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ITALIA

Processo Stato-Mafia

Scelta politica non concessione alla mafia sul 41 bis: le motivazioni dell'assoluzione di Mannino

L'ex ministro era stato accusato di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato. Per l'esponente della Dc, la Procura palermitana aveva chiesto una condanna a 9 anni oltre all'interdizione perpetua dai pubblici uffici

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Palermo
Nessuna concessione a cosa nostra, solo una scelta schiettamente "politica". La Corte d'appello di Palermo oggi ha depositato le motivazioni della sentenza di assoluzione dell'ex ministro Dc Calogero Mannino, motivazioni che smontano la tesi che alla base della trattativa tra lo Stato e la mafia ci sarebbero state concessioni ai boss detenuti al 41 bis.

"Non è possibile affermare, ora per allora ed oltre ogni ragionevole dubbio, che il mutamento di regime carcerario per quei diciotto soggetti ridotti, peraltro, nel giro di pochi mesi, a seguito di una nuova applicazione, a soli undici, abbia avuto un rilievo significativo per il sodalizio mafioso, tale da potersi qualificare come una concessione illogica ed ingiustificata dello Stato a 'cosa nostra', frutto di un patto scellerato avvenuto un anno prima e non, piuttosto, come una scelta politico amministrativa condizionata da una pluralità di eventi".

Dietro alla revoca del regime carcerario duro per alcuni detenuti non ci sarebbe stata nessuna concessione, dunque, determinata dalla trattativa, ma solo una scelta politica.

La corte inquadra l'episodio nella "necessità di una ragionata distensione del clima di pressione all'interno delle carceri - a tratti, e per lunghi lassi di tempo, luoghi sovraffollati di disumanità - già avviata col precedente capo del D.A.P., Amato, mediante la nota del 6 marzo 1993, distensione che nulla ha a che fare con il venire a patti con la criminalità organizzata, ma che molto ha a che fare con la tutela della dignità dei detenuti, di qualunque estrazione essi siano".