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CULTURA

Il commento

Perché Roma deve avere il suo Museo della Shoah

Bene, molto bene ha fatto Piero Terracina scrivendo la sua lettera alle istituzioni per sollecitarne la realizzazione in occasione dell'ormai prossimo 70º anniversario della liberazione di Auschwitz, Memory Day della Shoah

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di Roberto Olla
Le svastiche, l'oltraggio ad Anna Frank, gli insulti nazisti che ancora una volta compaiono a Roma sulle vetrine e sui muri di negozianti di religione ebraica non ci permettono più di lasciar trascorrere il tempo punteggiandolo con parole di indignazione e di condanna. Chi disegna una svastica su un negozio è un ignorante e fa parte di una minoranza. Certo, ma è un ignorante pericoloso e fa parte di una minoranza pericolosa. Tanto pericolosa che ormai si è affacciata anche al parlamento europeo. A questi criminali si risponde con la cultura e la conoscenza. Si risponde con un programma preciso.

Berlino ha un museo della Shoah, ha un monumento dedicato alla Shoah. Non ci cade sopra la polvere della storia, anzi....museo e monumento sono tra le strutture più visitate, hanno un impatto emotivo, trasmettono conoscenze e suggestioni.

Roma non ha un museo della Shoah, ma dovrebbe, anzi deve averlo (e, appena possibile, deve trovare un'idea, un progetto ed uno spazio anche per un monumento).

Bene, molto bene ha fatto quindi Piero Terracina scrivendo la sua lettera alle istituzioni per sollecitarne la realizzazione in occasione dell'ormai prossimo 70º anniversario della liberazione di Auschwitz, Memory Day della Shoah. Molto bene ha fatto, perché alla svastiche sui muri e agli insulti nazisti si risponde con un programma fatto di azioni concrete.

Piero vuole essere lì quel giorno, il prossimo 27 gennaio. davanti alla porta del museo che per la prima volta si apre al pubblico. Piero che può dichiararsi con sicurezza uno dei pochi, pochissimi veri romani esistenti. Si, perché i suoi antenati oltre due millenni fa già discutevano con Giulio Cesare delle feste ebraiche da tenersi a Roma.

Dopo la lettera di Piero, non è neppure immaginabile lo scandalo di un museo della Shoah che arrivi in un ipotetico e indefinito domani nel quale non ci sia più nessun sopravvissuto ad inaugurarlo. Il domani del museo romano è il 27 gennaio 2015.

Non si legge nessun intento polemico nella lettera e non si trova alcuna traccia di polemica nelle parole di Piero. C'è semmai la consapevolezza che negli ultimi dieci anni è cambiata l'idea stessa di cosa debba essere un museo. L'esempio guida continua ad essere Yad Vashem, il museo della Shoah alle porte di Gerusalemme che, sempre più, col passare del tempo diventa un centro di vita culturale e politica, oltre che un centro di conoscenza e di documentazione. Difficile, per non dire impossibile, che un capo di Stato o di governo, un ministro o un ambasciatore, un artista o un un imprenditore, passino per Gerusalemme senza una sosta di meditazione a Yad Vashem. L'altro esempio guida è il museo di Auschwitz-Birkenau, dove ormai transitano ogni anno un milione e mezzo di ragazzi europei e non solo europei. Studenti che imparano, letteralmente sul campo, attraverso quale buco nero è passata la dignità delle persone, dove e come sono rinati i diritti dell'uomo, dove e come è rinata l'Europa in cui vivono e che dovranno prendere in consegna. Sono oltre centomila (100.000) i ragazzi italiani che annualmente visitano Auschwitz. Forse il gruppo più numeroso. Un onore questa posizione in classifica del nostro paese. A far da contrappeso c'è il disonore di un'Italia che, unica tra tutte le nazioni europee, non partecipa neppure con un euro bucato alla gestione del museo di Auschwitz. A volerla dire tutta, il piatto della bilancia quasi tocca terra e sprofonda quando si verifica che l'unico padiglione del museo di Auschwitz chiuso per incuria e abbandono è quello italiano.

Qui si alza la voce di Piero che dice basta, così non si può andare avanti. Il nostro paese ha delle responsabilità storiche che, certo, non devono ricadere sulle nuove generazioni ma delle quali non ci si può liberare scrollando le spalle o chiudendo gli occhi. Non si pretende (ma, forse, si dovrebbe pretenderlo) che come fa la Merkel, e come hanno fatto i cancellieri suoi predecessori, ad ogni ricorrenza storica, siglata da eventi internazionali, si porgano le scuse agli altri paesi per il male arrecato in passato. No, nessuno pretende questo, anche se forse, si, pretenderlo non sarebbe poi così male. Però nel lasciar accadere......o meglio nel lasciar decadere la memoria e i suoi spazi, nel lasciar cadere i progetti per la storia, non ci si rimedia una bella figura. In definitiva, vista la diversa idea della storia e della politica della memoria che hanno nei loro rispettivi paesi gli altri europei, si può affermare che questo contribuisce a peggiorare l'immagine del paese Italia.

Nell'Urbe non mancano gli spazi pubblici. Una soluzione per assegnare fisicamente dei locali può essere trovata subito. Non si tratta di dar ragione a Piero Terracina. Non è quello che vuole. Non partecipa alla gara per il miglior possibile progetto.

Vuole solo essere certo di accompagnare i giovani nella prima visita guidata al Museo della Shoah di una grande capitale europea. La sua Roma.