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MONDO

Vertice Ue

Brexit, trovato l'accordo con Londra. Cameron: "Status speciale nella Ue"

Trovato "all'unanimità" l'accordo al Consiglio europeo per aiutare Londra a restare nell'Unione. "Il dramma è superato". Cameron: "Ora posso raccomandare di votare sì al referendum per la permanenza" nell'Unione. Si vota il 23 giugno, cinque ministri per il "no". Renzi: "Bene l'accordo, ma la partita per l'Europa inizia adesso: deve fare di più", a partire dai migranti
   

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I capi di Stato e di governo dell'Ue hanno approvato, ieri sera a Bruxelles, l'accordo sullo "statuto speciale" che chiedeva il Regno Unito per restare nell'Ue. Attorno alle nove di sera - dopo una girandola di incontri bilaterali e negoziati fin nei dettagli andata avanti a partire da giovedì notte fra il presidente della Commissione Jean Claude Juncker, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e, di volta in volta, i capi di Stato o di governo, a cominciare dal britannico David Cameron - i leader sono tornati a sedersi tutti attorno al tavolo per la seconda cena di lavoro del vertice. Juncker e Tusk hanno presentato la proposta finale di compromesso, e i leader hanno cominciato a dichiarare la loro posizione favorevole al testo, fino a che, alle 22.10, si è capito che non c'era più nessuno contrario.  L'accordo è stato approvato all'unanimità dai capi di Stato e di governo, in rappresentanza dei propri governi, come interpretazione dei Trattati Ue che essi si impegnano ad attuare. Si tratta di un atto di diritto internazionale  "irreversibile e giuridicamente vincolante" ma non di un vero e proprio accordo internazionale, né tanto meno di una modifica degli stessi Trattati Ue. Questo significa che, per applicare quanto è stato concordato con il "pacchetto britannico", non sarà necessaria la ratifica da parte dei parlamenti nazionali (o attraverso referendum) negli Stati membri e non bisognerà aspettare l'entrata in vigore di un nuovo trattato, ma sarà sufficiente l'approvazione e l'entrata in vigore della "legislazione secondaria" che lo metterà in attuazione. 

I termini dell'accordo
Sulla base dell'accordo, Londra potrà convocare, probabilmente a giugno il referendum del Regno Unito sulla sua permanenza nell'Ue, e il governo Cameron farà campagna per il "sì". Se, nonostante tutto, vincerà il "no", il Regno Unito lascerà l'Unione europea e si ritroverà in una condizione simile a quella attuale della Svizzera o della Norvegia, ma senza la partecipazione allo spazio Schenghen e con tutta una serie di trattati bilaterali da rinegoziare e concludere con l'Ue, oppure con i suoi singoli paesi membri. In questo caso, l'accordo concluso ieri sera "cesserà di esistere", secondo una "clausola di autodistruzione" che è esplicitamente prevista dall'accordo stesso. In caso di vittoria del "sì", invece, la Commissione europea presenterà rapidamente tutte le proposte di legislazione secondaria necessarie a "mettere in musica" i diversi punti concordati dai Ventotto, a cominciare da quelli, più problematici, relativi al welfare per i lavoratori dell'Ue immigrati. Il Regno Unito, viste le condizioni particolari che si applicano solo al suo caso, ha ottenuto di poter applicare una clausola di salvaguardia che gli consentirà di escludere dal godimento immediato delle prestazioni sociali nazionali i lavoratori immigrati da altri paesi Ue. Questa esclusione sarà temporanea, per la durata minima di quattro anni prorogabile fino a un massimo di sette, e parziale, nel senso che verrà meno gradualmente, man mano che il lavoratore si inserisce nel mercato e nel sistema sociale del Paese. In pratica, come ha spiegato Cameron difendendo con grande convinzione l'accordo alla fine del vertice, "chi viene a lavorare nel Regno Unito non avrà subito diritto al sussidio di disoccupazione (com'era finora), ma dovrà  aver contribuito per un certo numero di anni al sistema del welfare nazionale prima di poter ottenere i pagamenti delle prestazioni sociali".
L'altro punto più importante del negoziato era quello relativo alla relazione fra i paesi membri dell'euro e quelli fuori ("ins and outs"). Londra voleva un meccanismo che garantisse gli interessi del Regno Unito e della City nelle future decisioni e nella gestione, da parte dell'Ue e dell'Eurozona del settore bancario e del mercato unico finanziario, e sull'ulteriore integrazione in questi settori. I britannici reclamavano il diritto di intervenire in queste decisioni, prese a maggioranza qualificata, quasi con un potere di veto, pur restando all'esterno dell'Eurozona. La questione è stata risolta semplicemente confermando (e aggiornando alle nuove regole di voto) la cosiddetta "clausola di Joannina", a cui il Regno Unito può ricorrere come qualunque altro paese dell'Ue. La clausola di Ioannina consiste in un meccanismo (deciso da un vertice Ue nel 1994 nella località greca da cui ha preso il nome) secondo il quale, quando non c'è una minoranza di blocco sufficiente a bocciare una decisione da prendere a maggioranza qualificata, gli oppositori possono chiedere al Consiglio Ue di dibattere ulteriormente l'argomento, rinviando "per un tempo ragionevole" il voto finale, per cercare di spiegare le ragioni dell'opposizione e allargare il fronte dei paesi contrari. Non si tratta di un diritto di veto: il "tempo ragionevole" non è infinito, e alla fine, se persiste la maggioranza qualificata favorevole, la decisione può essere presa.

Cameron: accordo per status speciale del Regno Unito nella Ue. "Votare sì al referendum del 23 giugno"
Anche il premier britannico David Cameron conferma su Twitter l'intesa sulla Brexit. "Ho negoziato un accordo per dare al Regno Unito uno speciale status nella Ue. Lo sosterrò domani davanti al governo britannico". Poi in conferenza stampa sottolinea: ora "posso raccomandare di votare per la permanenza" di Londra nell'Unione, il Regno Unito "non farà mai parte del superstato europeo" né "di un esercito europeo". Il referendum sulla Brexit si terrà il 23 giugno. Lo ha reso noto Cameron, parlando all'uscita di Downing Street, a Londra, dove stamane si è tenuto il Consiglio dei ministri.

Il "no" di cinque ministri
Cinque ministri del governo britannico hanno dichiarato di voler iniziare la campagna a favore del Brexit, nonostante un duro avvertimento da parte del premier Cameron che un'uscita avrebbe significato "un salto nel buio". Come previsto, il ministro della Giustizia, Michael Gove, il ministro del Lavoro, Iain Duncan Smith, il leader della Camera dei Comuni, Chris Grayling, il segretario di Stato per l'Irlanda del Nord, Theresa Villiers, e il sottosegretario alla Cultura, John Whittingdale - più Priti Patel, sottosegretario all'Impiego che non è un membro a pieno titolo gabinetto, ma partecipa alle riunioni - hanno confermato di appoggiare la campagna per 'l'out', l'uscita del Regno Unito dall'Ue, nel corso di una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri.

Tusk: Raggiunto accondo vincolante e irreversibile
"Abbiamo appena raggiunto un accordo che rafforza lo status speciale del Regno Unito nell'Ue, che è legalmente vincolante e irreversibile", ha detto il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk nel corso della conferenza stampa. "Abbiamo rinunciato a parte dei nostri interessi per mostrare unità". Poi: "Questa è la natura di ogni compromesso. Nessuno è soddisfatto al 100%. Ma quello che abbiamo fatto oggi è stato aiutare il Regno Unito a restare nell'Ue anche per motivi geopolitici e geoeconomici".

Renzi: bene l'accordo con Londra, ma l'Europa deve fare di più a partire dai migranti 
Matteo Renzi al termine del vertice commenta: "Bene l'accordo, ma la partita per l'Europa inizia adesso: deve fare di più su tutti i punti di vista", a partire dalla questione migranti. L'intesa è "un buon compromesso", "ora la parola" sul futuro di Londra nell'Ue o fuori "spetta ai cittadini britannici" che si esprimeranno con un referendum. "Nei prossimi mesi sarà necessaria una riflessione sull'Europa", aggiunge il premier. 

Migranti, Renzi ai Paesi dell'Est Europa: nessun ricatto ma serve solidarietà
"Con i Paesi dell'Est non c'è nessuna minaccia, nessun ricatto. Ma la solidarietà è double face, non unidirezionale: bisogna prendere, ma anche dare", sottolinea Matteo Renzi, commentando le repliche di alcuni Paesi alle sue critiche di ieri sul fronte della crisi dei migranti.  Il ministro polacco degli Affari europei, Szymaski, aveva affermato che "Renzi non può ricattare nessuno, sui migranti dovremmo cercare soluzioni, non puntare il dito".

Via alla stretta di Vienna sugli arrivi
Ed è partita oggi la stretta sui migranti annunciata dall'Austria e sulla quale ieri si è consumato un duro scontro tra Vienna e l'Ue al Consiglio europeo, con Bruxelles che ha definito "illegali" le misure sui tetti giornalieri sull'accoglienza e sul transito dei richiedenti asilo. Il cancelliere austriaco Werner Faymann, malgrado le critiche, ha assicurato che il suo Paese sarebbe andato avanti nell'applicazione delle misure annunciate. Ma  Berlino avverte che non accetterà soluzioni unilaterali.

Il cancelliere austriaco: "Abbiamo fatto nostra parte ora tocca ad altri" L'Austria non cambia idea sui migranti. Ha già fatto più di quello che doveva, ora spetta agli altri fare altrettanti, ha detto il cancelliere austriaco Werner Faymann, rispondendo sulla decisione del suo governo di ripristinare i controlli alle frontiere e la lettera della Commissione europea che la contesta. "Non stiamo stabilendo a zero il tetto" dei rifugiati da accogliere, "ma adesso è il turno degli altri" di farsi carico della situazione, ha detto arrivando in Consiglio europeo per la seconda giornata di lavori dei leader dei Paesi dell'Ue. "Nel 2016 abbiamo deciso di accogliere fino a 37.500 richiedenti asilo, quando la quota dell'Austria sui 160mila da redistribuire da Italia e Grecia è meno di duemila". Inoltre, ha ricordato ancora Faymann, "lo scorso anno ne abbiamo accolti 90 mila, ma non potremmo fare di piu'". Per Faymann "se tutti accettassero i nostri stessi numeri in relazione alla popolazione potremmo distribuire oltre due milioni di rifugiati, ma spetta agli altri".

Ungheria chiude tre valichi ferroviari con la Croazia L'Ungheria chiuderà da domenica i suoi tre passaggi di frontiera ferroviari con la Croazia. Lo riferisce l'agenzia austriaca Apa, che cita media ungheresi. Per il momento è previsto che questa misura duri 30 giorni. Nella disposizione firmata dal ministro dell'Interno Sandor Pinter, l'iniziativa è motivata con "l'interesse della sicurezza pubblica".