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MONDO

Le radici dell'Ue

Il "Manifesto" di Ventotene, l'origine dell'Europa moderna

Abolizione degli Stati nazionali, nascita di una Federazione, con esercito e moneta unitari

 

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Altiero Spinelli
C'era innanzitutto l'idea di abbattere gli Stati nazionali, alla base del 'Manifesto per l'Europa' scritto a Ventotene da Altiero Spinelli, Eugenio Colorni e Ernesto Rossi tra il 1941 e il 1944. Culture diverse - un ex comunista, un socialista e un liberale - ma un destino comune da confinati, tutti e tre vittime del regime fascista e spettatori forzatamente passivi di una guerra mondiale. Durante gli anni di soggiorno forzato sull'isola pontina - dove oggi il premier Matteo Renzi incontra Angela Merkel e François Hollande - cercarono di studiare le cause del conflitto in corso arrivando alla convinzione, come scrive Colorni nella prefazione, che "la contraddizione essenziale, responsabile delle crisi, delle guerre, delle miserie e degli sfruttamenti che travagliano la nostra società, è l'esistenza di Stati sovrani" che inevitabilmente considerano "gli altri Stati come concorrenti e potenziali nemici".

Questi i "princìpi fondamentali" attorno ai quali è costruito il Manifesto: "Esercito unico federale; unità monetaria; abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all'emigrazione tra gli Stati appartenenti alla federazione; rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali; politica estera unica".

Ma, appunto, il passo fondamentale è il superamento degli Stati nazionali: "Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in Stati nazionali sovrani".

Per gli estensori del manifesto occorre "costruire un saldo Stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali" e che "spezzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari"; che "abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli Stati federali le sue deliberazioni diretta a mantenere un ordine comune, pur lasciando gli Stati stessi l'autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli".

Al contrario, il risorgere degli Stati nazionali vorrebbe dire che "la reazione avrebbe vinto. Potrebbero pure questi Stati essere in apparenza largamente democratici e socialisti; il ritorno del potere nelle mani dei reazionari sarebbe solo questione di tempo. Risorgerebbero le gelosie nazionali".

In materia economica si prefigura un impianto socialista, ma ben diverso da quello sovietico. "La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l'emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita". Questo non vuol dire abolizione della proprietà privata perché "la statizzazione generale dell'economia una volta realizzata in pieno non porta allo scopo sognato, bensì alla costituzione di un regime in cui tutta la popolazione è asservita alla ristretta classe dei burocrati gestori dell'economia".

E lo Stato europeo, ovviamente, dovrà garantire "una vita libera, in cui tutti i cittadini possano partecipare veramente alla vita dello Stato".