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POLITICA

Scenari

Ora che succede? L'Italia dopo il No al Referendum, rebus per Mattarella

Il verdetto schiacciante del voto referendario apre una fase assai difficile per l'Italia. E non solo sul fronte interno. La palla passa al capo dello Stato

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di Elisabetta Marinelli

Il No ha vinto. E in larga misura. Quasi il 20% in più del Sì. 59,95% contro il 40,5%. Con uno scarto di circa 6 milioni di voti, gli italiani hanno scelto di bocciare la riforma costituzionale. L’hanno rispedita al mittente con un verdetto schiacciante, di proporzioni tali da costringere Matteo Renzi a lasciare la presidenza del Consiglio.

L’annuncio arriva dopo la mezzanotte, a scrutinio non ancora concluso, ma già ineluttabile. “Ho perso io, me ne vado” dice Renzi in conferenza stampa. Ringrazia la moglie Agnese e si commuove. “Sono diverso, lascio senza rimorsi”. Nelle prossime ore salirà al Colle per rassegnare le dimissioni al presidente della Repubblica. Consegnerà nelle mani del capo dello Stato un rebus di non facile soluzione. Toccherà a Mattarella risolvere una crisi molto grave, che profila, per l’Italia, scenari complessi non solo sul fronte interno.

Matteo Renzi non ha avocato a sé solo una ‘rivoluzione’ costituzionale. E’ l’uomo che in Europa ha aperto qualche crepa importante in una logica di rigore inossidabile e che ha ripetutamente dato spallate al fronte dell’austerity, allentando le maglie di una politica economica asfissiante. E’ l’uomo che più di chiunque altro ha messo l’Unione di fronte al dramma dei migranti; che ha strattonato la coscienza europea, obbligando Bruxelles ad aprire un fronte comune nella gestione dell’emergenza profughi. E facendo emergere in modo inequivocabile uno spirito comunitario opportunista e incoerente, non di rado regolato da logiche interne e populiste.

Le sue dimissioni non riguardano, così, solo la vita politica e istituzionale italiana. Hanno a che fare, in modo sostanziale, anche con la qualità del ruolo e col peso specifico dell’Italia al tavolo europeo. Sul quale pesa, ad esempio, l’incognita delle valutazioni di Bruxelles riguardo la manovra economica. E’ stata la legge di stabilità l’ultima battaglia di Renzi in Europa. Il premier che ha celebrato l’Italia della bellezza e della cultura, che ha ricordato all’Europa lo spessore della radice umanistica del nostro passato, ha cercato di delineare un perimetro nuovo di autonomia decisionale, di scardinare la logica che regola un patto di stabilità cieco di fronte a eventi come un terremoto.

Mettendo in preventivo la sconfitta, a Renzi veniva attribuito uno schema d’azione con cui spiazzare gli avversari esterni e soprattutto interni: dimettersi da premier e indicare a Mattarella come suo successore a Palazzo Chigi un parlamentare non del Pd, a cui affidare il compito di varare una nuova legge elettorale con la quale andare al voto nella primavera del 2017. E da segretario del Pd, convocare un congresso immediato per arrivare a una resa dei conti. Ma le dimensioni della sconfitta referendaria non portano solo le sue dimissioni. Hanno assottigliato anche gli spazi di iniziativa all’interno del partito. Che pure lo commissaria.

Mattarella dovrà tener conto che Grillo e il Movimento 5 stelle (i vincitori di questa tornata), vorrebbero subito elezioni, senza formare un nuovo governo, lasciando in carica per gli affari correnti quello attuale. Toccherebbe al Parlamento, in tempi brevissimi, varare una nuova legge elettorale per Camera e Senato, partendo dal proporzionale, elemento di unione degli alleati del No. Garantiti dal vecchio sistema, che consente di presentarsi agli elettori con le proprie posizioni e senza vincoli di accordi di coalizione, i partiti potrebbero ripresentarsi, ciascuno per conto proprio, nella prossima primavera, dopo lo scioglimento delle Camere che il presidente della Repubblica dovrebbe garantire non appena approvata la nuova legge.

C'è però da valutare l'incognita mercati, che già alla vigilia del voto avevano dato segni di inquietudine. La formazione di un nuovo governo potrebbe rivelarsi indispensabile, per evitare che il Paese precipiti in una crisi economica, oltre che politica, dagli effetti devastanti. Mattarella, in questo caso, potrebbe decidere di affidare la guida del governo al ministro dell'Economia Padoan. Una scelta che, però, difficilmente verrebbe accettata dal fronte del No. Del quale serve la collaborazione per tratteggiare la nuova legge elettorale.