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POLITICA

I travagli del centrosinistra

Renzi telefona a Conte: lascio il Pd, ma continuerò a sostenere il governo

Attesa per l'annuncio dell'ex presidente del Consiglio

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Matteo Renzi, senatore del Partito Democratico (Ansa)
Al Senato sono in dieci per il momento: Bonifazi, Bellanova, Comincini, Ginetti, Grimani, Cerno, Marino, Faraone, Renzi e Nencini (anche se una nota del Psi fa sapere che quest'ultimo "è e resta socialista"). Sempre di Nencini verrà utilizzato il contrassegno e il simbolo per costituire una nuova formazione a Palazzo Madama, anche se occorrerà intraprendere una discussione sulla norma che disciplina la nascita di gruppi autonomi. Alla Camera dovrebbero essere molti di più i renziani pronti a strappare. C'è chi prevede che siano almeno 25.

Renzi chiama Conte
In serata, Renzi ha avuto un colloquio telefonico con il premier Conte, per informarlo della decisione di lasciare il Pd. Lo apprende l'Adnkronos da fonti vicine al senatore. Nella stessa telefonata l'ex segretario Pd ha assicurato al presidente Conte che continuerà a sostenere convintamente il governo. Da Palazzo Chigi viene confermata la telefonata di Renzi al presidente del Consiglio. Nulla invece sul contenuto. E' quanto fanno sapere fonti di Palazzo Chigi.

Secondo le indiscrezioni rilanciate nel Tg di La7, il colloquio sarebbe servito a Renzi per anticipare al premier l'annuncio della formazione di gruppi parlamentari autonomi dal Pd sia alla Camera che al Senato fedeli al governo. Con la indicazione del ministro Teresa Bellanova quale capo delegazione al governo della nuova forza parlamentare di maggioranza, composta anche dal ministro Elena Bonetti. Il vicepresidente della Camera Ettore Rosato, invece, assumerebbe l'incarico di coordinatore della nuova formazione renziana.

Martedì sera a "Porta a porta"
Oggi Matteo Renzi prima in un'intervista ad un quotidiano poi dal salotto di 'Porta a Porta' scioglierà ufficialmente la riserva. Ormai la scissione è cosa fatta. L'ex presidente del Consiglio spiegherà le ragioni politiche per le quali ha deciso di abbandonare il Pd, sosterrà che il Partito democratico si è spostato troppo a sinistra, che ha rinnegato alcune riforme importanti come quella costituzionale e il job Act, rimarcherà la necessità di presidiare il campo dei moderati, ovvero un centro che possa poi portare avanti battaglie in modo autonomo. Renzi rivendicherà anche di aver fatto il primo passo per la costituzione di un governo giallo-rosso. Un conto però e un'alleanza per salvare i conti del Paese, un altro è sposare la tesi secondo cui è ora necessario un connubio tra Pd e M5stelle sul territorio.

L'ex presidente del Consiglio è contrario ad un matrimonio tra dem e pentastellati ma ribadirà di voler essere fedele al governo e confermerà la fiducia nel premier Conte. Nella sede del governo si attende la mossa di Renzi e soprattutto di capire se il 'fattore R' sarà destabilizzante per la maggioranza e per l'esecutivo. Il timore che gruppi autonomi possano ledere la navigazione del governo c'è, ma Conte punta prima a stringere sulle partite portate avanti in questi giorni, a partire dal tema dell'immigrazione - mercoledì è previsto il bilaterale con Macron - e poi con la legge di bilancio (nello stesso giorno il premier incontrerà i sindacati). Renzi avrebbe chiamato Conte per rassicurarlo. Nessuno - questo il suo ragionamento - vuole mettere a rischio il governo. Ad attendere l'operazione del senatore di Firenze sono anche Zingaretti e Di Maio.

Per la maggioranza dem la mossa di Renzi è inspiegabile, non ha un motivo politico. In questi giorni ci sono stati diversi appelli da parte dei big dem - Franceschini in primis - affinché Renzi tornasse sui suoi passi ed è forte anche il pressing da parte di Base riformista, con Guerini e Lotti impegnati in un'opera di convincimento sui deputati e i senatori di stretta osservanza renziana. L'operazione di Renzi partirà prima alla Camera e poi al Senato. Alla Camera il capogruppo dovrebbe essere Marattin, mentre al Senato si fa il nome di Faraone. I renziani sono impegnati in queste ore nella costituzione dello Statuto del movimento che dovrebbe chiamarsi 'Italia del sì'. Per ora non è previsto l'approdo di esponenti di Forza Italia ma fonti parlamentari dem rivelano che 7-8 senatori sarebbero pronti più avanti ad entrare nel gruppo. "Meglio fare il gruppo subito e mettere le cose in chiaro all'inizio", spiegano i renziani che mercoledì dovrebbero uscire dal gruppo Pd di Montecitorio. Dopo qualche giorno toccherà ai senatori.

Franceschini: divisioni fecero trionfare Mussolini
Discussione infuocata nella chat dei deputati Pd sulla scissione di Renzi. Sarebbe intervenuto, a quanto si apprende, anche Dario Franceschini con queste parole: "Nel 1921-22 il fascismo cresceva sempre più, utilizzando rabbia e paure. Popolari, socialisti, liberali avevano la maggioranza in Parlamento e fecero nascere i governi Bonomi, poi Facta 1 poi Facta 2. La litigiosità e le divisioni dentro i partiti li resero deboli sino a far trionfare Mussolini nell'ottobre 1922. La storia dovrebbe insegnarci a non ripetere gli errori".