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ITALIA

Il reporter minacciato dalla mafia

Paolo Borrometi: i colleghi omertosi mi condannano a morte

"Nessuno vuoe fare l'eroe - dice il cronista che da 4 anni vive sotto scorta - siamo solo giornalisti che vogliono continuare a raccontare quello che accade

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Paolo Borrometi lancia un appello ai colleghi che continuano a sottovalutare la mafia, come se non esistesse. "Lo Stato ha vinto perché è riuscito a anticipare le mosse della mafia. Questo lo voglio dire con forza, anche perché l'attenzione delle forze dell'ordine nei miei confronti è costante". Così il direttore del sito di inchiesta "La Spia" e collaboratore dell'Agi, nel corso di una conferenza stampa nella sede della Fnsi, dopo le notizie sull'esistenza di un piano mafioso per ucciderlo. 

"Nessuno vuole fare l'eroe - sottolinea Borrometi -. Siamo solo giornalisti che vogliono continuare a raccontare quello che accade. Ci sono però problemi perché c'è un capomafia in libertà che ha fatto interviste dicendo che la mafia non esiste. Se uno dei principali giornali online di Ragusa parla di presunto boss, riferendosi a una persona che è stata già condannata, qualcosa non va. Voglio fare un appello ai tutti i colleghi, anche quelli che hanno responsabilità sindacali: se continuano a dire che la mafia non esiste, sono loro che mi stanno condannando a morte".

Sono preoccupato ma non mi fermo
"Sono preoccupato per ciò che sta accadendo, è ovvio, ma non mi fermo. Il progetto di attentato nei miei confronti era in fase avanzata. Tutto ciò mi sconcerta. Per fortuna sono attorniato da tanti colleghi che mi incoraggiano e non mi fanno sentire solo. Grazie ancora all'Unci per la testimonianza d'affetto, per la vicinanza, e per le battaglie a favore della libertà di stampa e a sostegno dei giornalisti minacciati". Cosi Borrometi, contattato telefonicamente, ha risposto al vicepresidente nazionale dell'Unci, Leone Zingales. 

Sotto scorta da 4 anni
Dopo il messaggio diffuso ieri, l'Unci ha ribadito la solidarietà al cronista che da quattro anni vive scortato. Un progetto di omicidio del giornalista ragusano, ad opera della mafia, è stato scoperto dagli inquirenti della Dda di Catania nell'ambito di un'inchiesta che ieri ha portato all'arresto di quattro persone in provincia di Siracusa con l'accusa di avere organizzato un attentato dinamitardo contro l'auto di un'avvocatessa.  

Fnsi: 'firma collettiva' sotto le sue inchieste 
Una 'firma collettiva' sotto le sue inchieste, da ripubblicare su tutti i siti web di informazione, e un'iniziativa pubblica da organizzare nelle zone in cui queste inchieste sono state realizzate. Sono le due idee-proposta lanciate dalla Federazione nazionale della stampa per dare sostanza alla solidarietà al direttore del sito di inchiesta "La Spia" e collaboratore dell'Agi. Non a caso, la conferenza stampa - organizzata dalla stessa Fnsi, Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, UsigRai e Articolo 21 all'indomani della divulgazione di intercettazioni che documentano la progettazione di un attentato a Borrometi - si è aperta con una foto collettiva di tutti i partecipanti stretti intorno a Paolo.

Giulietti: "Mettiamoci la faccia" 
"E' un modo per dire 'mettiamoci la faccia' - ha spiegato Giuseppe Giulietti, presidente della Fnsi - per rompere e denunciare con fermezza il clima di omertà e di omissione che tuttora circonda queste vicende. E chi viene a sussurrare alle nostre orecchie 'ma questi che cosa vogliono, hanno già la scorta', o peggio chi definisce la scorta 'un privilegio', sappia che sta usando parole delinquenziali tese a delegittimare non solo i cronisti che lavorano in zone a rischio ma anche i magistrati e i poliziotti impegnati nelle indagini. Paolo, Federica (Angeli, cronista di Repubblica che nei giorni scorsi ha ricevuto una busta con un proiettile, ndr), Daniele (Piervincenzi, aggredito da Roberto Spada durante un'intervista a Ostia, ndr) e tutti i loro colleghi minacciati non devono essere lasciati soli".