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POLITICA

Migranti, il governo chiede alla Libia commissione congiunta per modifiche all'accordo con Tripoli

Inviata nota verbale, si negozia sul rispetto dei diritti umani. Tripoli: "Aperti a modifiche, valuteremo le richieste dell'Italia in base al nostro interesse"

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Il governo italiano, con una nota verbale inviata al governo di Tripoli attraverso l'ambasciata libica a Roma,  ha chiesto la convocazione della commissione italo-libica prevista  dall'articolo 3 del memorandum d'intesa con la Libia sul contrasto all'immigrazione clandestina. Lo dicono fonti  governative, secondo cui la commissione sarà presieduta da parte italiana dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio e dal ministro dell'Interno Luciana Lamorgese: l'obiettivo, spiegano, "è di migliorare il memorandum sul fronte dei diritti umani".

Secondo le stesse fonti, in occasione della riunione  della commissione, che auspicabilmente dovrebbe avvenire al più  presto, verrà chiesto di permettere all'Unhcr e all'Oim "una maggiore  vigilanza" sui centri per i migranti in Libia per garantire un  migliore rispetto dei diritti umani. "Questa è l'intenzione -  ribadiscono le fonti - non certo di denunciarlo né di cancellarlo, il  memorandum resta valido perché ha prodotto risultati importanti,  questa è la convinzione del governo", consapevole che senza  quell'intesa si aprirebbero le porte a centinaia di migliaia di  migranti.

Nella nota verbale della Farnesina si fa riferimento  agli articoli 3 e 7 del "Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel  campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale, al  traffico di esseri umani, al contrabbando e sul rafforzamento della  sicurezza delle frontiere", firmato il 2 febbraio del 2017 dall'allora premier Paolo Gentiloni e dal presidente del Consiglio presidenziale  libico Fayez Serraj.

L'articolo 3 recita che, "al fine di conseguire gli obiettivi di cui  al presente Memorandum, le parti si impegnano a istituire un comitato  misto composto da un numero di membri uguale tra le parti, per  individuare le priorità d'azione, identificare strumenti di  finanziamento, attuazione e monitoraggio degli impegni assunti".  L'articolo 7 stabilisce invece che "il Memorandum d'intesa può essere  modificato a richiesta di una delle parti, con uno scambio di note, durante il periodo della sua validità".

Consigliere Serraj: aperti a modifiche
Il Governo di Tripoli e' "aperto a modifiche del memorandum d'intesa sui migranti stipulati tra Libia e Italia". Lo dichiara Hassan El Honi, il consigliere per la stampa del presidente del Governo di accordo nazionale, Fayez Al Serraj. "Non abbiamo ancora ricevuto le richieste di modifiche da Roma - spiega - e quando le avremo decideremo, ma come ogni intesa e' possibile rivederla nel tempo".

Sui centri di detenzione dei migranti, principale punti di scetticismo da parte italiana, El Honi spiega che "all'estero c'è un'idea errata su queste strutture". "I migranti accolti nei centro sono tra i 10 mila e i 15 mila mentre quelli irregolari sparsi del territorio sono centinaia di migliaia, forse oltre 700 mila e quest'ultimi sono il vero problema da affrontare", sottolinea El Honi.

"La Libia resta un Paese di passaggio per i migranti e nonostante la situazione straordinaria che affronta, con una guerra in corso, cerca nel possibile di tutelare i diritti delle persone ospitate nei centri. L'Italia per arginare il problema migranti deve concentrarsi sui Paesi di origine, nell'Africa Subsahariana. E ovviamente serve la stabilita' in Libia in modo che molti migranti africani possano lavorarvi in regola, come avveniva in passato", aggiunge.

"Valuteremo le richieste dell'Italia in base al nostro interesse"
"Quando riceveremo le proposte, le verificheremo in base agli interessi libici" dichiara il portavoce del ministero degli Esteri di Tripoli, Mohammed al Qablawi. "Convocheremo una commissione che si occuperà della valutazione delle proposte italiane - aggiunge al Qablawi - e, sulla base degli esiti di questa, decideremo come proseguire nell'intesa".

Che cosa prevede il Memorandum Italia-Libia
Il Memorandum d'intesa Italia-Libia venne firmato nel febbraio 2017 dall'allora presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni e dal primo ministro del governo di riconciliazione nazionale libico al-Serraj. L'accordo, che ufficialmente disciplina "la cooperazione nel campo dello sviluppo", "il contrasto all'immigrazione illegale, al traffico di esseri umani e al contrabbando" e "il rafforzamento della sicurezza delle frontiere tra lo Stato della Libia e la Repubblica Italiana", fu raggiunto nell'ambito della crisi europea dei migranti e della guerra civile libica, quando a sbarcare sulle coste italiane erano decine di migliaia di uomini, donne e bambini.

Gli aiuti economici e il supporto addestrativo e di mezzi garantiti dall'Italia alla Guardia costiera di Tripoli, numeri alla mano, hanno sicuramente aiutato a ridurre drasticamente gli arrivi ma la Libia non sembra essere riuscita a migliorare, come promesso, le condizioni di vita dei migranti ammassati nei Centri di accoglienza. Centri ai quali le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie hanno sì accesso, ma solo in modo molto limitato, come largamente documentato da rapporti governativi e da reportage giornalistici. 

A far discutere è soprattutto il ruolo della Guardia costiera libica, che secondo diverse fonti sarebbe formata almeno in parte da milizie locali colluse con i trafficanti: è recente l'inchiesta di Nello Scavo, giornalista di "Avvenire", che ha documentato come Abd al-Rahman al-Milad, noto come Bija, ritenuto tra gli organizzatori del traffico di migranti, abbia partecipato in Italia a incontri ufficiali tra autorità italiane e libiche.

Stamattina il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha spiegato che sul Memorandum "decide il governo" e in question time alla Camera il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha assicurato che si "sta lavorando per modificarlo in meglio", in particolare "nella parte riguardante le condizioni dei Centri di detenzione". Poco, ancora poco, per chi ritiene invece che proprio i Centri siano la pietra dello scandalo, teatro di quelli che la stessa Onu ebbe modo di definire  "inimmaginabili orrori": compravendite di esseri umani, torture, violenze sessuali, stupri e abusi di ogni tipo.

Oggi, tre mesi prima della scadenza e in assenza di diverse indicazioni, il Memorandum of understanding, fortemente voluto dall'allora ministro dell'Interno Marco Minniti, si sarebbe rinnovato tacitamente per altri tre anni. Questo negli ultimi giorni ha contribuito ad allargare la platea dei contrari, un fronte trasversale che comprende le Organizzazioni non governative, le associazioni che tutelano i diritti dei migranti e i diritti umani in genere - raccolte sotto l'egida del Tavolo Asilo - e parlamentari di Pd e Leu.

Tra le accuse mosse al Memorandum dai suoi detrattori anche quella di "scarsa trasparenza": nel gennaio 2018 l'Asgi, l'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, chiese al ministero dell'Interno di conoscere lo stato di attuazione dell'accordo ai sensi del 'Foia', che attribuisce a chiunque il diritto di conoscere dati e documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni ma la richiesta e' stata respinta perché avrebbe "comportato un pregiudizio concreto a interessi tutelati dalla legge, quali 'sicurezza pubblica' e 'ordine pubblico'". Rifiuto peraltro giudicato legittimo sia dal Tar sia dal Consiglio di Stato.