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POLITICA

"Costruire alternativa al sovranismo"

Pd, Martina: "Contro i seminatori di odio è ora di tornare in piazza"

Il segretario del Pd chiama alla mobilitazione contro il governo il 29 settembre a Roma. E apre alla candidatura di Nicola Zingaretti: "Tutte le candidature, anche quella di Nicola, sono un contributo fondamentale". Polemica con i renziani

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"Penso che sia venuto il momento di chiamare ad una mobilitazione nazionale gli italiani che non si rassegnano a vedere questo Paese in preda ai seminatori di odio. Il Pd fa un passo avanti e chiede a tutti di fare altrettanto. Il Pd rilancia il suo impegno anche con la piazza del 29 settembre", a Roma. 

Sarà "la piazza per l'Italia che non ha paura". Lo dice in un'intervista  il segretario del Pd, Maurizio Martina, secondo cui il Pd deve raccogliere tutte le energie e le sensibilità alternative alla deriva sovranista, "da Macron e Sanchez a Tsipras". Martina apre alla candidatura di Nicola Zingaretti: "Tutte le candidature - afferma -, certamente anche quella di Nicola, sono un contributo fondamentale", "in chiave europea bisogna unire le forze, da Macron a Tsipras. Ma l'alternativa a Salvini si costruisce qui, dentro i nostri confini". "Nel nostro Paese - spiega Martina - sta accadendo proprio questo. Dove c'è il problema non cercano la soluzione ma lo inondano di tutto ciò che può alimentare rabbia e divisione

Di fronte a quest'ansia distruttiva, che rischia di far saltare il Paese, il Pd ha una ragione in più per scrollarsi di dosso le difficoltà e gettarsi corpo a corpo in questa sfida cruciale".

Sull'ipotesi del cambio di nome al partito, Martina ha poi dichiarato ai cronisti: "Abbiamo bisogno di discutere il progetto, di riorganizzarlo. Non si parte dalla coda, ma dalla testa. Il tema fondamentale sono le idee cruciali del Pd. E poi custodirei l'esperienza che abbiamo fatto, rilanciandola, cambiandola: abbiamo un patrimonio straordinario di esperienze da rimettere al servizio del Paese. L'esperienza del Pd  conclusa? No, affatto", ha risposto il segretario dem.

Orfini: il 29 in piazza contro il governo





La candidatura di Zingaretti e la polemica con i renziani
Nicola Zingaretti vuole un Pd che non stia con le elite e non esclude che si possa anche cambiare nome al partito in un prossimo futuro. Il governatore del Lazio caratterizza la sua candidatura a segretario - l'unica finora - e si muove anche Paolo Gentiloni, che chiede di celebrare al più presto il congresso e critica duramente alcuni aspetti della passata gestione. "Basta con il revanscismo contro gli elettori: 'Non ci avete votato e vi beccate Salvini'. Questa cosa deve finire", dice l'ex premier. Parla a Cortona (Arezzo) alla tre giorni di AreaDem, la corrente di Dario Franceschini e Piero Fassino.

Discorsi che non possono piacere ai renziani, non invitati all'incontro (a parte il dialogante Lorenzo Guerini) e già da tempo sul piede di guerra contro il presidente del Lazio.  "Nella chat dei senatori è partita la contraerea su Zingaretti, che ha detto che vuole rifare la sinistra senza Macron - racconta in Toscana ai colleghi un senatore franceschiniano -. L'unica sua cosa sensata degli ultimi mesi...". Il presidente del Lazio vuole "meno Macron e più equità", criticando il capo dello Stato francese, campione dell'europeismo che piace ai fedelissimi di Matteo Renzi. "In Europa non puoi attaccare Macron, ma perché?", dice ancora il senatore di AreaDem.
 
Zingaretti pone anche il problema del cambio di nome del partito. "Non lo escludo, ma solo alla conclusione di un percorso in cui vedremo cosa siamo diventati - afferma -. Se questo percorso porterà a una identità diversa, vedremo anche se sarà da cambiare il nome al Pd". Di diverso avviso Gentiloni, che molti vorrebbero candidato alla guida dei dem. "Non mi convince l'idea di cambiare nome. Va cambiato il partito, ma non archiviato - dice il deputato -. Non confondiamo l'idea che debba cambiare con l'idea che abbia esaurito la sua funzione dopo 10 anni. Non è così. Teniamocelo stretto,  un baluardo ai rischi che corre l'Italia". Risponde su Twitter l'ex ministro Carlo Calenda, chiamato in causa da Gentiloni. "Non ho proposto di cambiare semplicemente nome al Pd, sarebbe un'operazione cosmetica - scrive -, ma di fondare un partito progressista più ampio, non paralizzato dalle correnti e dai rancori e aperto alla partecipazione di persone nuove che rappresentano parti della società".  Gentiloni fa poi un'autocritica che sembra un attacco alla gestione renziana. "Abbiamo coltivato una sorta di revanscismo contro gli elettori: "Non ci avete votato dal referendum in poi e allora beccatevi Salvini'. Questa cosa qui deve finire". Quindi una stoccata: "Il congresso va fatto al pi presto e forse andava convocato settimane fa durante l'assemblea. Quando lo dico alle Feste dell'Unità parte l'applauso...".