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ITALIA

Un solo indagato, un militare che non avrebbe un alibi

Omicidio fidanzati di Pordenone: la pistola ritrovata nel lago è l'arma del delitto

Si complica la situazione del 26enne ex commilitone di una delle vittime, unico indagato e a questo punto sospettato numero uno

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La pistola rinvenuta nel laghetto del parco di San Valentino è quella del duplice omicidio dei fidanzati di Pordenone. La comparazione tra l'arma e i bossoli rinvenuti sulla scena del crimine è già stata fatta nei giorni scorsi dai Ris di Parma e ha dato esito positivo.

L'accertamento effettuato è ripetibile quindi non era indispensabile la presenza dei periti di parte. La convocazione di lunedì al momento riguarda altri tipi di verifiche, su campioni diversi dalla pistola che una volta analizzati saranno compromessi per sempre, rendendo impossibile future repliche dell'accertamento. E' però probabile che lunedì, nel corso dell'incidente probatorio, l'esame sulla pistola, rinvenuta integra, e la comparazione coi bossoli venga ripetuto alla presenza dei difensori di Giosuè Ruotolo.

Intanto l'unico indagato per il duplice omicidio di Pordenone, avvenuto il 17 marzo scorso fuori dal Palazzetto dello Sport è un commilitone e per di più ex coinquilino di una delle vittime. Per gli inquirenti, sarebbe G.R., di 26 anni, di origini campane, ad aver esploso i colpi mortali a bruciapelo che hanno ucciso Trifone Ragone (28) e la fidanzata Teresa Costanza (30), appena saliti in auto dopo aver terminato l'allenamento quotidiano di pesistica.

In questi mesi, l'uomo - che ha abitato a lungo con Trifone in un condominio di via Colombo, a Pordenone, assieme ad altri militari originari del Sud Italia di stanza alla caserma di Cordenons - è stato ripetutamente sentito dagli investigatori, ma ha sempre ripetuto la medesima versione, senza tuttavia fornire assieme un alibi convincente: al momento dell'omicidio - collocato qualche minuto prima delle 20 - si sarebbe trovato nella propria abitazione, da solo. Appartamento che è collocato in pieno centro cittadino, a una manciata di minuti dal luogo del delitto. Un tragitto facilmente percorribile, a piedi, senza dare nell'occhio, costeggiando l'intera zona degli istituti scolastici superiori e il famoso laghetto del parco di San Valentino, nel quale gli investigatori sono persuasi di aver trovato, esattamente una settimana fa, la chiave per risolvere il delitto: il caricatore di una pistola 7.65. 

E sono proprio alcuni accertamenti, irripetibili, che il Ris di Parma deve effettuare sul campione rinvenuto, ad aver costretto la Procura della Repubblica ad accelerare nelle indagini, trasformando la posizione del militare da semplice sospettato a indagato. Non ci sono però ancora prove schiaccianti che consentano un provvedimento di custodia cautelare. "I riscontri che abbiamo sono buoni - ha confermato uno degli investigatori -: se fossero ottimi non staremmo parlando solo di un avviso di garanzia. Stiamo lavorando in particolare sul movente, che ancora non si riesce ad inquadrare". Elementi probatori più certi ci sarebbero invece sulla presenza dell'indagato nella zona della cittadella sportiva di Pordenone, emersi grazie all'utilizzo delle tecnologie più avanzate che permettono di mappare spostamenti di persone e telefoni cellulari.

Circa le generalità complete del militare indagato, dalla Procura si alza un muro di silenzio: "Nessuno intende sbattere il mostro in prima pagina - hanno garantito gli inquirenti - ed anzi avremmo preferito ultimare gli accertamenti senza questo clamore mediatico. Ci vuole la massima prudenza e bisogna agire nel totale rispetto delle tutele difensive, esattamente com'è stato fatto nel momento in cui si sono dovute disporre analisi non ripetibili che richiedevano un passaggio legale ulteriore e il coinvolgimento di difensori e periti di parte".

Quanto al movente, le ipotesi sono le più disparate e nessuna esclusa, complice anche il fatto che una delle vittime e il presunto assassino si conoscevano da tempo e si frequentavano abitualmente. La coabitazione si era conclusa quando Trifone andò a convivere con Teresa in un mini appartamento alla prima periferia della città. Dal delitto passionale allo screzio degenerato, da antichi rancori a questioni di denaro e prestiti magari non restituiti, fino ad una banale lite: per gli inquirenti ogni scenario è possibile, nonostante l'indagato abbia protestato l'assoluta estraneità ai fatti durante i numerosi interrogatori cui è stato sottoposto tanto nell'immediatezza del crimine quanto nel corso dei mesi e pure in queste ultime ore quando la sua posizione si è aggravata trasformandolo da uno dei sospettati nell'indiziato numero uno del delitto.