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POLITICA

Dopo il referendum

Pisapia: nuovo centrosinistra, no alla sinistra parolaia

​A Roma i "critici" di Vendola: no a sinistra settaria

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L'ex sindaco di Milano, Pisapia
E' un successo di partecipazione l'assemblea "Il grano di sale e quello di senape; l'ossigeno che serve per costruire l'Alternativa". La scenografica sala romana della Casa dell'Architettura ospita centinaia di persone: parlamentari, quadri regionali, semplici militanti, accorsi alla chiamata dell'ala "critica" di Sel. La formazione fondata da Nichi Vendola si è sciolta, ha fondato i gruppi parlamentari di Sinistra italiana ma non ha convinto tutti sulla nuova strada da intraprendere. Oggetto del contendere, la presa di distanze netta dal Pd. Vendola e i suoi sono ora accusati dello stesso peccato che attribuivano ai loro ex compagni di Rifondazione comunista, quello di volere "una sinistra identitaria".

"Il tema - avverte Massimiliano Smeriglio, vice del dem Zingaretti alla Regione Lazio e animatore dell'assemblea romana - non è chi sta al governo ma cosa fa un governo. Già cambiare la buona scuola, cambiare l'alternanza scuola-lavoro, abolire il jobs act e buttare a mare i voucher sarebbe uno straordinario programma di governo". Poi l'attacco ai compagni di partito, almeno fino a ieri: "Non ci facciamo bastare l'idea di una sinistra settaria, parolaia, supponente, noiosa, che fa lo spiegone. Basta parlare del limiti del Pd, parliamo dei nostri limiti per superarli", taglia corto.

Pisapia e Zedda "sono interlocutori indispensabili e preziosi", sostiene Smeriglio, che però ha preso le distanze dall'ex sindaco di Milano quando dopo il referendum ha lanciato un appello alla ricostituzione del centrosinistra: "Non siamo interessati a fare la sinistra del renzismo", aveva detto. Così oggi Pisapia si limita a presenziare per lettera: "Opinioni diverse su singoli temi non possono essere un ostacolo", scrive. "Non ci sono molte alternative", occorre "ricostruire un centrosinistra nuovo". Pur rivendicando il suo apprezzamento per alcuni risultati del governo Renzi ("come l'ampliamento dei diritti civili o la legge sul caporalato") Pisapia sa che deve concedere qualcosa alla domanda di un riequilibrio a sinistra. "Sono consapevole - dice - che oggi il ruolo della sinistra è quello di riaprire la sfida alla precarietà, alla povertà, alle diseguaglianze. Segnando anche evidentemente alcune significative discontinuità rispetto al governo di questi anni in cui il Pd era alleato con il centrodestra".

Alla Casa dell'Architettura fa capolino anche Roberto Speranza, fresco di autocandidatura alla segreteria del Pd. E alla platea propone, sotto forma di domanda, quella che dal suo punto di vista è una sostanziale certezza: "Ma questo campo qua ce la può fare senza il Pd? Ce la può fare senza che cambi il Pd? Io mi batterò - promette - per cambiare il Pd e perché un Pd cambiato possa ricostruire il centrosinistra".

Conclusioni affidate al leader emergente Marco Furfaro. Anche lui batte sul tasto della dicotomia tra sinistra di governo e sinistra "residuale": "Non sarà - promette una battaglia di testimonianza a cambiare il paese, non sarà come pensa qualcuno l'idea del diritto di tribuna, perché 'tanto basta scrivere sinistra il 3 per cento si prende'... ma chi se ne frega! Il problema - tuona - è cambiare la vita della gente! E' ridare una risposta alla disperazione, quello è il problema della sinistra! E allora gridiamolo forte a partire da oggi, a dirci che dalla democrazia del capo noi torneremo la politica a farla insieme".