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CULTURA

In corso studio per trovare contromisure

Ostia Antica, il tesoro archeologico che convive con gli allagamenti

Quando piove molto, le zone più basse dell'antica città portuale alla foce del Tevere vanno sott'acqua, con danni fortunatamente limitati. L'ultimo episodio sta riguardando la chiusura del Mitreo delle Terme del Mitra. L'archeologa Paola Germoni della Soprintendenza: fenomeno naturale, ma le tante costruzioni nei dintorni non hanno certo aiutato

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L'interno del Mitreo allagato
di Andrea BettiniOstia Antica (Roma)
Nell’antro sotterraneo che gli fu dedicato nel III secolo dopo Cristo, il Dio Mitra tiene la testa di un toro con la mano sinistra, il viso rivolto alla zona dell’ingresso. La statua è una replica dell’originale, ma la scena è ugualmente affascinante. Dal periodo di Pasqua i visitatori dell’area archeologica di Ostia Antica non la possono però ammirare: una pozza d’acqua, profonda una quindicina di centimetri e larga alcuni metri, ricopre la zona vicina alla porta e l’accesso è stato vietato.

Fenomeno ricorrente 
Quello del Mitreo delle Terme del Mitra è l’ultimo di una serie di allagamenti nell’antica città portuale che per secoli fu la porta di accesso a Roma per chi arrivava dal mare. Quando piove molto, il livello della falda si alza e le zone di Ostia Antica posizionate più in basso vanno sott’acqua. Questa volta l’area interessata è limitata, ma in altre occasioni, come nel febbraio 2014, è capitato anche lungo il Decumano, una delle vie principali, e nelle zone del teatro, di Porta Marina e di via della Foce.

L'archeologa: non è incuria
“Non si tratta di incuria – ci tiene a precisare Paola Germoni, archeologa della Soprintendenza Archeologica di Roma – ci troviamo fra il Tevere e il mare. L’acqua è stata il motivo della nascita di Ostia ed è sempre stata la sua forza, ma è anche un elemento con cui si è sempre dovuta confrontare”. Un fenomeno naturale, insomma, al quale però oggi contribuiscono anche le precipitazioni spesso più intense che in passato e gli effetti della costruzione di molti edifici nelle vicinanze dell’area archeologica. “Nella sola zona dell’Isola Sacra ci sono state ventimila edificazioni spontanee, come si dice oggi. Nel millennio scorso si diceva abusive. Immaginate come l’apporto delle fogne e la cementificazione portino degli squilibri nel sottosuolo”.



Monitoraggio in corso 
Le zone più basse, come il mitreo sotterraneo, affrontano gli allagamenti da secoli e complessivamente negli ultimi anni il fenomeno non ha causato danni particolari. Questo non significa che venga sottovalutato. Dopo l’episodio di febbraio 2014 è stato attivato un sistema di monitoraggio della falda. “Sono state posizionate delle sonde in quattro pozzi e ogni sei ore vengono misurate l’altezza dell’acqua, la conducibilità e il ph – spiega Renato Matteucci, geologo della Soprintendenza – Lo studio che stiamo effettuando con l’Università di Roma Tre e che comporterà un monitoraggio di un paio d’anni, insieme a quello dei condotti idraulici antichi e moderni, dovrebbe permettere di individuare soluzioni per il deflusso delle acque”.

Oltre 300mila visitatori lo scorso anno 
Nel frattempo si sta ipotizzando anche di installare, nelle zone a rischio allagamento, un sistema di passerelle, cioè dei percorsi fissi che permettano di effettuare visite in sicurezza anche in presenza di acqua. Insomma, se da una parte si lavora per tenere il più possibile all’asciutto l’area archeologica, dall’altra si pensa anche ai tanti turisti che arrivano in visita in questa città di epoca romana che per molti versi ricorda Pompei: solo lo scorso anno gli accessi sono stati più di 300mila.