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ITALIA

Migranti

Accusato di torture e sevizie in Libia: arrestato ghanese ad Agrigento. Riconosciuto dalle vittime

L'uomo, nei giorni scorsi, era stato sottratto ad un tentativo di linciaggio da parte di alcuni migranti che lo avevano riconosciuto come uno dei responsabili di torture, sevizie e stupri perpetrati in Libia all'interno di una safe house dove i migranti venivano privati della libertà personale prima di intraprendere la traversata in mare per le coste italiane.

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Ha torturato, seviziato e stuprato i migranti rinchiusi nella "safe house", prima che partissero verso le coste italiane.

La polizia di Stato ha fermato, ed il Gip del tribunale di Agrigento Francesco Provenzano ha già convalidato l'arresto, un ventenne ghanese ritenuto essere un trafficante di uomini. Nei giorni scorsi, l'uomo - sbarcato lo scorso 5 marzo a Lampedusa (Ag) - è stato sottratto da un tentativo di linciaggio da parte di alcuni immigrati che lo avevano riconosciuto come il responsabile delle torture subite in Libia.

Dal racconto dei migranti è emerso che venivano sottoposti a sevizie, anche in diretta telefonica con i propri parenti, ai quali veniva richiesto il pagamento di un riscatto per porre fine alle sofferenze dei loro cari.

Uno dei profughi accusa: così ci torturava 
 "Ricordo con veemenza le torture subite da tutti i miei carcerieri e, in maniera particolare, quelle che mi furono inflitte dal ghanese 'Fanti' che era quello che, in maniera spregiudicata e imperterrita, picchiava più degli altri carcerieri". Inizia così il racconto di Vadro, nigeriano di 21 anni. "Ogni volta che dovevo telefonare a casa - racconta la vittima - Fanti mi legava e mi faceva sdraiare per terra con i piedi in sospensione e, così immobilizzato, mi colpiva ripetutamente e violentemente con un tubo di gomma in tutte le parti del corpo e in special modo nelle piante dei piedi, tanto da rendermi quasi impossibile la deambulazione". "Ho anche assistito ad analoghe torture poste da Fanti ad altri migranti - racconta ancora l'uomo - Ho, inoltre, visto trattamenti anche peggiori, come le torture esplicitate mediante utilizzo di cavi alimentati con la corrente elettrica. Tale trattamento, però, veniva riservati ai migranti ritenuti ribelli". Ma non solo torture. La vittima-testimone racconta agli inquirenti della Questura di Agrigento, guidata da Mario Finocchiaro, che ci siano stati anche degli omicidi nel 'ghetto di Ali', come veniva chiamato il luogo in cui erano rinchiusi. Per uscire dovevano pagare una cifra chiesta dai torturatori. "Durante la mia permanenza - spiega il testimone - ho sentito che l'uomo che si faceva chiamare 'Rambo' ha ucciso un migrante. So che mio cugino e altri hanno provato a scappare e che sono stati ripresi e ridotti in fin di vita, a causa delle sevizie cui sono stati sottoposti. Temo che anche lui sia stato ucciso". Alcune volte, per intimorire, i poveri migranti, i loro torturatori usavano anche le armi "sparavano in aria per farci intimorire", raccontano.