Abbiamo incontrato Il giornalista rumeno Cristian Micaci di etnia ungherese, capo ufficio stampa della Diocesi di rito latino di Oradea, che sarà nel volo per la Romania insieme a Papa Francesco. Cosa ci si aspetta dalla visita di Papa Francesco in Romania? Il motto stesso della visita di Papa Francesco dice tutto, “camminare insieme”. Ci sono grandi aspettative da parte di tutti.  Il suo messaggio è riconciliare ancora di più le chiese cattolica e ortodossa e quelle locali. È un impegno, toccherà a noi metterlo in pratica attraverso le relazioni che viviamo nel quotidiano. È un buon proposito, più di quanto non abbiamo fatto prima. Vogliamo capire meglio come possiamo affrontare i punti discordanti che hanno creato dei muri, vogliamo il bene comune di ogni componente della nostra società. E i rumeni come vedono Papa Francesco? I Rumeni vedono di buon occhio Papa Francesco perché è un uomo di grande Fede e concreto: le immagini che ci arrivano sul Pontefice, il suo incontro con i poveri e gli oppressi, con i sofferenti e con le periferie, insomma con gli ultimi di questo pianeta, lo fanno apprezzare molto dalla nostra gente. L’esempio vale più di mille parole. Penso che sarà la chiave di accesso nel cuore anche degli ortodossi. Dal vescovo di Roma, ci aspettiamo un forte incoraggiamento spirituale per andare avanti. Ci sono città nella Romania dove si pratica l’ecumenismo? Sono positivo per antonomasia, ti racconto una bella testimonianza di quello che mi stai chiedendo. Nella città di Oradea e Timisora i vescovi durante tutto l’anno incoraggiano i fedeli ad avere buoni rapporti con gli altri. Ma sono loro i primi a metterlo in pratica. Raramente vediamo i nostri pastori litigare, anzi vediamo che lavorano dandosi una mano, nonostante siano città con una forte componente multietnica, che è l’eredità della nostra storia. Hanno saputo convivere in pace tra culture e religioni diverse. Ci sono poi ondate di divisione, quando politicamente vengono attaccate in maniera impropria le minoranze etniche, mettendo le persone le une contro le altre. Forse lo fanno per che vogliono occultare le vere problematiche del paese. Ci puoi raccontare un po' la storia del santuario della Vergine Maria a Sumuleu-Cluc in Transilvania? La Romania è un paese giovane, è stato fondato 100 anni fa, è il risultato di un processo di unificazione tra Moldavia e Transilvania. Questa è la Romania del presente. La gran parte dei cattolici provengono dalla Transilvania, ma sono di etnia ungherese. Papa Francesco incontrerà nel santuario della Vergine Maria a Șumuleu-Ciuc questa fetta grande di cattolici rumeni. Ma nonostante sia passato un secolo, nelle radici c’è una forte identità ungherese. Alcuni rumeni di etnia ungherese si sentono ungheresi a tutti gli effetti. Il governo dell’Ungheria ha finanziato l’organizzazione dell’evento con il Papa. I cittadini di etnia ungherese, sono nati in Romania, sono cittadini rumeni, hanno i documenti romeni però sono di nazionalità Ungherese. Vogliono rispettare le loro origini nel suolo che li ha visti nascere, per loro è molto importante. Si sentono una minoranza, vogliono parlare la loro lingua, avere la loro amministrazione locale, ecc. Infatti il discorso di Papa Francesco, le omelie e le preghiere saranno tradotte nella loro lingua. Che significato vuole dare Papa Francesco con le sette beatificazioni dei martiri del comunismo in Romania? Vorrei sottolineare che i sette beati saranno beatificati non soltanto per la loro fede, ma soprattutto per la perseveranza. In quell’epoca buia, hanno saputo mantenere il legame indissolubile con la Santa Sede, con il vescovo di Roma.  Sono stati tutti vescovi, sacerdoti, studenti che avevano studiato a Roma, e che sono stati fedeli alla Chiesa di Roma, una, santa, cattolica e apostolica. Sono tutti martiri della dittatura, che voleva rimpiazzarli con i propri rappresentanti. Il Viaggio di San Giovanni Paolo II 20 anni fa, fu il primo segnale di disgelo e di forte avvicinamento tra cattolici e ortodossi. Oggi, grazie a quella visita storica, contro corrente, compiuta dal pontefice polacco che ha lasciato dei buoni semi, vi è grande apertura verso il dialogo ecumenico, e siamo convinti che durante la sua visita Papa Francesco, come un buon pastore, si prenderà cura di queste piccole comunità, seguirà le orme del suo predecessore, raccogliendo i frutti, facendo conoscere i talenti e la buona novella a tutti nella Romania del XXI secolo. ">
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MONDO

Visita dal 31 maggio al 2 giugno

Papa Francesco in Romania: ecumenismo e richiamo alle radici cristiane

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di Roberto Montoya


La Romania aspetta Papa Francesco “Con le braccia aperte e con i cuori ricolmi di gioia”. Il prossimo viaggio apostolico, dal 31 maggio al 2 giugno, vedrà il Papa nel cuore verde dell’Europa.  Terra dalle atmosfere familiari, terra di accoglienza, di boschi incantati e città fortificate. Il “Giardino della Madonna”, come lo soprannominò affettuosamente San Giovanni Paolo II.

La Romania è un paese a maggioranza ortodossa, e la visita del pontefice ha suscitato un grande interesse da parte dell’opinione pubblica rumena. Un viaggio apostolico con tante sfide da affrontare: rafforzare il dialogo interreligioso, la fratellanza e la reciproca fiducia, tra ortodossi, latini e greci cattolici, e anche l’unità tra le chiese locali.

Nel paese più religioso di tutta l’Europa, i cattolici sono una minoranza; nonostante tutto, la chiesa cattolica è in costante dialogo con quella ortodossa. Le cosiddette “chiese sorelle”, che vivono ogni giorno fianco a fianco, devono tessere relazioni di stima autentica, affetto sincero e carità condivisa, ricche di una diversità di espressioni linguistiche e di diversi modi di manifestare la fede. La presenza del Papa sarà una spinta verso l’unità tra tutti questi cristiani che oggi, dal punto di vista sociale e politico, si confrontano con l’ostacolo di dare un senso comune alla fede. Il motto del viaggio apostolico è proprio quello di “camminare insieme”, l’uno per l’altro, ma alla luce di un'identità propria, lavorare per la pace e testimoniare la propria confessione religiosa, in nome dell’unità in Cristo. Gli amici di Dio sono nel cammino quelli capaci di starsi accanto e di condividere. Una boccata di ossigeno per un paese che non vuole tornare indietro.

La storica visita di San Giovanni Paolo II 20 anni fa con il Patriarca della Chiesa Ortodossa Romena, Teoctist, rimane indelebile; dopo il grande scisma, fu la prima visita del successore di Pietro in Romania. Il terrore comunista, durato quarantacinque anni, aveva lacerato il paese con le persecuzioni, l’interruzione dei rapporti con la Santa Sede, il massacro e il divieto di culto ai fedeli. Nel 1948, la Chiesa greco-cattolica fu dichiarata fuori-legge. Lo stesso Giovanni Paolo II si recò al cimitero di Belu, sostando davanti alle tombe delle vittime della repressione. Sono proprio loro i sette vescovi greco-cattolici martiri che saranno beatificati da Papa Francesco durante il suo viaggio. Allora fu un momento di ecumenismo, che pose la prima pietra per la costruzione di un processo di avvicinamento tra Chiesa cattolica e ortodossa.

Papa Francesco risponde all'invito ricevuto dalla Presidenza della Repubblica e dalle autorità dello Stato e dalla Chiesa Cattolica di Romania, con lo sguardo verso l'imminente incontro con il Patriarca e il Sinodo Permanente della Chiesa Ortodossa Romena. Oggi la Romania è alla guida del semestre di presidenza dell’Ue, fa parte della Nato e recentemente ha ospitato un summit sul “futuro dell’Europa”. Un paese con molte contraddizioni, segnato dal fenomeno dell’immigrazione, ma ricco di tradizioni e valori che sono stati in questi anni alla base di un forte senso di appartenenza all’Europa, un continente grande e ricco di opportunità. Un paese giovane, che non dimentica il passato ma che ha tanta speranza nel futuro.

Il desiderio di Papa Francesco è entrare in contatto diretto con i fedeli: a Bucarest, incontrerà la comunità cattolica e ortodossa e i rappresentanti del governo Rumeno. Poi si recherà al santuario della Vergine Maria a Șumuleu-Ciuc, nell’arcidiocesi di Alba Iulia, in Transilvania, meta storica di pellegrinaggi durante la Pentecoste soprattutto per i cattolici di lingua ungherese della Romania e di altri Paesi. A Lasi sarà con i fedeli della chiesa cattolica di rito latino. Nella città di Blaj, centro della chiesa Greco Cattolica, verrà celebrata la Divina Liturgia per la beatificazione di sette martiri Vescovi Greco-Cattolici, nel Campo della Libertà: Vasile Aftenie (1899-1950); Valeriu Traian Frenţiu (1875-1952); Ioan Suciu (1907-1953); Tit Liviu Chinezu (1904-1955); Ioan Bălan (1880-1959); Alexandru Rosu (1884-1963); Iuliu Hossu (1885-1970). Finirà il suo viaggio incontrando la comunità Rom. «Pastore con l’odore delle pecore» è l’esortazione che Papa Francesco suggerisce con insistenza ai ministri di Dio. «Questo vi chiedo: pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini» «L'unzione - ha detto il Pontefice - non è per profumare noi stessi e tanto meno perché rimanga conservata in un'ampolla…l'olio diventerebbe rancido e il cuore amaro». Bisogna uscire a sperimentare la nostra unzione, il suo potere e la sua efficacia redentrice nelle “periferie” dove c’è sofferenza, sangue versato, cecità che desidera vedere, dove abitano i prigionieri di tanti cattivi padroni.



Abbiamo incontrato Il giornalista rumeno Cristian Micaci di etnia ungherese, capo ufficio stampa della Diocesi di rito latino di Oradea, che sarà nel volo per la Romania insieme a Papa Francesco.

Cosa ci si aspetta dalla visita di Papa Francesco in Romania?

Il motto stesso della visita di Papa Francesco dice tutto, “camminare insieme”. Ci sono grandi aspettative da parte di tutti.  Il suo messaggio è riconciliare ancora di più le chiese cattolica e ortodossa e quelle locali. È un impegno, toccherà a noi metterlo in pratica attraverso le relazioni che viviamo nel quotidiano. È un buon proposito, più di quanto non abbiamo fatto prima. Vogliamo capire meglio come possiamo affrontare i punti discordanti che hanno creato dei muri, vogliamo il bene comune di ogni componente della nostra società.

E i rumeni come vedono Papa Francesco?

I Rumeni vedono di buon occhio Papa Francesco perché è un uomo di grande Fede e concreto: le immagini che ci arrivano sul Pontefice, il suo incontro con i poveri e gli oppressi, con i sofferenti e con le periferie, insomma con gli ultimi di questo pianeta, lo fanno apprezzare molto dalla nostra gente. L’esempio vale più di mille parole. Penso che sarà la chiave di accesso nel cuore anche degli ortodossi. Dal vescovo di Roma, ci aspettiamo un forte incoraggiamento spirituale per andare avanti.

Ci sono città nella Romania dove si pratica l’ecumenismo?

Sono positivo per antonomasia, ti racconto una bella testimonianza di quello che mi stai chiedendo. Nella città di Oradea e Timisora i vescovi durante tutto l’anno incoraggiano i fedeli ad avere buoni rapporti con gli altri. Ma sono loro i primi a metterlo in pratica. Raramente vediamo i nostri pastori litigare, anzi vediamo che lavorano dandosi una mano, nonostante siano città con una forte componente multietnica, che è l’eredità della nostra storia. Hanno saputo convivere in pace tra culture e religioni diverse. Ci sono poi ondate di divisione, quando politicamente vengono attaccate in maniera impropria le minoranze etniche, mettendo le persone le une contro le altre. Forse lo fanno per che vogliono occultare le vere problematiche del paese.

Ci puoi raccontare un po' la storia del santuario della Vergine Maria a Sumuleu-Cluc in Transilvania?

La Romania è un paese giovane, è stato fondato 100 anni fa, è il risultato di un processo di unificazione tra Moldavia e Transilvania. Questa è la Romania del presente. La gran parte dei cattolici provengono dalla Transilvania, ma sono di etnia ungherese. Papa Francesco incontrerà nel santuario della Vergine Maria a Șumuleu-Ciuc questa fetta grande di cattolici rumeni. Ma nonostante sia passato un secolo, nelle radici c’è una forte identità ungherese. Alcuni rumeni di etnia ungherese si sentono ungheresi a tutti gli effetti. Il governo dell’Ungheria ha finanziato l’organizzazione dell’evento con il Papa. I cittadini di etnia ungherese, sono nati in Romania, sono cittadini rumeni, hanno i documenti romeni però sono di nazionalità Ungherese. Vogliono rispettare le loro origini nel suolo che li ha visti nascere, per loro è molto importante. Si sentono una minoranza, vogliono parlare la loro lingua, avere la loro amministrazione locale, ecc. Infatti il discorso di Papa Francesco, le omelie e le preghiere saranno tradotte nella loro lingua.

Che significato vuole dare Papa Francesco con le sette beatificazioni dei martiri del comunismo in Romania?

Vorrei sottolineare che i sette beati saranno beatificati non soltanto per la loro fede, ma soprattutto per la perseveranza. In quell’epoca buia, hanno saputo mantenere il legame indissolubile con la Santa Sede, con il vescovo di Roma.  Sono stati tutti vescovi, sacerdoti, studenti che avevano studiato a Roma, e che sono stati fedeli alla Chiesa di Roma, una, santa, cattolica e apostolica. Sono tutti martiri della dittatura, che voleva rimpiazzarli con i propri rappresentanti. Il Viaggio di San Giovanni Paolo II 20 anni fa, fu il primo segnale di disgelo e di forte avvicinamento tra cattolici e ortodossi. Oggi, grazie a quella visita storica, contro corrente, compiuta dal pontefice polacco che ha lasciato dei buoni semi, vi è grande apertura verso il dialogo ecumenico, e siamo convinti che durante la sua visita Papa Francesco, come un buon pastore, si prenderà cura di queste piccole comunità, seguirà le orme del suo predecessore, raccogliendo i frutti, facendo conoscere i talenti e la buona novella a tutti nella Romania del XXI secolo.