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ITALIA

Roma

Mafia Capitale, proseguono gli interrogatori di garanzia

L'atto istruttorio  si svolge presso il carcere di Rebibbia. A comparire davanti al gip Flavia Costantini e ai pm Luca Gramazio, consigliere regionale di Forza Italia, ritenuto da chi indaga una figura chiave nei rapporti tra il clan di Massimo Carminati e le istituzioni locali

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Nuova tornata di interrogatori di garanzia oggi per gli arrestati nella maxi-inchiesta della procura di Roma su Mafia Capitale. L'atto istruttorio  si svolge presso il carcere di Rebibbia.

A comparire davanti al gip Flavia Costantini e ai pm, tra gli altri, Luca Gramazio, consigliere regionale di Forza Italia, ritenuto da chi indaga una figura chiave nei rapporti tra il clan di Massimo Carminati e le istituzioni locali.

Ieri erano stati sentiti l'ex presidente dell'Assemblea capitolina, Mirko Coratti, e l'ex assessore comunale Daniele Ozzimo.

Tutti hanno respinto le accuse sostenendo sostanzialmente di non aver avuto mai rapporti d'affari con Salvatore Buzzi, uomo delle cooperative e presunto braccio destro di Carminati.

Tra i sei indagati c'è anche il sottosegretario all'Agricoltura, Giuseppe Castiglione, di Ncd, per turbativa d'asta nell'inchiesta della Procura di Catania sull'appalto per la gestione del Cara di Mineo.

Ha risposto alle domande del Gip Franco Figurelli, membro della segreteria dell'ex presidente del Consiglio comunale Mirko Coratti (Pd). Figurelli, arrestato due giorni fa, si è dichiarato "assolutamente estraneo agli eventi", rigettando le accuse, ha riferito il suo legale Antonio Stellato.  Figurelli è l'interlocutore al quale Salvatore Buzzi in una telefonate intercettata dice "la mucca deve mangiare per essere munta". 

Si è invece avvalso della facoltà di non rispondere Antonio Esposito, amministratore della cooperativa Cosma, che secondo gli inquirenti serviva come collettore delle quote degli utili di Mafia Capitale spettanti al presunto boss Massimo Carminati.

La gestione dei centri di accoglienza e del flusso dei migranti è uno dei filoni che emerge dal secondo capitolo dell'inchiesta "Mondo di mezzo". Nel decreto la Procura ipotizzerebbe che gli indagati "tubavano le gare di appalto per l'affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011, prorogavano reiteratamente l'affidamento e prevedevano gare idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara di appalto 2014".

Replica Castiglione: "Tutta questa vicenda è semplicemente assurda, già sei mesi fa quando venne pubblicata la notizia sull'inchiesta a mio carico caddi dalle nuvole ora ci risiamo. Ma di cosa stiamo parlando poi?".

Ribadendo "con fermezza di non aver avuto notificato alcun avviso di garanzia" chiede alle Procure di Catania e Caltagirone di "fare luce nel più breve tempo possibile sulla mia posizione visto il ruolo istituzionale che ricopro".

Marino: "Non mi dimetto"
Il sindaco Marino difende la sua amministrazione. "Questa inchiesta è frutto anche del nostro lavoro di cambiamento. Il mio primo atto da sindaco è stato chiedere al ministero dell`Economia di poter utilizzare gli ispettori della Guardia di finanza in Campidoglio. E già lì in molti storsero il naso".

Rigetta in un'intervista a Il Messaggero ogni ipotesi di dimissioni: "Lasciare il Campidoglio? Lo farò nel 2023, alla fine del mio secondo mandato". A chi gli chiede di lasciare la poltrona di sindaco risponde: "Se a chiedermi riflessioni fosse papa Francesco, mi fermerei a pensare seriamente alle mie azioni. Ma se le dimissioni me le propone Giorgia Meloni, leader di un partito che ha chiesto voti alla 'ndrangheta, rispondo che io voglio spianare come un rullo compressore tutte le persone che negli ultimi anni si sono messe sotto i piedi i diritti e i soldi dei romani".

 E punta quindi il dito contro la precedente amministrazione: "Questa per me è una giornata di festa: con la giunta Alemanno la criminalità organizzata si era infiltrata fino ai vertici dell'amministrazione. Oggi tutto questo è cambiato, Roma deve essere guida morale del Paese".

Renzi: "Chi ruba paghi tutto"
Tutto il Pd fa quadrato intorno al sindaco di Roma. "Un Paese solido è quello che combatte la corruzione come sta avvenendo in Italia con decisione e forza, mandando chi ruba in galera, perché è giusto che chi ha violato le regole paghi tutto e fino all'ultimo giorno".

Anche Matteo Orfini, presidente dei Dem, nominato commissario straordinario del partito romano proprio dopo lo scandalo Mafia Capitale, sostiene l'amministrazione Marino. "Il Pd è il partito anti-Mafia Capitale", annunciando che tutti i consiglieri coinvolti saranno sospesi. Quanto al ritorno alle urne, Orfini è netto.

"Non ci sono le condizioni" per lo scioglimento per mafia del comune di Roma, scandisce, rispondendo punto per punto alle accuse del M5S, di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni: "Marino e Zingaretti sono stati un baluardo contro il malaffare e quello che sta emergendo è anche dovuto alle loro denunce".

"La mucca deve mangiare per essere munta"
L'immagine simbolo di questo secondo capitolo della maxi inchiesta su Mafia Capitale la "regala" Salvatore Buzzi. "La mucca deve mangiare per essere munta": una metafora che racconta il sistema che il clan "capitolino" aveva creato per poter portare avanti i suoi affari, in primis quello sulla accoglienza dei migranti. Una mucca "munta tanto" fino a quando non si è mangiata tutto. 

Dalle carte dell'inchiesta emerge il 'modus' operandi nel clan che viveva sulla diarchia Carminati-Buzzi e il tipo di rapporto che il clan stabiliva con i suoi interlocutori istituzionali. Molti dei quali, secondo gli inquirenti, erano foraggiati con veri e propri stipendi 'paralleli' grazie ai quali Buzzi e soci riuscivano ad ottenere voti in commissioni, via libera per potere ramificare il loro giro d'affari che negli ultimi anni aveva registrato una impennata alla voce "entrate". 

Odevaine al centro del sistema
L'articolato meccanismo corruttivo faceva capo a Luca Odevaine (già in carcere a Torino da sei mesi) che, in qualità di appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull'accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, sarebbe "risultato in grado di ritagliarsi aree di influenza crescenti".

Le indagini avrebbero accertato la sua capacità di "garantire consistenti benefici economici ad un 'cartello d'imprese', determinando l'esclusione di imprese concorrenti".