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ITALIA

Ispirato alla morte di Ciro Esposito

Il romanzo "Senza paura" e il mondo ultrà. Flavio Pagano: "La violenza nasce dal vuoto interiore"

Lo scrittore e giornalista napoletano Flavio Pagano si ispira ad un tema di grande attualità. Ci ha detto: "Gli ultrà più violenti sono armati, cannati, esaltati e soprattutto abituati a sentirsi impuniti: esattamente come la manovalanza della malavita, che sia camorra o mafia capitale. Sono una specie di versione moderna dei 'bravi' manzoniani. Chi li copre, e perché?"

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La copertina di "Senza paura"
di Carlotta Macerollo
Un anno fa, il 3 maggio 2014, fuori dall'Olimpico di Roma il tifoso napoletano Ciro Esposito viene ferito a colpi di pistola negli scontri fra ultrà locali e napoletani. Morirà 53 giorni dopo. Le immagini fanno il giro del mondo e si aprono dibattiti sulla sicurezza negli stadi. Ad un anno di distanza, alla luce anche della bomba carta al derby di Torino, la situazione non è cambiata di molto. Il romanzo "Senza paura" (Premio Selezione Bancarella Sport 2015), scritto da Flavio Pagano ed edito da Giunti, è ispirato alla morte di Ciro Esposito e al mondo degli ultrà. Pagano, che è anche direttore del quotidiano online NapoliStyle.it, analizza, tra fiction e realtà, il tifo sportivo. Lo abbiamo intervistato.

Come mai ha deciso di scrivere questo romanzo ispirandosi alla morte di Ciro Esposito?
"Volevo raccontare una storia nella quale tutti potessero identificarsi, così ho scelto il calcio, che è uno dei fenomeni trasversali della nostra società: dobbiamo capire che se qualcuno viene ucciso per colpa del calcio, la sua morte ci riguarda tutti, ne più né meno di un attentato terroristico, perché in entrambi i casi sono in gioco i principi stessi della convivenza civile", racconta Pagano. 

Cosa racconta nel suo libro e quanta è finzione e quanta è realtà?
"Senza paura è un 'romanzo ultrà' fatto di tanti ingredienti: thriller, romanzo d'azione, saga familiare, storia d'amore, parabola che cerca di spiegare il senso della vita... La passione per il calcio è il collante di tutto questo, ma serve a mostrare prima di tutto che gli ultrà più violenti, alla pari dei terroristi, sono in realtà in apparenza persone normali. Persone che hanno una famiglia, un lavoro, ma che in certi momenti si trasformano: e allora tutto è possibile. Ho raccontato le vicende di un nonno ancora legato al mondo in cui lo sport era cavalleresco e portatore di valori morali, di un padre disincantato di tutto, di un figlio che lotta per trovare il proprio posto nel mondo e di una ragazza giunta in Europa da un paese tormentato dalla guerra, che guarda le cose con occhi diversi... Ho messo a confronto tre generazioni, ho mescolato fiction e storia vera, azione e riflessione, amore e morte, passione e follia, cercando di dare una risposta alle domande essenziali: che cosa spinge a diventare un ultrà? Com'è la vita degli ultrà fuori dello stadio? E com'è la vita di chi vive accanto ad un ultrà?".  

Cosa contraddistingue il rapporto tra un tifoso e la sua squadra del cuore?
"Un tifoso 'normale' vive il rapporto con la squadra sull'onda della passione, il sentimento vitale per eccellenza, il motore stesso della vita. Quella del tifoso estremo invece è il contrario, è il segno meno messo davanti a quella forza che, da generatrice di vita, diventa generatrice di morte. È come quando un 'innamorato' decide di buttare l'acido in faccia alla propria ex compagna: non è 'eccesso d'amore', ma pazzia. Certi ultrà sono 'fondamentalisti del tifo' e, come la storia che ho scritto racconta, sono capaci di tutto". 

Quale legame c’è tra ultrà e criminalità, dalla sua esperienza?
"Gli ultrà più violenti sono armati, cannati, esaltati e soprattutto abituati a sentirsi impuniti: esattamente come la manovalanza della malavita, che sia camorra o mafia capitale. Sono una specie di versione moderna dei 'bravi' manzoniani. Chi li copre, e perché? Ecco, questa è una domanda che ci può portare molto lontano...".

Come si può essere malati di calcio? Arrivare ad uccidere per una partita?
"Con quello il calcio non c'entra, ma è una grande cassa di risonanza, e allora fa gola ai criminali, ai disperati, agli squilibrati, al popolo dei moderni dannati: il 'popolo degli invisibili'. Perché il calcio alza i toni, esagera e ingrandisce tutto, garantisce visibilità enorme, planetaria, è un otto volante di emozioni adrenaliniche che si ripetono ogni settimana. Uno sballo periodico che come una droga ti manda fuori di testa, perché sai che ogni tuo gesto sarà amplificato all'inverosimile dai media. L'ultrà estremo, come tutti i violenti, non prova niente dentro. Non è in contatto con nessuna emozione. Esattamente come quei giovani che vanno ad affiliarsi all'Isis dall'Europa, perché qui 'non trovano valori veri nei quali identificarsi'. La violenza del calcio nasce da quel 'vuoto interiore' che sta divorando intere generazioni". 

Il calcio è diventato oggi follia?
"Sì. Perché è solo business. Non ha nulla di umano. Il giro di denaro è così grande che niente ferma il calcio. La Fifa sposterà i prossimi mondiali nel Qatar, pur sapendo che nei cantieri di quel Paese gli immigrati lavorano come schiavi e muoiono come le mosche: e lo farà per soldi. Nemmeno i 39 morti della tragedia dell'Heysel fermarono lo svolgersi della partita: niente ferma il calcio, perché il calcio muove montagne di denaro. E i tifosi, anche gli ultrà come quello del mio libro, in fondo sono soltanto delle vittime. Perché loro credono di contare qualcosa, e invece sono zero. Sono parte del circo che altri manovrano. E gridano sugli spalti degli stadi, come scimmie rinchiuse in prigioni dalle pareti invisibili. Per capire il livello di alienazione, pensate che i 'capi ultrà' allo stadio non guardano la partita: stanno di spalle, non vedono niente, e pensano soltanto a dirigere i cori. Cori che vanno cantati saltando senza tregua, per produrre un irrigidimento dei muscoli della nuca, come avveniva nelle antiche danze tribali, e indurre uno stato di trance. 

Come mai il titolo "Senza paura"? Andare allo stadio oggi significa avere paura?
"Senza paura è il punto d'arrivo di un percorso spirituale, il punto d'arrivo della lotta di un ragazzo che cerca diventare padrone del proprio destino. Lui capisce che solo chi supera la paura di essere se stesso fino in fondo, può aspirare ad essere libero. Perché solo quando si è 'senza paura' si nasce davvero, e il nostro vero cammino nella vita, comincia. Un cammino che a volte ci fa paura: e allora c'inventiamo strategie per evitare la responsabilità di esistere e il confronto con noi stessi, fino ad alienarci al punto di andare in uno stadio armati. Non vi anticipo se il protagonista del libro troverà il suo posto nel mondo, ma una cosa è certa: combatterà con tutte le sue forze".