temono parlando di "sindaco ostile", e addirittura ne auspicano la caduta: "dovrebbero fallo casca"

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Al termine della prima udienza i pm hanno depositato l'attesissima relazione dell'ex prefetto Pecoraro su Roma e la sua amministrazione. Una fotografia che racconta un comune fortemente infiltrato con un sindaco che avrebbe "sottovalutato la corruzione". E proprio attraverso questo strumento l'attività criminosa di Carminati e soci, sarebbe riuscita a costruire "il proprio percorso di condizionamento dell'istituzione deviandone atti di indirizzo politico". Per questo la commissione proponeva nel documento l'applicazione dell'articolo 143 del Testo unico degli Enti Locali, ovvero lo scioglimento del consiglio Comunale.

E anche Marino non sempre sarebbe riuscito ad opporsi. I commissari sottolineano come l'ex sindaco parlando di Daniele Ozzimo, ex assessore ora ai domiciliari, davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie dice che "tutte le azioni (di Ozzimo, ndr) che ho potuto valutare erano non solo legali, ma all'insegna della più severa legalità". Scrivono i commissari: "Marino dimostra di avere commesso l'errore di sottovalutare la corruzione e non identificarla per quello che è: veicolo di contagio mafioso".

Viene descritta anche la "parabola" di Marino agli occhi del sodalizio. Prima lo temono parlando di "sindaco ostile", e addirittura ne auspicano la caduta: "dovrebbero fallo casca". Poi cercano l'aggancio, "ce pigliamo le misure con Marino", ed infine arrivano ad una convivenza e addirittura si augurano che l'amministrazione possa proseguire fino alla scadenza naturale: "Se resta sindaco altri tre anni e mezzo col mio amico capogruppo ce mangiamo Roma".

Le 835 pagine
Nelle 835 pagine i commissari prefettizi sottolineano come "i gravi fenomeni di condizionamento della vita politico amministrativa dell'ente (da parte del sodalizio criminale, ndr) abbiano indebolito i presidi di legalità di Roma Capitale".

Raccontando di come l'associazione di Carminati si fosse infiltrata nelle stanze capitoline i commissari, guidati dal Prefetto Marilisa Magno, evidenziano come "l'asservimento delle funzioni pubbliche travolge la libera formazione della volontà degli organi deliberativi piegandoli agli interessi del sodalizio, in virtù di una trama corruttiva cui hanno aderito membri dell'assemblea e della giunta capitolina".

Dunque, prosegue la relazione, "il quadro che emerge è quello di un'amministrazione inquinata i cui atti gestionali presentano gravi deviazioni rispetto al canone normativo, sia sotto profilo amministrativo che finanziario, dando vita ad un'azione caratterizzata da profonda mala gestio e un continua violazione delle procedure di legge con aggravio di costi e inefficienze".