SCIENZA
Monitoraggio continuo
Capsula russa impazzita, impatto previsto per domani: non si sa dove potrebbero cadere i detriti
Il cargo Progress, destinato alla ISS e fuori controllo, sta per ricadere sulla Terra. Gli esperti dell'Isti-Cnr: "I frammenti potrebbero precipitare ovunque fra 53 gradi di latitudine nord e 53 gradi di latitudine sud". Dal 1957 oltre 6800 rientri dallo spazio senza danni

Ormai ci siamo: domani i frammenti del cargo russo Progress M-27M, sfuggito al controllo dopo il lancio dalla base di Baikonur, in Kazakhstan, dovrebbero precipitare sulla Terra. Qualcuno potrebbe raggiungere il suolo, ma non si sa ancora dove.
"I frammenti potrebbero precipitare ovunque fra 53 gradi nord e 53 gradi sud"
In Italia l’evoluzione della situazione è monitorata da Luciano Anselmo e Carmen Pardini dell’Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Isti-Cnr), che ha cominciato a inviare le proprie previsioni di rientro all’Agenzia spaziale italiana (Asi) dal 30 aprile. Anche se manca poco al rientro, il margine di incertezza è ancora molto ampio. “I frammenti potrebbero precipitare in qualunque località del pianeta compresa tra i 53 gradi di latitudine sud e nord. Sono esclusi quindi i poli, che non sono sorvolati dal veicolo – spiega Carmen Pardini - Facendo una valutazione generale sui rischi di rientro di oggetti dallo spazio e tenendo conto della distribuzione degli oceani e delle terre emerse, se i detriti si distribuissero su un arco di 800 km la probabilità che cadano tutti in mare e nessuno sulla terraferma è del 62%. Ma se si disperdessero su un arco di 2.000 km, tale probabilità scenderebbe al di sotto del 50%”.
Una navicella di 7 metri con un carico di 7 tonnellate
Lunga oltre 7 metri, con un diametro di 2,7 metri, la capsula Progress pesa circa 7 tonnellate. Era stata lanciata lo scorso 28 aprile e avrebbe dovuto rifornire la Stazione spaziale internazionale di attrezzature scientifiche e alimenti di prima necessità. I problemi si sono verificati subito dopo il lancio: la navetta è andata fuori controllo e ha cominciato a perdere quota, iniziando a ruotare velocemente su se stessa.
"Se il satellite è sufficientemente massiccio, la caduta di frammenti al suolo è possibile"
“Per convenzione si dice che un oggetto rientra nell’atmosfera quando precipita a 120 chilometri di quota – dice Carmen Pardini - Da quel punto l’attrito dell’aria diventa sempre più significativo e parti delle strutture quali pannelli solari, antenne o appendici varie possono staccarsi anche tra i 110 e i 90 chilometri di altezza. In genere la struttura principale dei satelliti, dove è concentrata gran parte della massa, rimane intatta fino a 80 chilometri di quota, dopo di che l’azione combinata di forze aerodinamiche e riscaldamento disintegra la struttura, i cui componenti si trovano a loro volta esposti alle condizioni proibitive dell’ambiente circostante. Il destino dei vari pezzi dipende da composizione, forma, struttura, rapporto area-massa e momento di rilascio: gran parte si vaporizza ad alta quota, ma se il satellite è sufficientemente massiccio e contiene componenti particolari, come serbatoi di titanio e masse metalliche in leghe speciali, è possibile la caduta al suolo di frammenti solidi a elevata velocità, fino a qualche centinaio di chilometri orari”.
Dal 1957 oltre 6800 rientri dallo spazio
Dal 4 ottobre 1957, quando con il lancio dello Sputnik ebbe inizio l’avventura spaziale, fino ad oggi, sono rientrati 3.095 satelliti e 3.727 stadi e componenti di lanciatori (i razzi), per un totale di 6.822 oggetti spaziali artificiali. “Solo il rientro di quelli più grandi e massicci avviene in modo controllato: l’80% circa dei satelliti rientra senza controllo, ma si tratta di oggetti con una massa decisamente inferiore a quella della Progress, intorno ai 1.850 kg – spiega Luciano Anselmo - Il picco dei casi di rientro per i lanciatori fu raggiunto nel 1989 con oltre 110, dei satelliti nel 1979 con circa 90, per le piattaforme dei lanciatori nel 1984 con oltre 20”. Attualmente in media rientrano in modo incontrollato uno stadio o un satellite a settimana, circa 50-60 l’anno. Il calcolo esclude i veicoli collegati con i programmi spaziali con equipaggio.
"I frammenti potrebbero precipitare ovunque fra 53 gradi nord e 53 gradi sud"
In Italia l’evoluzione della situazione è monitorata da Luciano Anselmo e Carmen Pardini dell’Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Isti-Cnr), che ha cominciato a inviare le proprie previsioni di rientro all’Agenzia spaziale italiana (Asi) dal 30 aprile. Anche se manca poco al rientro, il margine di incertezza è ancora molto ampio. “I frammenti potrebbero precipitare in qualunque località del pianeta compresa tra i 53 gradi di latitudine sud e nord. Sono esclusi quindi i poli, che non sono sorvolati dal veicolo – spiega Carmen Pardini - Facendo una valutazione generale sui rischi di rientro di oggetti dallo spazio e tenendo conto della distribuzione degli oceani e delle terre emerse, se i detriti si distribuissero su un arco di 800 km la probabilità che cadano tutti in mare e nessuno sulla terraferma è del 62%. Ma se si disperdessero su un arco di 2.000 km, tale probabilità scenderebbe al di sotto del 50%”.
Una navicella di 7 metri con un carico di 7 tonnellate
Lunga oltre 7 metri, con un diametro di 2,7 metri, la capsula Progress pesa circa 7 tonnellate. Era stata lanciata lo scorso 28 aprile e avrebbe dovuto rifornire la Stazione spaziale internazionale di attrezzature scientifiche e alimenti di prima necessità. I problemi si sono verificati subito dopo il lancio: la navetta è andata fuori controllo e ha cominciato a perdere quota, iniziando a ruotare velocemente su se stessa.
"Se il satellite è sufficientemente massiccio, la caduta di frammenti al suolo è possibile"
“Per convenzione si dice che un oggetto rientra nell’atmosfera quando precipita a 120 chilometri di quota – dice Carmen Pardini - Da quel punto l’attrito dell’aria diventa sempre più significativo e parti delle strutture quali pannelli solari, antenne o appendici varie possono staccarsi anche tra i 110 e i 90 chilometri di altezza. In genere la struttura principale dei satelliti, dove è concentrata gran parte della massa, rimane intatta fino a 80 chilometri di quota, dopo di che l’azione combinata di forze aerodinamiche e riscaldamento disintegra la struttura, i cui componenti si trovano a loro volta esposti alle condizioni proibitive dell’ambiente circostante. Il destino dei vari pezzi dipende da composizione, forma, struttura, rapporto area-massa e momento di rilascio: gran parte si vaporizza ad alta quota, ma se il satellite è sufficientemente massiccio e contiene componenti particolari, come serbatoi di titanio e masse metalliche in leghe speciali, è possibile la caduta al suolo di frammenti solidi a elevata velocità, fino a qualche centinaio di chilometri orari”.
Dal 1957 oltre 6800 rientri dallo spazio
Dal 4 ottobre 1957, quando con il lancio dello Sputnik ebbe inizio l’avventura spaziale, fino ad oggi, sono rientrati 3.095 satelliti e 3.727 stadi e componenti di lanciatori (i razzi), per un totale di 6.822 oggetti spaziali artificiali. “Solo il rientro di quelli più grandi e massicci avviene in modo controllato: l’80% circa dei satelliti rientra senza controllo, ma si tratta di oggetti con una massa decisamente inferiore a quella della Progress, intorno ai 1.850 kg – spiega Luciano Anselmo - Il picco dei casi di rientro per i lanciatori fu raggiunto nel 1989 con oltre 110, dei satelliti nel 1979 con circa 90, per le piattaforme dei lanciatori nel 1984 con oltre 20”. Attualmente in media rientrano in modo incontrollato uno stadio o un satellite a settimana, circa 50-60 l’anno. Il calcolo esclude i veicoli collegati con i programmi spaziali con equipaggio.