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ITALIA

Il rapporto relativo al secondo semestre 2020

Relazione Dia: mafia senza "Cupola", reati economici, baby-gang e minori affiliati alla 'ndrangheta

Nell'anno della pandemia, le organizzazioni criminali sembrerebbero aver utilizzato differenti modalità di infiltrazione: "se al nord, mediante il riciclaggio, risulterebbe intaccata l'imprenditoria privata" al sud l'attenzione delle mafie si sarebbe rivolta "verso tutti i vantaggi offerti dai finanziamenti pubblici stanziati per la crescita"

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Tutta la Penisola è interesse delle mafie. Lo rivela la Relazione della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) consegnata al Parlamento relativa al secondo semestre del 2020. Dai dati emergono sequestri alle organizzazioni criminali per un
valore di 287 milioni e 441mila euro, tre volte di più di quanti ne sono stati sequestrati nei primi sei mesi dell'anno, quando i sequestri si fermarono a 88 milioni. Le confische sono più che triplicate: dai 42 milioni del primo semestre ai 181 del secondo.

Cosa Nostra, Stidda, Camorra, 'Ndrangheta sono organizzazioni attive capaci di infiltrarsi ovunque grazie alle loro capacità imprenditoriali, dovute agli enormi capitali illeciti accumulati e alla collaborazione di imprenditori e colletti bianchi collusi. Secondo la Relazione le organizzazioni "potrebbero rivolgere le proprie attenzioni operative verso i fondi" stanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza "che giungeranno a breve grazie alle iniziative del Governo per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie più colpite dalle restrizioni rese necessarie dall'emergenza sanitaria". La più 'globalista' delle mafie italiane è la 'Ndrangheta, che negli anni l'ha portata a stabilirsi in molti Paesi e a creare efficaci affinità con i produttori di stupefacenti dell'America Latina, così da poter essere considerata una "vera e propria holding criminale del narcotraffico".

Fondi Comunitari
Con la 'Covid Economy' è cresciuta la "capacità imprenditoriale" delle mafie. Che ora "potrebbero rivolgere le proprie attenzioni operative verso i fondi comunitari". Secondo la Dia, per effetto della pandemia, la tendenza delle organizzazioni criminali "ad infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale 'sano' si è ulteriormente evidenziata". E "i sodalizi mafiosi potrebbero utilizzare le ingenti risorse liquide illecitamente acquisite per 'aiutare' privati e aziende in difficoltà al fine di rilevare o asservire le imprese in crisi". Una strategia mafiosa che "si rivelerebbe utile anche per il riciclaggio e per l'infiltrazione nei pubblici appalti"."Le difficoltà incontrate per arginare il diffondersi della pandemia - ricordano gli analisti della Dia - hanno continuato ad imporre limitazioni alla mobilità dei cittadini e allo svolgimento delle attività di importanti comparti produttivi quali quello commerciale, turistico-ricreativo e della ristorazione. Delle difficoltà finanziarie delle imprese potrebbero approfittare le organizzazioni malavitose, per altro sempre più orientate verso una sorta di metamorfosi evolutiva volta a ridurre le strategie cruente per concentrarsi progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale". Dalle mascherine ai farmaci contraffatti, la criminalità organizzata italiana all'estero cerca nuovi spazi di affari 'offerti' dall'emergenza pandemica mentre per il suo business più tradizionale, il narcotraffico, si aggiorna all'utilizzo delle tecnologie e del 'dark web'.


'Ndrangheta
Una 'ndrangheta "silente" e "più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico imprenditoriale" nonché "saldamente leader del traffico internazionale di cocaina". Le indagini più recenti confermano "l'attitudine delle 'ndrine a relazionarsi agevolmente e con egual efficacia sia con le sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano, sia con politici, amministratori, imprenditori e liberi professionisti. La 'ndrangheta esprime un sempre più elevato livello di infiltrazione nel mondo politico-istituzionale, ricavandone indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche". Dice la Dia che "Grazie alla diffusa corruttela - si legge nelle 530 pagine del documento - vengono condizionate le dinamiche relazionali con gli enti locali sino a controllarne le scelte, pertanto inquinando la gestione della cosa pubblica e talvolta alterando le competizioni elettorali. A conferma di ciò interviene il significativo numero di scioglimenti di consigli comunali per ingerenze 'ndranghetiste anche in aree ben lontane dalla Calabria". Le cosche sono attive in numerose regioni italiane (46 le locali individuate, di cui 25 in Lombardia, 14 in Piemonte e 3 in Liguria) e, all'estero, in alcuni Paesi europei quali Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Olanda, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Romania e Malta nonché in Australia, Canada e Usa. Secondo gli investigatori, però, l'organizzazione "non appare più monolitica ed impermeabile alla collaborazione con la giustizia da parte di affiliati nonché di imprenditori e commercianti, sino a ieri costretti all'omertà per il timore di gravi ritorsioni".

"La spregiudicata avidità della 'ndrangheta non esita a sfruttare il reddito di cittadinanza nonostante la crisi economica che grava anche sul contesto sociale calabrese e benché l'organizzazione disponga di ingenti risorse finanziarie illecitamente accumulate". Il riferimento è una serie di inchieste che hanno visto diversi personaggi affiliati o contigui ai clan calabresi quali indebiti percettori del reddito di cittadinanza: coinvolti, in particolare, uomini delle famiglie Accorinti, Mannolo, Pesce, Bellocco. Nell'ambito dell'operazione Tantalo, ad esempio, i Carabinieri hanno deferito all'autorità giudiziaria di Locri 135 percettori irregolari di buoni spesa Covid, alcuni dei quali legati per vincoli di parentela e/o affinità a sodalizi del luogo e, circa la metà, residenti a San Luca.

Fuori dalla Calabria la 'Ndrangheta è attiva a San Giusto Canavese (Torino) e Lonate Palazzolo (Varese), Lona Lases (Trento) e Desio (Monza e Brianza), Lavagna (Genova) e Pioltello (Milano). La Dia conta ben 46 'locali' nelle regioni settentrionali: 25 in Lombardia, 14 in Piemonte, 3 in Liguria, 1 in Veneto, 1 in Valle d'Aosta ed 1 in Trentino Alto Adige. La  'ndrangheta, rileva la Relazione, risulta "perfettamente radicata e ben inserita nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale anche nei contesti extraregionali" ed i numeri "dimostrano la capacità espansionistica delle cosche e la loro vocazione a duplicarsi secondo gli schemi tipici delle strutture calabresi".

Cosa Nostra
I clan di Cosa Nostra, non riuscendo a ricostruire la Cupola cui spettava il compito di definire le questioni più delicate, hanno adottato "un coordinamento basato sulla condivisione delle linee di indirizzo e dalla ripartizione delle sfere di influenza tra esponenti di rilievo dei vari mandamenti, anche di province diverse". Lo rivela l'analisi della Dia nel capitolo dedicato alla mafia siciliana. Nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento Cosa Nostra resta egemone e si registrano ripetuti tentativi di una "significativa rivitalizzazione" dei contatti con le famiglie all'estero: le indagini rivelano come i clan hanno "riaperto le porte ai cosiddetti 'scappati' - dicono gli analisti - o meglio, alle nuove generazioni di coloro i cui padri avevano dovuto trovare rifugio all'estero a seguito della guerra di mafia dei primi anni ottanta". Nell'area centro-orientale della Sicilia sono invece attive organizzazioni "più fluide e flessibili" che si affiancano ai clan storici. Tra queste, sottolinea la Relazione, "un rilievo particolare è da attribuire alla 'Stidda', un'organizzazione inizialmente nata in contrapposizione a Cosa Nostra ma che oggi tende a ricercare l'accordo con quest'ultima per la spartizione degli affari illeciti". Le indagini hanno anche evidenziato come alcune di queste organizzazioni hanno fatto "un salto di qualità" passando da gruppi dediti principalmente ai reati predatori a sodalizi "in grado di infiltrare il tessuto economico-imprenditoriale del nord Italia". Sempre gli stessi i settori d'interesse sui quali si concentrano le attenzioni dei clan: estorsioni, usura, narcotraffico, gestione dello spaccio di droga, infiltrazione nel gioco d'azzardo illecito e del controllo di quello illegale. E continua, anche, l'infiltrazione in quelle aree economiche che beneficiano di contributi pubblici, in particolare nei settori della produzione di energia da fonti rinnovabili, dell'agricoltura e dell'allevamento. Infiltrazioni possibili grazie alla "complicità di politici e funzionari infedeli".

Nuove relazioni con la criminalità negli Usa
Cosa nostra, "impossibilitata a ricostituire un organismo di vertice per la definizione delle questioni più delicate", coesiste e talvolta stringe "alleanze occasionali per il raggiungimento di specifici obiettivi criminali con altre organizzazioni dai contorni più fluidi, meno gerarchizzate". Mentre sue "alcune articolazioni appaiono orientate a intensificare i rapporti con le proprie storiche propaggini all'estero. Recenti e ripetute sono le evidenze di una significativa rivitalizzazione dei contatti con le famiglie d'oltreoceano". Secondo la Dia, Cosa nostra "ultimamente sembra avere riaperto le porte ai cosiddetti 'scappati' o meglio alle nuove generazioni di coloro i cui padri avevano dovuto trovare rifugio all'estero a seguito della guerra di mafia dei primi anni '80". Gli interessi intorno ai quali si concentra l'azione mafiosa "risultano sempre gli stessi. Nel dettaglio, estorsioni, usura, narcotraffico, infiltrazione nel gioco d'azzardo illecito e controllo di quello illegale. A questi si aggiungono l'inquinamento dell'economia dei territori di riferimento soprattutto nei campi imprenditoriali dell'edilizia, del movimento terra e dell'approvvigionamento degli inerti, dello smaltimento dei rifiuti, della gestione dei servizi cimiteriali e dei trasporti.

Camorra
La camorra ha strumentalizzato "a proprio vantaggio le gravi situazioni di disagio" dovute al "protrarsi dell'epidemia da Covid". Nel dossier si afferma inoltre che l'organizzazione campana "resta per dinamiche e metodi un fenomeno macro-criminale dalla
configurazione pulviscolare-conflittuale". Le consorterie che operano sul territorio "sono tra loro autonome ed estremamente eterogenee per struttura, potenza, forme di radicamento, modalità operative e settori criminali ed economici di interesse". Queste peculiarità le "contraddistinguono dalle mafie organicamente gerarchizzate come cosa nostra siciliana e ne garantiscono la flessibilità, la propensione rigenerativa e la straordinaria capacità di espansione affaristica". Una strategia volta a rimodulare "di volta in volta gli oscillanti rapporti di conflittualità, non belligeranza e alleanza in funzione di contingenti strategie volte a massimizzare i propri profitti fino ad arrivare, per i sodalizi più evoluti, alla costituzione di veri e propri cartelli e holding criminali. Di qui anche il contenimento - si afferma nella relazione -, in linea di massima, del numero degli omicidi di matrice camorristica il più delle volte ormai paradossalmente ascrivibili proprio a politiche di "prevenzione" e/o logiche di epurazione interna, finalizzate a preservare gli equilibri complessivi e a controllare ogni spinta centrifuga". Resta comunque "alto l'interesse della criminalità campana verso i settori più remunerativi tra i quali figura quello dei rifiuti. Inoltre, continua a trovare riscontro su più fronti l'ingerenza delle compagini malavitose nel mondo politico-amministrativo dell'intera regione".

Baby gang
Una pletora di gruppi minori e baby gang che, seppur sprovviste di background criminale, si rivelano "pericolose" per la pressione che esprimono sul territorio. È uno degli aspetti messi in luce nella relazione della Dia per quanto riguarda la realtà criminale in Campania. Accanto ai grandi sodalizi mafiosi operano "gruppi-satellite minori a composizione prevalentemente familiare e spesso referenti in loco dei primi e di baby-gang che non possiedono un background criminale di particolare consistenza e stabilità - si legge nel dossier -. Queste "bande" si rivelerebbero comunque pericolose per la pressione che esprimono a livello locale pur di acquisire o conservare il controllo anche di limitati spazi territoriali, rendendosi spesso protagonisti di eclatanti forme di gangsterismo urbano (agguati, stese e caroselli armati)".

Crescita di delitti in Puglia
La criminalità organizzata in Puglia sconta "improvvise rimodulazioni degli assetti gerarchici dei clan" e si registrano "efferate modalità con le quali sono stati compiuti agguati e gambizzazioni, episodi delittuosi che solitamente maturano in ambienti legati allo spaccio di sostanze stupefacenti". Il contesto mafioso nella regione è dunque "in continua evoluzione" e le tensioni sono da ricondurre "non solo ai contrasti tra clan antagonisti ma anche a frizioni interne e talvolta anche a mutamenti repentini dei rapporti di alleanza". In Puglia si evidenzia un "trend di crescita dei delitti di associazione di tipo mafioso espressivi sia delle tradizionali attività criminali del controllo del territorio, sia di quelle che denotano una vocazione affaristica e finalizzata al
riciclaggio anche fuori regione". 

"Ricalcando il percorso evolutivo della 'ndrangheta i clan foggiani si sarebbero mostrati capaci di stare al passo con la modernità, pronti a cogliere e sfruttare le nuove occasioni criminali offerte dalla globalizzazione. In questi termini il fenomeno mafioso foggiano desta maggior allarme sociale tanto da essere considerato dalle istituzioni, soprattutto negli ultimi tempi, un'emergenza nazionale". Nella regione si distinguono varie espressioni criminali legate, oltre che alla provincia di Foggia, al territorio di Bari e al basso Salento. Ma è la società foggiana ad aver fatto il "salto di qualità": "tra affari criminali e politico-amministrativi appare sempre più come una mafia 'camaleontica' capace di essere insieme rozza e feroce ma anche affaristicamente moderna con una vocazione imprenditoriale". Per cui "alla struttura operativa in senso criminale si accompagna quella economica che annovera non solo imprenditori collusi ma anche commercialisti e professionisti di varia estrazione nonché esponenti della pubblica amministrazione". 

Gruppi stranieri
"L'esistenza di una multiforme varietà di sodalizi stranieri e di collegamenti con organizzazioni criminali all'estero soprattutto per il narcotraffico, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani, documenta come la criminalità transnazionale rappresenti una minaccia reale a fronte della quale appaiono necessari un approccio globale e una più ampia
visione del fenomeno. In tal senso l'avviato percorso di cooperazione internazionale cui la dia partecipa anche attraverso una progettualità autonoma ha permesso di conseguire significativi risultati info-investigativi". È un passaggio dalla relazione della direzione investigativa antimafia per il secondo semestre del 2020 in tema di "criminalità etnica" che rappresenta una  componente consolidata nel panorama criminale nazionale". Nel dossier si analizzano le varie consorterie straniere che operano in italia. "I criminali albanesi presenti su gran parte del territorio nazionale si esprimono attraverso diversi livelli di operatività. Alcuni agiscono in seno a piccoli gruppi anche multietnici per la commissione di reati contro il patrimonio. Di norma gli albanesi si occupano dell'approvvigionamento delle droghe che vengono poi cedute ai sodalizi autoctoni per la gestione dello spaccio". I gruppi cinesi "appaiono organizzati con una struttura chiusa e inaccessibile e solo occasionalmente si rileva la realizzazione di accordi funzionali con organizzazioni criminali italiane o la costituzione di piccoli sodalizi multietnici per la gestione della prostituzione, la commissione di reati finanziari e il traffico di rifiuti". I clan nigeriani sono attivi in italia dagli anni '80 e ad avere particolare rilievo sono i "cosiddetti secret cults le cui caratteristiche sono: l'organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e in generale un modus agendi tale che la corte di cassazione si è più volte espressa riconoscendone la tipica connotazione di "mafiosità". Infine la criminalità romena si manifesta sia in forma non organizzata, sia attraverso gruppi strutturati. "Costituiscono inoltre settori operativi consolidati delle consorterie la tratta di donne da avviare alla prostituzione, i reati informatici e i reati predatori. Tale criminalità risulterebbe attiva nel settore dell'intermediazione illecita e dello sfruttamento della manodopera in alcuni casi d'intesa con criminali italiani".

Appalti pubblici
La Dia nell'ultimo semestre del 2020 ha eseguito 726 monitoraggi nei confronti di imprese impegnate in appalti per grandi opere e ha svolto 12.057 accertamenti su persone fisiche. Come già avvenuto "con successo nel periodo precedente - è detto nel dossier - anche per il secondo semestre 2020 l'attenzione si è concentrata sui grandi lavori inerenti alle "Disposizioni urgenti per la città di Genova", la "Ricostruzione post sisma 2016" e le cosiddette "Grandi Opere". Sono state tenute sotto osservazione le procedure di affidamento ed esecuzione degli appalti riguardanti le opere pubbliche". Nel periodo in esame sono state, inoltre, eseguite 3.394 richieste di accertamenti antimafia a carico di 32.956 imprese e di 7.863 persone fisiche ad esse collegate. "Il raffronto con il primo semestre del 2020 evidenzia un aumento delle richieste pervenute e delle imprese esaminate ma una flessione delle persone controllate", si legge nel documento.

Criptovalute
"A testimonianza che la mafia è in grado di cogliere le varie opportunità offerte dalla globalizzazione, si evidenzia il ricorso a pagamenti con criptovalute quali i Bitcoin e più recentemente il 'Monero' che non consentono tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario". ''I sodalizi mafiosi, ampliando l'utilizzo della tecnologia, sono consacrati al gaming e betting, rispettivamente il settore del gioco d'azzardo e delle scommesse''. In particolare, si spiega, gli ''imprenditori riconducibili alla criminalità organizzata, grazie alla costituzione di società sedenti nei paradisi fiscali, creano un circuito parallelo a quello legale, che consente di ottenere smisurati guadagni ed, in particolare, di riciclare, in maniera anonima, cospicue quantità di denaro''.

Droga a domicilio
Il lockdown causato dall'emergenza sanitaria del covid ha spinto le mafie a "individuare" canali di smercio delle droghe nuovi: a titolo di esempio, il recapito per posta a domicilio delle droghe acquistate on line sui mercati esteri “darknet market”, che da ultimo è stata documentata con l’operazione “Sballo postale”, che nel corso del 2020 ha consentito presso il Centro di smistamento postale di Linate, di sequestrare varie sostanze stupefacenti/psicotrope contenute nella corrispondenza giunta principalmente dall’Olanda. Così "nel redditizio settore degli stupefacenti superando le limitazioni imposte per gli spostamenti personali", le organizzazioni criminali hanno "rimodulato le tradizionali modalità di trasporto e di distribuzione della droga con il ricorso alla pratica del “darknet market” che consente il recapito per posta del materiale acquistato on line sui mercati esteri.

Omicidi in calo, aumentano reati economici
Tra luglio e dicembre 2020 in Italia calano gli "omicidi di tipo mafioso" e le "associazioni mafiose" ma "parallelamente si osserva un aumento dei delitti connessi con la gestione illecita dell'imprenditoria, le infiltrazioni mafiose nei settori produttivi e l'accaparramento di fondi pubblici". "Ci si riferisce prima di tutto alla corruzione, concussione e induzione indebita - spiegano gli analisti - nonché alla turbativa d'asta e al traffico di influenze illecite, per giungere al riciclaggio di denaro. In tutti i casi il trend risulta in aumento nonostante la fase stagnante dell'economica". Un cenno a parte merita il reato estorsivo che "pur rappresentando una tipica forma di controllo criminale del territorio nella contingenza potrebbe essere considerato anche quale strumento del sistema di inquinamento dell'economia legale da parte delle mafie. Esso potrebbe oggi essere teso a rilevare le attività in sofferenza piuttosto che a lucrarne semplicemente i guadagni, così come sembrerebbe confermare il dato relativo all'usura".

Allarme usura a Roma
"Il rischio di inquinamento dell'economia che è stato ulteriormente accentuato dalla crisi pandemica, nella capitale potrà comportare un'ulteriore espansione delle condotte usurarie che potrebbero andare a intaccare non solo le piccole e medie imprese ma anche i singoli". Rischio ancora più concreto in una piazza "costellata dagli storici 'cravattari' così come da emissari delle organizzazioni criminali locali o di proiezione che agiscono solitamente applicando tutti i canoni dell'agire mafioso". "Con la sua provincia - premette il documento - la capitale costituisce un unicum nel panorama nazionale già in altre occasioni definito come una sorta di 'laboratorio criminale' nel quale le mafie tradizionali convivono e interagiscono con associazioni criminali autoctone ricercando continuamente un 'equilibrio'' garantito da un reciproco riconoscimento che tuteli lo scambio di utilità". In tale contesto, "un elemento che accomuna i diversi gruppi può essere sicuramente rintracciato nella tendenza a ridurre progressivamente le espressioni più violente che cedono il passo alla costante ricerca di proficue relazioni finalizzate, in definitiva, a una silente infiltrazione del territorio. Non sono tuttavia da sottacere quelle condotte violente opera di soggetti criminali emergenti che si presentano alla lente degli analisti e degli investigatori come funzionali alla conquista di porzioni di territorio per la gestione delle piazze di spaccio degli stupefacenti il cui approvvigionamento resta tendenzialmente appannaggio di camorra, 'ndrangheta e in misura minore di cosa nostra con gruppi di criminalità straniera, in particolare albanese, che si stanno sempre più affermando nel settore".