SPORT
Il caso
Resta senza squadra il giocatore della protesta in ginocchio contro Trump: Kaepernick fa causa a NFL
Il giocatore accusa i proprietari dell squadre di essersi messi d’accordo per non ingaggiarlo, dopo la sua protesta iniziata l'estate scorsa
Il quarterback di football americano Colin Kaepernick ha fatto causa contro i proprietari delle squadre della NFL, che accusa di boicottaggio e di essersi messi d'accordo per non ingaggiarlo. L'ex giocatore di San Francisco ha cominciato a far parlare di sè dall'estate scorsa quando ha iniziato a inginocchiarsi durante l'inno americano per protesta contro le discriminazioni razziali negli Stati Uniti. Ora è senza squadra dallo scorso marzo.
L'inizio della protesta
Il 26 agosto 2016, prima di una partita di pre-season in preparazione al campionato, il giocatore afroamericano è rimasto seduto durante l’inno nazionale americano, tradizionalmente suonato prima di ogni partita. "Non starò in piedi per dimostrare il mio orgoglio per la bandiera di un paese che opprime i neri e le minoranze etniche - disse il giocatore in un'ntervista a NFL Media - per me è più importante del football, e sarebbe egoista guardare dall’altra parte. Ci sono cadaveri per le strade, e persone che la fanno franca."
Le reazioni
Il gesto di Kaepernick ha provocato reazioni molto diverse: alcuni giocatori hanno criticato il giocatore, dicendo che avrebbe potuto trovare un modo migliore per protestare; altri hanno invitato a discutere non tanto sulla protesta in sé ma sul tema sollevato. Inizialmente si trattava, comunque, di una protesta molto marginale, che improvvisamente è diventata di dominio pubblico dopo alcune dichiarazioni di Donald Trump.
Il "kneeling"
Il presidente degli Stati Uniti, durante un comizio in Alabama di fine settembre scorso, ha detto che la protesta è una mancanza di rispetto per gli Stati Uniti e che sarebbe bellissimo vedere i proprietari delle squadre dire «portate quel figlio di puttana fuori dal campo, fuori, è licenziato». Risultato: decine di giocatori hanno cominciato ad inginocchiarsi (il cosiddetto ""kneeling"), a fare il pugno alzato simbolo del black power o si sono stretti tra loro con le braccia incrociate prima di ogni partita.
Oltre il football (NBA)
L’arrivo alla Casa Bianca di Trump ha fatto crescere la tensione tra l’amministrazione statunitense e molti giocatori neri, coinvolgendo ultimamente anche le stelle della NBA come Stephen Curry e LeBron James. Dopo che il primo aveva rifiutato un invito alla Casa Bianca insieme alla sua squadra, i Golden State Warriors campioni uscenti, il secondo ha scritto un tweet durissimo contro Trump, dicendo che «Prima del tuo arrivo, andare alla Casa Bianca era considerato un grande onore!».
Oltre il football (MLB e mondo dello spettacolo)
Il gesto di protesta si è man mano trasformato in un simbolo molto condiviso della lotta contro il razzismo e le discriminazioni verso i neri, e ancora di più in un simbolo contro Donald Trump. Il 23 settembre per la prima volta nella storia un giocatore della MLB, Bruce Maxwell degli Oakland Athletics, si è inginocchiato durante l’inno statunitense. Ultimamente, tra i più famosi ad essersi inginocchiati per protesta, ci sono stati i due musicisti Eddie Vedder e Stevie Wonder.
Al fianco di Colin
A fine agosto diverse centinaia di persone hanno partecipato a una manifestazione a Manhattan, dove c’è la sede della NFL, per chiedere che finisse quello che sembra essere una sorta di boicottaggio.
Come ha evidenziato il New York Times, è strano che squadre che avevano davvero bisogno di un buon quarterback abbiano messo sotto contratto «quarterback con poca o nessuna esperienza» a quei livelli e c’è addirittura una squadra, Miami, che han preferito ingaggiare un giocatore ritirato di 34 anni come Jay Cutler invece di puntare su un giocatore come Kaepernick con ancora diversi anni di carriera davanti.
L'inizio della protesta
Il 26 agosto 2016, prima di una partita di pre-season in preparazione al campionato, il giocatore afroamericano è rimasto seduto durante l’inno nazionale americano, tradizionalmente suonato prima di ogni partita. "Non starò in piedi per dimostrare il mio orgoglio per la bandiera di un paese che opprime i neri e le minoranze etniche - disse il giocatore in un'ntervista a NFL Media - per me è più importante del football, e sarebbe egoista guardare dall’altra parte. Ci sono cadaveri per le strade, e persone che la fanno franca."
Le reazioni
Il gesto di Kaepernick ha provocato reazioni molto diverse: alcuni giocatori hanno criticato il giocatore, dicendo che avrebbe potuto trovare un modo migliore per protestare; altri hanno invitato a discutere non tanto sulla protesta in sé ma sul tema sollevato. Inizialmente si trattava, comunque, di una protesta molto marginale, che improvvisamente è diventata di dominio pubblico dopo alcune dichiarazioni di Donald Trump.
Sports fans should never condone players that do not stand proud for their National Anthem or their Country. NFL should change policy!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 24 settembre 2017
Il "kneeling"
Il presidente degli Stati Uniti, durante un comizio in Alabama di fine settembre scorso, ha detto che la protesta è una mancanza di rispetto per gli Stati Uniti e che sarebbe bellissimo vedere i proprietari delle squadre dire «portate quel figlio di puttana fuori dal campo, fuori, è licenziato». Risultato: decine di giocatori hanno cominciato ad inginocchiarsi (il cosiddetto ""kneeling"), a fare il pugno alzato simbolo del black power o si sono stretti tra loro con le braccia incrociate prima di ogni partita.
Oltre il football (NBA)
L’arrivo alla Casa Bianca di Trump ha fatto crescere la tensione tra l’amministrazione statunitense e molti giocatori neri, coinvolgendo ultimamente anche le stelle della NBA come Stephen Curry e LeBron James. Dopo che il primo aveva rifiutato un invito alla Casa Bianca insieme alla sua squadra, i Golden State Warriors campioni uscenti, il secondo ha scritto un tweet durissimo contro Trump, dicendo che «Prima del tuo arrivo, andare alla Casa Bianca era considerato un grande onore!».
U bum @StephenCurry30 already said he ain't going! So therefore ain't no invite. Going to White House was a great honor until you showed up!
— LeBron James (@KingJames) 23 settembre 2017
Oltre il football (MLB e mondo dello spettacolo)
Il gesto di protesta si è man mano trasformato in un simbolo molto condiviso della lotta contro il razzismo e le discriminazioni verso i neri, e ancora di più in un simbolo contro Donald Trump. Il 23 settembre per la prima volta nella storia un giocatore della MLB, Bruce Maxwell degli Oakland Athletics, si è inginocchiato durante l’inno statunitense. Ultimamente, tra i più famosi ad essersi inginocchiati per protesta, ci sono stati i due musicisti Eddie Vedder e Stevie Wonder.
Al fianco di Colin
A fine agosto diverse centinaia di persone hanno partecipato a una manifestazione a Manhattan, dove c’è la sede della NFL, per chiedere che finisse quello che sembra essere una sorta di boicottaggio.
It's amazing to see the strength, courage, and understanding our youth have! I am energized by their character and hopeful for the future! pic.twitter.com/wmxs9Ut5Ni
— Colin Kaepernick (@Kaepernick7) 25 agosto 2017
Come ha evidenziato il New York Times, è strano che squadre che avevano davvero bisogno di un buon quarterback abbiano messo sotto contratto «quarterback con poca o nessuna esperienza» a quei livelli e c’è addirittura una squadra, Miami, che han preferito ingaggiare un giocatore ritirato di 34 anni come Jay Cutler invece di puntare su un giocatore come Kaepernick con ancora diversi anni di carriera davanti.