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ECONOMIA

La posta in gioco resta il futuro della zona euro

Cosa vuole Schaeuble e perché la Germania frena l'approvazione dell'accordo con la Grecia

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di Luca Gaballo
C’è un tafano che continua a ronzare e non da’ pace alla Grecia. I partner europei speravano, se non in una luna di miele,  almeno in una navigazione agostana tranquilla dopo le angosce di luglio, pronti a chiudere un occhio di fronte alle asperità di un accordo così complicato e denso di incognite pur di lasciarsi alle spalle la fase di turbolenza e voltare pagina con Atene… non così Berlino. Con una sorta di lettera aperta alla discussione distribuita ai partner alla vigilia del dibattito nel parlamento greco di questo pomeriggio e dell’Eurogruppo di venerdì  il ministro del tesoro tedesco Schaeuble ha rimesso  tutto in discussione. E’ il Financial Times a rendere noto il contenuto della lettera intitolata “preliminary check of memorandum of understanding”. Per la Germania l’accordo è insufficiente.  Le ragioni sarebbero tante. Rinvii nell’implementazione delle riforme, la sostenibilità del debito,  l’incognita Fondo Monetario che non si sa se parteciperà o meno all’esborso di 86 miliardi di euro per la Grecia.  
La lettera di Schaeuble ci riporta istantaneamente al clima di reciproche accuse e acrimonia vissuta nel vertice dei capi di stato e di governo del  13 luglio quando si è aperta la frattura più seria mai vista tra Francia e Germania e per la prima volta è stata messa sul tavolo la possibilità di espellere un paese dalla zona Euro.  
In verità l’arcigno ministro tedesco rende onore agli sforzi fatti da Tsipras e riconosce che gli impegni di riforme sono  apprezzabili ma non concede nulla all’ottimismo e sospinge il ragionamento in una serie di percorsi cui egli stesso ha accuratamente tolto ogni via di uscita. “Le necessità finanziarie del paese sono più ingenti del previsto e la sostenibilità del debito è uno dei temi aperti più importanti” tuttavia non si può non notare che è stata proprio la Germania ad spazzare dal tavolo qualunque accenno di ristrutturazione del debito greco, che, era e resta insostenibile, a prescindere da qualsiasi accordo. L’altro punto riguarda l’incertezza su quel che farà il Fondo Monetario. Anche qui, a rendere più difficile la partecipazione del Fondo è stata appunto l’insistenza tedesca a non prendere in considerazione la ristrutturazione del debito. Per quanto riguarda il rinvio di parte delle riforme, c’è da notare che stiamo parlando di rinvii che non vanno oltre ottobre e novembre. La Germania sostiene che manca chiarezza anche sul fondo per le privatizzazioni. Come sarà gestito? Da chi e con quale meccanismo? Dai Greci con la supervisione della Troika? Nel Memorandum c’è scritto solo che verrà istituita una commissione.  Ai tedeschi non basta. Ricordiamo che fu proprio sul Fondo, che Berlino avrebbe voluto di diritto lussembughese, che si sono consumati gli scontri più accesi.
Ma cosa vogliono, a questo punto, i tedeschi?
In patria e nel partito di governo, la CDU, l’opposizione al nuovo salvataggio della Grecia è in crescita. 60 deputati su 311 della CDU/CSU hanno votato contro. Il governo non può apparire superficiale o arrendevole. Ma arriverà al punto da far saltare il tavolo? Non è probabile. Il governo tedesco potrebbe pretendere dall’eurogruppo  -  la Germania ha un quota di minoranza nel fondo salva stati (ESM) ma è una minoranza di blocco, tale cioè da impedire da sola qualsiasi esborso -  di non dare via libera all’intero pacchetto ma solo a una serie di prestiti  ponte amministrati con il contagocce, in prossimità delle scadenze del debito greco, e solo dopo che le riforme vengano effettivamente implementate.  Eventualità non impossibile data l’incertezza che circonda i futuri equilibri politici in Grecia.  Fare riforma vedere cammello, insomma.
La controindicazione è evidente. Saremmo costretti a vivere in stato di perenne fibrillazione, ogni singola scadenza da qui a sempre diverrebbe un casus belli tra Grecia e donatori con il Genio dell’espulsione della Grecia evocato il 13 luglio da Schaeuble che non si riesce più a reinfilare nella lampada. Non solo. Qualsiasi ritardo nell’arrivo degli aiuti colpiranno l’economia greca e renderanno più costoso il salvataggio del sistema bancario rendendo ancor meno sostenibile il debito greco e impendendo agli istituti bancari di riprendere a prestare soldi all’economia reale.   
E l’elenco di riforme è lungo e duro. Per  iniziare dagli obiettivi di bilancio, passando attravero il commissariamento di tutte le funzioni pubbliche, per continuare con le riforme del’IVA e del sistema fiscale, una raffica di aumenti di tasse in tutti i settori e la cancellazione di eccezioni, detrazioni, sussidi e sgravi, riforma delle pensioni, del sistema bancario e il rilancio del programma di privatizzazioni.
Azioni politicamente difficili da portare a termine e allo stesso tempo improntate ad una severa austerità che non devono solo essere compiute ma anche, naturalmente, “funzionare”, ovvero mettere la Grecia in grado di cogliere gli obiettivi di bilancio fissati per crescere e, al tempo stesso, ripagare il debito.
Tutte le cose che possono ancora andare storte
La lettera di Schaeuble non lascia dubbi. E’ evidente che la Germania non darà tregua a Tsipras e continuerà vigilare sulla rigida applicazione della ricetta contenuta nel  memorandum al tempo stesso verificandone l’impatto sull’economia del paese.  Nel suo discorso al Bundestag il ministro Schaeuble non ha fatto mistero dell’intima convinzione che la Grecia starebbe meglio fuori dall’Euro che dentro, convinzione che condivide con il suo antagonista  ideologico, l’ex ministro greco Varoufakis. Sarebbe paradossale vedere tra qualche mese i fatti dar ragione a loro. Con una sostanziale differenza. Varoufakis è ormai armato solo di penna, Schaeuble ha la chiave della cassaforte e può dettare il ritmo  della danza, spingere sull’accelleratore o sul freno, aiutare o complicare il risanamento della Grecia e la sua reintegrazione a pieno titolo nella normalità della zona euro.
La posta in gioco
E’ stato un economista francese, consulente di Hollande, Shain Vallée, a descrivere con estrema chiarezza sul New York Times, qual è la posta in gioco. Da una parte la Germania popolare, scrive Vallée, vede la zona euro come un sistema di cambi fissi da cui è possibile espellere chi  non rispetta le regole, regole basate sul un particolare tipo di neoliberismo conservatore, dall’altra parte la Francia socialista che ha vaghe aspirazioni a rendere l’Euro una vera valuta internazionale strumento di politiche keynesiane vincenti nell’era della globalizzazione.  Una spaccatura al momento insanabile tra due visioni del mondo. Non solo. La Germania ha dalla sua, secondo Vallée una narrazione coerente e credibile, che si appoggia da una parte sul successo economico del paese dall’altra su uno schema di valori basato sull’etica nazionale e fortemente condiviso dall’opinione pubblica.  Un matrimonio difficile che potrebbe andare avanti ancora degli anni, scrive l’economista, ma che alla fine dei conti, non potrà durare. Non su queste basi.