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ITALIA

Blitz della polizia in provincia di Reggio

'Ndrangheta, in manette chi nascose e aiutò superlatitanti Crea e Ferraro. Nel covo armi e ostriche

Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro sono stati arrestati nel gennaio scorso in un covo costruito in una zona impervia di campagna, Le manette sono scattate ai polsi di esponenti di spicco delle famiglie di 'ndrangheta operanti nella piana di Gioia Tauro, appartenenti alle cosche degli Alvaro di Sinopoli e Crea di Rizziconi

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La Polizia di Stato di Reggio Calabria e il Servizio Centrale Operativo stanno eseguendo un decreto di fermo, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria nei confronti di diversi soggetti. Soggetti ritenuti responsabili di associazione mafiosa, favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena nei confronti dei latitanti di 'ndrangheta Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro, inseriti nell'elenco dei ricercati pericolosi del Ministero dell'Interno, catturati dalla Polizia di Stato il 29 gennaio 2016.

Le manette sono scattate ai polsi di esponenti di spicco delle famiglie di 'ndrangheta operanti nella piana di Gioia Tauro, appartenenti alle cosche degli Alvaro di Sinopoli e Crea di Rizziconi".  

Nel covo armi e ostriche
Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro sono stati presi rispettivamente dopo 10 e 1dopo 8 anni di fuga e furono sorpresi nel sonno da un blitz della squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo.    I due si nascondevano in un bunker in metallo realizzato nella roccia tra Maropati e San Fili e con loro avevano un vero e proprio arsenale d'armi: una decina di fucili di vario genere, un mitra ed un consistente quantitativo di pistole. Ma non solo armi. Nel covo furono trovati anche i resti di una cena a base di ostriche.    Giuseppe Ferraro, di 47 anni, e Giuseppe Crea, di 37, sono ritenuti due boss di rilievo delle cosche della piana di Gioia Tauro. Ferraro, latitante dal 1998, e' uno degli ultimi componenti dell'omonima famiglia di 'ndrangheta decimata nella faida di Oppido Mamertina. Deve scontare una condanna all'ergastolo per omicidio e associazione mafiosa. Giuseppe Crea, ritenuto la figura 'strategica' dei due latitanti, e' figlio di Teodoro, boss di Rizziconi, ed era irreperibile dal 2006 per una condanna per mafia.    L'altro latitante che sarebbe stato aiutato dalle persone fermate stamani nell'operazione "Spazio di liberta'", e' Antonio Cilona, ritenuto elemento di spicco della cosca Santaiti di Seminara, bloccato sempre nel gennaio scorso in un villaggio turistico a Parghelia (Vibo Valentia). L'uomo era ricercato per espiare una condanna all'ergastolo per l'omicidio di Carmelo Ditto, un pregiudicato ucciso in un agguato a Seminara il 20 settembre 2006. Delitto che, secondo l'accusa, era maturato nell'ambito della faida tra i Gallico ed i Santaiti.

De Raho a Rainews24: "Indagine complessa"
 Il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, aveva spiegato a RaiNews24 che si era arrivati agli arresti dei due latitanti  "grazie a un indagine particolarmente complessa, con intercettazioni ambientali e telefoniche e sopratuttto con videoregistrazioni che hanno consentito di seguire il movimento di tante persone".   "Giuseppe Ferraro è un latitante da oltre 18 anni della 'ndrangheta: legato alla cosca Ferraro-Raccosta, è stato condannato all'ergastolo con sentenza definitiva per degli omicidi nell'ambito della faida di Oppido Mamertina degli anni '90 e recentemente ha subito un'altra condanna sempre per omicidio. E' un personaggio di grandissimo spessore criminale e altissima paricolosità. Giuseppe Crea invece faceva parte della cosca Crea, molto forte sull'aerea tirrenica, era latitante dal 2006. Sono soggetti che hanno constrollato, condizionato e intimidito la zona: l'omertà è stata in gran parte sostenuta dalla loro presenza".  

Ferraro e Crea, ha proseguito il procuratore, sono stati catturati "in un bunker nascosto tra alberi e cespugli, in una buca di cemento armato al di sotto del livello del calpestio, che fa pensare come spesso costoro vivano come animali, conducendo una vita di lontananza e freddezza".   All'interno c'era un vero arsenale: "Circa 20 armi fra pistole, fucili mitragliatori, fucili a pompa e numerose munizioni. Come se dovessero sostenere una guerra e questo conferma la pericolosità di queste persone", ha concluso De Raho.